Senza Destino

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  1. Rorosysy
     
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    Ok, voglio provarci anch’io! Sembra divertente. Non ho mai scritto fan fiction, ma si deve pur iniziare da qualche parte, no? va beh, giochiamo … :P
    ah, spero di aver fatto tutto giusto aprendo questo topic e di non aver fatto casini, in caso, scusa in anticipo

    - Titolo Fan Fiction: SENZA DESTINO
    - Nome/Nick autore: Rorosysy
    - Fandom : SUPERNATURAL
    - Timeline : dalla fine dell'8° stagione
    - Sommario : Dean e Sam Winchester hanno un destino da compiere, stabilito da Dio o dagli Angeli sin dalla loro nascita, e in questo piano divino non è inclusa una vita lontana dalla caccia. Tuttavia, quando Dean incontra Lisa, lei rimane incinta e nasce Ben, un bambino non previsto nel piano iniziale e che tale doveva rimanere. Michael, perciò incarica un angelo, Iah-hel, per far sì che Dean non sappia chi è davvero Ben e d’intervenire se necessario per impedirlo. Quando gli angeli cadono, scoprono dell’Anima di Ben, un’anima che non doveva esistere, un’anima potente o forse no, è un incognita che per qualche ragione desiderano possedere. Allora Iah-hel, per proteggerlo, è costretta a rivelare al ragazzo tutta la sua storia e da qui inizia il percorso (e anche la fan fiction) di Ben…
    - Spoiler: Sì, potrei fare accenni a tutte le nove stagioni.
    - Disclaimer: I personaggi descritti non mi appartengono e la storia non è scritta a fini di lucro e non intendo violare alcun copyright.
    Nota: se riesco, scriverò diversi “capitoli”, il seguente è, diciamo, l’incipit della storia, se la storia proseguirà… :P



    CAPITOLO 1
    IL BAMBINO CHE NON DOVEVA ESISTERE

    Quando gli angeli sono caduti dal cielo, io ho ricordato ogni cosa.
    Sin da bambino, ho avuto un angelo custode, della schiera angelica guidata dall'arcangelo Michael, sulla spalla, ma più che proteggermi, aveva l’ordine di tenermi lontano da mio padre. Iah-hel è il suo nome.
    Iah-hel ha modellato la memoria di mamma, affinché papà non venisse a conoscenza di me. Non lo sa tuttora, anche se ha avuto qualche dubbio, quando mi vide a otto anni.
    Sin da bambino, Iah-hel mi ha sussurrato all’orecchio che io non sarei dovuto nascere. Il giorno in cui papà incontrò mamma per la prima volta, era il giorno in cui lei era destinata a morire. Non importava come, ma gli eventi, in qualche modo, l’avrebbero condotta alla fine della sua storia sulla terra. Non c’era scampo in questo. Era segnata da tempo sulla lista nera dell’Angelo della Morte. Nessuno alterava mai quell’orribile, eppure essenziale, ordine naturale del ciclo della vita e della morte. Tuttavia, quel giorno accadde.
    Papà e mamma si amarono tutta la notte, e per qualche inspiegabile ragione, lei sopravvisse, non solo a quel giorno, ma a tutti i seguenti. Lisa vive tutt’oggi. Papà aveva cambiato il corso del suo destino, senza neanche rendersene conto. Aveva fatto anche di più! Aveva concepito me e io non c’ero in nessuna lista rosa dell’Angelo delle Nascite (beh, non so se esiste in realtà, io ne immagino uno simile). Ecco, perché io sono il Bambino che Non Dovrebbe Esistere. Io sono una storia senza copione, tutta in divenire, perciò feci paura a Michael.
    Papà, a quel tempo, a differenza mia, aveva un destino ben specifico da compiere. Lui era nato con uno scopo, come tutti gli umani del resto, solo che il suo percorso era più complicato e determinante di quello della maggior parte della gente. Papà doveva dire di Sì a Michael, per divenire il suo tramite, per battersi con suo fratello, ovvero il tramite di Lucifer, combattere e dare l’avvio all’apocalisse, e magari terminarla con la sua vittoria, anche se con migliaia di vittime intorno a lui. Papà aveva questo destino segnato da compiere ed io, pensò Michael, avrei potuto rappresentare una “distrazione”.
    Dato che non dovevo esserci, chissà quali imprevedibili interferenze avrei potuto provocare! Non si poteva rischiare che papà molasse la caccia ai mostri per stare con me. Magari non l’avrebbe fatto, ma era meglio non metterlo alla prova sulla famiglia. Michael, perciò, mandò Iah-hel sulla Terra per tener sotto controllo quest’insolita incognita, rappresentata da me.
    Papà, però, non compì comunque il suo destino. Se ne creò uno nuovo e tornò lo stesso da me (se pure per un anno soltanto). Bussò alla nostra porta, anche senza sapere chi fossi davvero. Iah-hel non fece niente per evitarlo o mandarlo via, ormai non serviva più. Michael era nella gabbia con Lucifer e il mondo angelico era nel caos.
    Adesso non sono più l’unico bambino che non dovrebbe esistere, tutti quelli nati dopo la Non-Apocalisse lo sono. Certo, io resto comunque il primo ed ecco perché oggi mi danno la caccia. A quanto pare, la mia Anima fa gola a molti, per i motivi più disparati o disperati. Iah-hel, perciò, ha dovuto mettermi una mano sulla fronte, esercitare il suo potere angelico e risvegliare i miei ricordi assopiti e cancellati, colmando con la sua memoria i buchi della mia storia, affinché io la seguissi per salvarmi.
    Ah, dimenticavo, mi chiamo Ben Braeden e mio padre è Dean Winchester.

    Edited by Rorosysy - 16/2/2014, 21:02
     
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  2. Rorosysy
     
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    CAPITOLO 2
    LA CADUTA DEGLI ANGELI

    Il cielo s’illuminò di proiettili luminosi, simili a meteore, ma non lo erano. Non potevano esserlo. Tante meteore sulla Terra, sarebbero esplose seminando la distruzione, un po’ come era accaduto in Russia, ad ottobre, causando 1200 feriti; ma questo era diverso, questo doveva essere peggiore, più tragico.
    La tv non diceva molto di più. Confermava la tesi delle meteore, ma in caso contrario, lo avrebbe mai detto? I complottisti degli ufo, sostenevano che non fosse stata una caduta di meteoriti, bensì un atterraggio di navicelle aliene, tipo quelli de “La guerra dei mondi”. C'erano poi i credenti che parlavano di fine del mondo e poi c’erano i video su youtube, che mostravano qualcosa di strano. Tanto per cominciare, non appena venivano pubblicati, non avevano vita breve. Venivano censurati nel giro di qualche minuto, ma uno ero riuscito a vederlo: questa palla incandescente si schiantava nella Senna, spegnendosi e scomparendo nelle sue acque. A rallentatore, però, si vedevano delle ali che bruciavano e un viso sofferente.
    Quando caddero ero a casa di Jen. Vive a due isolati da casa mia. La conosco da quando aveva dieci anni e siamo praticamente cresciuti come fratello e sorella. Studiavamo per il compito di matematica. Non eravamo tanto bravi, continuavamo a distrarci e a farci scherzi d’ogni genere, finché uno dei proiettili luminosi non cadde nel giardino del signor Sandell.
    Il rumore ci mise in allarme. Scostammo la tendina della finestra in cucina e guardammo nella direzione del boato. Le rose del signor Sandell erano in fiamme. Jen m’indicò il cielo e vidi gli altri migliaia di proiettili luminosi che precipitavano un po’ ovunque. Spaventati ci scostammo dalla finestra. Jen corse ad informare suo padre, al piano di sopra. Il signor Alcott non poteva alzarsi dal letto. Era paralitico dalla testa in giù.
    Io invece corsi fuori, verso casa del signor Sandell. Lui cautamente si stava avvicinando alla fossa profonda circa tre metri e larga quattro o cinque metri, al centro delle sue devastate rose. Lo vidi dire qualcosa verso la cavità. Non feci in tempo a raggiungerlo che una luce accecante uscì dalla fossa ed entrò nel signor Sandell, dalla sua bocca. Mi bloccai al centro della strada, incredulo di ciò che vedevo.
    Il signor Sandell cambiò espressione. Si guardò intorno, alzò gli occhi al cielo e infine mi notò. Mi fissò a lungo e intensamente. Avrei dovuto fare qualcosa, lo sapevo, ma non riuscivo a muovermi. Lo fissai a mia volta. D’improvviso sorrise e si mosse verso di me.
    «Sta bene signor Sandell?», gli urlai dal centro della strada.
    Lui non rispose, ma continuò ad avanzare. Cercai di scuotermi e di non lasciarmi prendere dal panico. Era il buon vecchio signor Sandell, di cosa avevo paura? Deglutii e mossi anch’io un passo verso di lui.
    «Tu sei Ben», constatò.
    «Signor Sandell, mi conosce da quando avevo tre anni. Sta bene? Cosa c’è nella fossa? Cos’è caduto?».
    Il signor Sandell sorrise ancora e alzò una mano verso di me. Retrocedetti istintivamente di un passo.
    «Ho sentito parlare di te», disse ancora. «Forse puoi aiutarmi».
    «In cosa?», farfugliai confuso.
    Il signor Sandell fu interrotto da una voce familiare e piuttosto severa.
    «Manakel, non toccarlo!», tuonò.
    Ci voltammo entrambi verso la minaccia e sbattei due volte gli occhi riconoscendola. Lei si avvicinò a passi veloci, così veloci, che sembrava quasi librarsi nell’aria. Un attimo prima era a dieci metri di distanza, quello dopo si trovava tra me e il signor Sandell.
    «L’ho visto prima io», ribatté il signor Sandell.
    «Sei ferito, vai a curarti da qualche altra parte».
    «Per questo mi serve il ragazzo. L’energia della sua anima può farlo, Iah-hel. Tu non sembri averne bisogno», ribatté con una nota di provocazione.
    «La sua anima non si tocca. Michael mi ha ordinato di … ».
    «Michael è morto», la interruppe il signor Sandell.
    «Ma il mio compito no». replicò seria ed ebbi l’impressione che, da lì a poco, si sarebbero presi a pugni, o qualcos’altro che allora non potevo comprendere. Pensai di approfittarne per fuggire via. Jen uscì dalla porta di casa in quel momento e urlò il mio nome. Il signor Sandell si mosse veloce e la signora Link ancor di più. Mi sentii balzare via a metri di distanza. Uno dei due mi aveva colpito, forse per allontanarmi dalla scena. Rotolai sull’asfalto. Vidi Jen correre verso di me, poi qualcuno mi pose una mano sulla testa e persi i sensi.
    Quando mi ridestai, mi trovavo in una stanza buia che puzzava di spazzatura. Cercai di tirarmi su, ma una mano rugosa e potente me l’impedì.
    «Che sta succedendo? Dove sono?», strillai.
    Mi pose un dito sulla bocca per farmi tacere.
    «Non far rumore, dobbiamo far passare il caos che c’è la fuori», spiegò. «Potrebbero esserci altri come Manakel e non sono in grado di fronteggiarli tutti».
    «Come chi?».
    «Manakel».
    «Quello era il signor Sandell!».
    «Il signor Sandell non c’è più».
    Ripensai alla luce uscita dalla fossa e rabbrividii.
    «Chi cade dal cielo?».
    «Sono gli angeli. Non so come possa accadere. Stiamo perdendo le ali. Ci stanno sbattendo fuori dalla nostra casa», disse rammaricata.
    «Ehm, “stiamo”? Si è inclusa negli angeli? E poi, angeli? Sul serio?».
    Mi guardò per un attimo, con espressione indecisa e pensierosa.
    «Ha anche lei … ha … anche lei è caduta dal cielo e ha preso il corpo della signora Link?», chiesi perplesso dalla mia stessa domanda.
    Non potevo credere di star facendo davvero un discorso del genere!
    «No, è successo molto tempo fa».
    «Sei un angelo?», ripetei testardamente incredulo.
    Annuì soltanto, pazientemente.
    «No, non è vero! Lei è la signora Link, la mia insegnante di matematica! Stavamo studiando per il suo compito!».
    «No, sono Iah-hel e sono in questo corpo da molti anni, tanti quanti i tuoi», ribatté flemmatica, per poi piegarsi su stessa, soffocando un gemito di dolore.
    «Sei ferita?».
    «No, è questo corpo … Sta bruciando», dichiarò.

    Edited by Rorosysy - 17/2/2014, 10:23
     
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    Io sono una cercatrice del mistero e del paranormale, viaggio nel cuore della notte e caccio i vostri incubi..Vivo tra le tenebre e una nuova alba

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    Da Casa Winchester o dal Paradiso

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    Innanzitutto benvenuta nella sezione delle Fanfiction :welcome:
    Allora ho trovato il tuo racconto molto interessante... Mi fa tristezza il fatto che Ben deve restare lontano da Dean Winchester e per il fatto che non doveva nascere...Sono curiosa di sapere come evolveranno le situazioni e che ruolo avrà Ben ^_^
    I miei complimenti
     
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  4. Rorosysy
     
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    Grazie Gabrielle!!! :wub:
    Sono felice di essere dei vostri, voi siete bravissimi!
     
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  5. Rorosysy
     
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    In questi giorni, sono bloccata a casa di mia nonna, e non ho niente da fare... sapete, succede così, quando si fa visita ai parenti -_- Oltre a vedere ogni genere di film e serie tv, oltre a terminare un libro in lettura, per vostra sfortuna, per ammazzare il tempo, ho appena scritto altri due capitoletti ... -_-

    CAPITOLO 3
    NELLA RETE FOGNARIA

    Cicero, Indiana, è il posto in cui sono cresciuto. L’ho abbandonato già da un anno. Mi mancano i miei amici. Mi manca la mia stanza. Mi manca anche la vista delle strade delle mia città. Mi manca Jen. Mi manca mamma. Mi manca la persona che ero.
    Iah-hel mi aveva addormentato e trasportato nella rete fognaria di Cicero. Eravamo schiacciati in una specie di rientro sulla parete, puzzolente e sporco. Cercava di riprendere il controllo sui propri respiri accelerati. Non sembrava stare particolarmente bene.
    In quanto a me, non ero ancora disposto a credere, senza riserva, alla sua versione degli angeli caduti che s’impossessavano delle persone. Ah, vero, aveva specificato che non potessero farlo senza il permesso altrui, e questo sì che mi toglieva ogni dubbio sulla sua storia! Potenti angeli guerrieri che dovevano chiedere il permesso di un debole umano, sì, certo, era tutto molto logico!
    «Jen stava correndo!», saltai in piedi. «Mi stava venendo incontro. L’hai vista quando mi hai portato via? Dov’è?».
    «Non lo so», mormorò Iah-hel, o la signora Link, o chiunque fosse, ritornando lentamente a un respiro regolare.
    «Com’è che non ti credo?».
    «Sapessi come fare a convincerti che sono un angelo!», sbuffò polemica.
    Non la stetti a sentire. Tentai d’uscire da quel buco, o dalla sua presa, o dalla sua incredibile forza … Cavolo, l’anziana signora Link non poteva averne così tanta!
    «Devo sapere come sta», dissi deciso. «E devo tornare a casa. Mamma sarà preoccupata».
    Iah-hel restò a guardarmi senza espressione.
    «Per favore, Hel! Posso chiamarti così? Lasciami tornare a casa».
    «E’ troppo pericoloso».
    «Lo è anche per mamma?».
    Non rispose.
    «Allora non posso restare qui. Togliti!», gli ordinai e tentai di scansarla, ma non riuscì a spostarla di un centimetro. Dannazione!
    «Perché non mi lasci andare?», sbottai frustrato, in tono infantile.
    «Perché fuori è pericoloso».
    «Rischio!».
    «Non posso permetterlo».
    «Ah, no? Chi diavolo sei tu?».
    «Sono un angelo. Sono Iah-hel», ripeté, ma non intendevo questo.
    «Perché mi hai salvato? Serve anche a te la mia energia, o quello che diceva quell’altro come te, per guarirti?».
    «No», rispose. «Sono qui per proteggerti».
    «Perché?».
    «Eseguo un ordine».
    «Di chi?».
    «Di Michael».
    «Chi è Michael?».
    «L’arcangelo».
    «L’arcangelo?», esclamai e risi. «Dammi un pizzicotto».
    «Non stai sognando, ma se può servirti a credermi, allora … », disse e mi pizzicò le guance.
    «Ahi! Dicevo tanto per dire!».
    «Mi credi?».
    Ci guardammo negli occhi per qualche attimo. Non sapevo decifrarla. Era imperscrutabile. Dov’era finita la signora Link? Possibile che non fosse stata davvero l’insegnante di matematica per tutto quel tempo?
    «Se ti dico di sì, mi porti a casa?».
    «Non posso».
    «Vuoi tenermi qui sotto per sempre?».
    «Solo il tempo necessario».
    Misi le mani in tasca e cercai il cellulare.
    «Posso almeno chiamarla?».
    Annuì e cliccai sul suo nome. Ovviamente, laggiù, nelle fognature, non prendeva. Finsi d’ascoltare l’avvio di chiamata e di sentirla rispondere.
    «Mamma, ciao! Sono … ehm, sto bene, ok? Tu cosa? Chi è stato? Sicura che guarirai? Ok, ok, verrò prima che posso. Mamma, ti prego, resisti!», parlai concitato, muovendomi in circolo (per quanto mi fosse possibile farlo) e misi giù.
    Mi voltai verso Hel con i miei migliori occhi da cucciolo disperato.
    «E’ stata attaccata?», domandò lei, come per evidenziare che avesse ragione sul pericolo degli altri angeli, come quello che aveva cercato di prendermi.
    «No, è caduto in casa uno dei tuoi amici! Ha fatto un buco nel tetto ed è finito dritto dritto in cucina, mentre mamma cucinava. Lui è fuggito, ma lei è rimasta ferita. Devo tornare a casa, o a quel che ne rimane, grazie a voi cadenti angioletti dei miei coglioni!».
    «Non dire parolacce».
    «Chi mi rimprovera? L’angelo o l’insegnante? E chi mi ha insegnato la matematica nell’ultimo anno?».
    «Sono un angelo, ma non sono ignorante. La so la matematica!».
    La sua precisazione, mi fece quasi sorridere.
    «Per favore, solo un’occhiata, poi tornerò quaggiù o dove altro vorrai, e starò buono con te, per ore, giorni, senza protestare!».
    Hel meditò sulla mia proposta e alla fine cedette.


    CAPITOLO 4
    SCOMPARSE

    «E’ una pessima idea!», continuava a ripetere Hel, stringendomi e tirandomi per un braccio, trascinandomi e guardandosi furtivamente intorno.
    Lo trovavo assai eccessivo. Ci fermammo di fronte alla mia casa, dall’altro lato della strada. Hel la osservò truce.
    «Non c’è nessun buco nel tetto», palesò. «Mi hai mentito».
    «Ormai che siamo qui … », mormorai.
    Hel scosse la testa e attraversò la strada, strattonandomi per il braccio.
    «So camminare da solo!», dicevo sgambettando. «Lasciami, mi fai male!».
    Hel poggiò una mano sulla porta e spinse leggermente, facendola cadere per terra.
    «Era necessario?».
    Mollò la presa e mi esortò a parlare in fretta con mia madre. Anzi, voleva fare lei stessa una chiacchierata con lei. Entrai in casa calpestando la porta. Come aveva fatto a buttarla giù?
    «Inizi a credermi?», indovinò Hel.
    La ignorai e chiamai urlando mamma. Perché non era ancora accorsa a vedere cosa fosse quel baccano all’ingresso? Mamma non rispose e iniziai ad agitarmi. Correndo e chiamandola feci il giro della casa, sulla cima delle scale mi fermai e guardai giù, Hel, immobile sopra la porta scardinata.
    «Non c’è», esclamai.
    «L’hanno presa», precisò.
    «Gli angeli?».
    «No, demoni, sento la loro puzza».
    «Chi?», strabuzzai.
    «Dobbiamo andarcene», ordinò e salì velocemente le scale, e altrettanto in fretta mi riafferrò il braccio. Oh, ero così lento e impreparato a tutto ciò!
    «Non posso andarmene senza mamma», protestai, mentre l’esile signora Link (non riuscivo ad abitarmi all’idea!) mi trascinava giù per le scale.
    «Aspetta!».
    Presi il cellulare dalla tasca e la chiamai, stavolta prendeva. Lo sentimmo squillare. Seguimmo il suono e trovammo il suo telefonino, dentro la sua borsa appesa all’ingresso.
    «Perché l’hanno presa? Vogliono quello che quel tuo amico voleva da me?».
    «Non penso proprio».
    «E allora, cosa? E perché ora? Prima io, poi lei … ».
    Hel non mi ascoltava, probabilmente stava già pensando a dove rinchiudermi per tenermi fuori dai guai.
    «Dobbiamo passare da Jen. Forse è da lei!».
    «Non credo», disse, poi sospirò. «Tra le altre cose, anche la sua auto è ancora qui, nel vialetto, l’hai vista, no?».
    Cercai le chiavi dell’auto nella sua borsa. Le afferrai e corsi fuori, prima che allungasse una mano e mi riacciuffasse. Salii in auto al posto di guida e lei si affacciò dal finestrino.
    «Non hai la patente», mi rimproverò.
    «Solo perché non ho ancora l’età!».
    Alzò gli occhi al cielo ed entrò, sedendosi al mio fianco. Misi in moto e non andò molto bene. La spensi, poi la riaccesi, singhiozzò, percorsi un metro e mi tirai l’aiuola.
    «Sei d’un imbranato imbarazzante!», ridacchiò Hel e m’indispettii. «Cambiamo, guido io».
    «Gli angeli guidano?», provocai.
    «Non è divertente, ma ho la patente».
    «La signora Link ha la patente, non tu!», precisai.
    «Ah, ora mi credi?».
    Non risposi, sbuffai e scesi dall’auto. Hel agilmente passò al posto del guidatore. Forse avrei dovuto sfruttare quel momento per correre via, ma sospettavo che la mia fuga sarebbe finita male.
    «Dove andiamo?», domandò divertita, mentre mi accomodavo nel lato del passeggero.
    «Da Jen».
    Sorrise e partì. Dovetti fastidiosamente constatare che sapesse davvero guidare, a differenza mia. Posteggiò di fronte casa Alcott. Soltanto poche ore prima, scherzavo qui con Jen anziché studiare. Soltanto poche ore prima, ero spensierato e la mia realtà era normale. La luce della cucina e della camera del signor Alcott erano ancora accese. Guardai l’ora ed erano scoccate da poco le cinque del mattino. Scesi dall’auto ed Hel mi seguì.
    «Sei preoccupato», indovinò ancora.
    «Pensi che stia bene?».
    «Tua madre?».
    Annuii. Mi fermai sotto il portico e mi bastò uno sguardo per interrogarlo sul suo silenzio. Hel sospirò e allungò una mano verso la porta.
    «Non buttarla giù!», la trattenni.
    «Non ne avevo alcuna intenzione», disse sorridendo, cercando di sdrammatizzare, ma non avevo più voglia di scherzare. Quella notte cominciava ad apparirmi per quel che era: terribile.
    «E’ aperta», spiegò, scostandola appena.
    Non era un buon segno. Cautamente chiamai Jen. In cucina non c’era nessuno. Salimmo le scale ed Hel insistette per precedermi. La sua iper-protezione cominciava ad irritarmi! Anche la porta della stanza del signor Alcott era socchiusa. Mi consigliò di rimanermene fuori, ma la seguii. Non poteva dirmi lei cosa fare o non fare! Con il senno di poi, forse sarebbe stato meglio ascoltarla.
    Il signor Alcott era disteso, come sempre, sul suo letto, ma con il petto insanguinato. Qualcuno lo aveva accoltellato. Mi precipitai su di lui, oltrepassando Hel, mentre m’informava che fosse morto, con il tono di un “è evidente”. Nonostante la sua affermazione, volli verificarlo da me. Gli tastai il collo, poi mi accertai del respiro, ma sfortunatamente aveva ragione lei. Corsi fuori dalla stanza e chiamai urlando Jen, cercandola nella sua e nelle altre stanze.
    «Non c’è», mi raggiunse Hel. «Dobbiamo andare».
    «Ma che diavolo sta succedendo?».
    «Ben!», mi bloccò per le spalle, tentando di contenere il panico che lentamente si stava impadronendo di me.
    «Dobbiamo chiamare la polizia», farfugliai.
    «Per dirgli cosa?».
    «Qualcuno ha ucciso il signor Alcott!».
    «Non qualcuno, demoni».
    «Sicuro che non è stato il signor Sandell? Che fine ha fatto? Cosa gli hai fatto? E sei stata tu ad uccidere tutti? Hai portato mia madre da qualche parte? Come posso fidarmi?».
    «Manakel è morto. Gli ho conficcato un pugnale nel petto. E quando ti ho portato via, Jen stava correndo verso di te. Era ancora viva … ».
    «Quindi pensi che ora sia morta?».
    «Non dico questo, ma … ».
    «Cosa vuoi da noi?».
    «Non sono stata io … E ti fidi di me! Sì, la tua ragione ti dice che non è sensato, ma il tuo istinto la pensa diversamente, perché non è la prima volta che ci parliamo».
    «Ma dai?».
    «Non intendo come la signora Link, ma come Hel! Sì, e non la prima volta che vuoi chiamarmi Hel! Abbiamo già fatto questa conversazione».
    «Come avrà fatto a sfuggirmi di mente!», ironizzai scettico e diffidente.
    «Non ti è sfuggito di mente, te l’ho fatto dimenticare», puntualizzò.
    Aprii bocca per dire qualcosa, ma non mi venne nulla di logico da ribattere. Troppe domande mi frullavano per la testa e non potevo star fermo lì a risolvere tutti i miei dubbi.
    «Dobbiamo trovarle!», ripetei invece.
    «Ben, non sappiamo da dove cominciare e non possiamo stare qui mentre … ».
    «Devo salvarle!», la interruppi ancora una volta. «Non so come, ma se non sei stata tu, mi aiuterai! Inventati il modo!».
    Mi rendevo conto di star parlando irrazionalmente, ma come avrei potuto esserlo?
    «Ok, ma ora andiamo. No, non discutere! Via, ora!», ordinò e mi spinse in auto.
    «Dove andiamo?», chiesi, quando mise in moto.
    «A cercare indizi», rispose scocciata. «Cosa c’è?», domandò dopo un momento.
    Stavo chiamando Jen e anche il suo cellulare squillava a vuoto.
    «Se pensi d’aver conquistato la mia fiducia con la storia dell'istinto, ti sbagli di grosso. Perché il mio istinto urla già da un pezzo di scappare via da te, è la mia ragione a farmi rimanere: sfortunatamente, sei il mio miglior indizio per ritrovarle», specificai grave e deciso.
    Hel sorrise, quasi con soddisfazione.
    «Che c’è?».
    «Te lo dirò un’altra volta, troppe informazioni per una notte», rispose enigmatica.

    Edited by Rorosysy - 18/2/2014, 20:06
     
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  6. sahany09
     
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    Ciao Rorosysy.
    Anch'io ti dò la benvenuta in questa sezione. C'è sempre una prima volta per tutto e per tutti. Anche per le fanfictions.
    Bella idea rispolverare Ben. Poverino. E' stato completamente cancellato dalla serie, assieme a Lisa, e non so se lo rivedremo mai più. Penso di no, però molte di noi amano ipotizzare che possa essere realmente il figlio di Dean. Il nostro potrebbe essere solo un ingenuo desiderio infantile, ma ci piace pensare che ci sia una piccola probabilità. In fondo, fra i due ci sono diverse analogie, sebbene siano più visibili quando lui ha 8 anni, rispetto a quando lo vediamo cresciuto nella 6a stagione. Tu, invece, nella tua ff, lo dai per certo e, in un certo senso, hai avviato una specie di spin-off, che sarebbe interessante, in cui, addirittura, lo fai parlare in prima persona.
    :mmm: .... davvero una buona trovata.
    Sentiti pure libera di scrivere i tuoi capitoli se, e quando vuoi però, se continui la storia a noi fai piacere. :)
     
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  7. Rorosysy
     
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    Ciao Sahany, grazie! :kissing:
    Quando ho guardato l'ep di SPN con Ben, ho dato per scontato che non fosse davvero figlio di Dean, ma che rappresentava ciò che Dean avrebbe voluto se ... Molti se in mezzo :P
    Poi però l'idea mi ha stuzzicato sempre più... E mi sono detta? E se lo fosse?
    Poi, in questo periodo, nei commenti alla nona stagione, abbiamo nominato spesso Lisa e Ben ... Ed eccomi :P
    Ho già alcune cose in mente, appena ho tempo, scribacchio e aggiungo ^_^

    Ps: il ben della terza stagione, mi piaceva più di quello della sesta ... Sembrano quasi due persone diverse :unsure:
     
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  8. Rorosysy
     
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    CAPITOLO 5
    Si'

    Verso le otto del mattino, giungemmo in una fattoria abbandonata. L’erba intorno ad essa era alta un metro e al suo tetto mancavano quasi tutte le tegole. Alle sue finestre erano stati rotti i vetri e i suoi cinque scalini di legno, nel portico, erano spezzati in due.
    Hel aveva spento l’auto sulla strada, in direzione per Lexington, e avevamo proseguito a piedi, inoltrandoci nella vegetazione ormai incolta, della fattoria di Arthur, o così diceva la scritta incisa su un cartello di legno, poco prima di quello che un tempo doveva essere stato un vialetto alberato. Non so chi fosse Arthur, probabilmente era stato il proprietario di quel luogo e date le condizioni in cui si trovava, doveva esserlo stato non meno di una ventina di anni fa.
    Ci muovevamo lentamente cercando di non far rumore. Hel era certa che mamma fosse lì. Sosteneva di poterne avvertire la presenza. Un tempo, aveva aggiunto, sarebbe stato semplice teletrasportarsi, o qualcosa del genere, e portarla via da lì nel giro di pochi minuti.
    La seguivo in silenzio, in quel posto isolato e tetro, continuandomi a rimproverare della mia incoscienza. Avevo visto cos’era capace di fare e quanto debole fossi in confronto, per cui non era per niente una buona idea lasciarsi trascinare da lei, in una scena da film dell’orrore. Avrei dovuto chiamare aiuto, lo sceriffo magari, o chiunque altro, anche se in quel momento non mi veniva in mente nessuno di davvero utile.
    Tenevo il cellulare in tasca. In macchina avevo tentato ininterrottamente di chiamare Jen, ma continuava a non rispondere. Avevo chiamato anche gli ospedali per chiedere di lei e di mamma, nonostante Hel mi avesse già assicurato d’averla individuata, con il pensiero, o qualcosa del genere. C’erano troppe assurdità da digerire in quella storia per la mia mente scientifica, che non aveva mai creduto al soprannaturale, beh, almeno non ricordavo di averlo mai fatto, perché anche qui Hel sosteneva il contrario.
    Allungò una mano all’indietro per bloccarmi. Eravamo a qualche metro di distanza dalla fattoria. Mi ordinò di restarmene nascosto dietro un albero. Lei invece sarebbe entrata, avrebbe eliminato i demoni e liberato mamma. Se lo poteva scordare! L’avrei seguita!
    «E se ti attaccano come ti difenderai?», mi rimproverò parlando a bassa voce. «Saresti solo un peso».
    «Non sai neanche in quanti sono, se c’è davvero qualcuno lì dentro», protestai.
    «Ci metterò meno di tre minuti, se non sarà così, fai come credi, ok?», cercò di tenermi buono.
    Accettai l’accordo. L’avrei attesa là fuori tre minuti esatti e non di più. Hel borbottò qualcosa in disapprovazione, mi lasciò dietro l’albero e si avvicinò al portico. Si muoveva lentamente. Salì gli scalini e si accostò a una finestra. Sbirciò all’interno. Da non so dove uscì una specie di pugnale argentato ed entrò dalla porta senza serratura.
    Non avevo alcuna intenzione di rispettare il patto. Corsi verso la fattoria. Stavo salendo gli scalini, con qualche difficoltà, quando l’interno della casa s’illuminò di una luce accecante, simile a quella che vidi uscire dal fosso del giardino del signor Sandell, ma cento volte più intensa. Sembrò un’esplosione di luce.
    Salii l’ultimo scalino e cauto attraversai la soglia. Hel era al centro della stanza, circondata da cinque uomini distesi per terra, che sembravano piuttosto morti.
    «Non sono ancora scaduti i tre minuti», mi rimproverò di nuovo, senza neanche voltarsi a guardarmi. «Tua madre è di là», aggiunse subito dopo, allungando un braccio verso la sua sinistra.
    Avrei voluto domandarle molte cose, ma non ne ebbi il coraggio. Mi si era seccata la gola. Oltrepassai gli uomini per terra, cercando di non pestarli e di non indugiare con lo sguardo su di loro. Avevo la nausea.
    Non appena vidi mamma, raggomitolata in un angolo, mi dimenticai di tutto il resto e mi precipitai da lei. La chiamai e la mossi, ma era incosciente e non si svegliava. Mi accertai dal battito che fosse ancora viva e per fortuna lo era. Non sembrava ferita. Dovevo portarla in ospedale. La presi sottobraccio e la tirai su a fatica. Mi voltai a cercare l’aiuto di Hel e la vidi piegata su stessa.
    «Hei!», le urlai. «Cos’hai?».
    «Non dovrei fare questi sforzi, non con questo corpo», mormorò.
    Non capii e non m’interessava saperne di più.
    «Riesci ad aiutarmi con mamma?», le domandai. «Dobbiamo portarla alla macchina».
    Hel non si mosse né disse qualcosa.
    «Dobbiamo portarla in ospedale, sta male!», la sollecitai.
    Si tirò su e ci raggiunse. Posò una mano sulla fronte di mamma.
    «Potrei curarla io», disse.
    «Puoi fare anche questo?».
    Annuì.
    «E allora fallo!», esclamai con premura.
    «Se lo faccio perderò questo corpo», indugiò.
    «Non fai che ripeterlo, ma che diavolo significa?».
    «Ogni angelo ha il suo tramite umano», spiegò. «Possiamo accontentarci anche di altri tramiti, per un breve periodo potrebbero andare bene, potrebbero sopportarci, ma non alla lunga, non con troppe sollecitazioni».
    «Stai dicendo che stai dentro la signora Link da troppo tempo?».
    «La signora Link è la seconda scelta», rispose. «Ognuno di noi è destinato a un tramite ben specifico, ma abbiamo anche delle alternative, in caso il tramite a noi destinato non fosse disponibile».
    «E il tuo non lo era?».
    «Quindici anni fa, quando scesi sulla Terra, aveva appena due anni, non mi sembrò il caso … Poi scoprii la signora Link, abitava nella tua stessa città, mi disse di sì, sembrava un’ottima soluzione e lo è stata per quindici anni. In quest’ultimi anni, a parte cancellarti di tanto in tanto la memoria, non ho fatto molto altro, perciò il suo corpo mi ha sopportato. Nelle ultime dodici ore, l’ho sfruttato più di quanto potesse reggere».
    «E cosa succede se vai oltre il limite? Ti rigetta?».
    «Se guarisco ora tua madre, senza prima recuperare un po’ d’energia, potrei farla esplodere».
    Guardai mamma e poi di nuovo Hel. Forse ero insensibile ed egoista, ma non m’importava più di tanto della sua esplosione. Volevo salvare mamma e nient’altro. Tuttavia, cercai di trovare un’altra soluzione, prima di fregarmene del tutto.
    «Puoi almeno aiutarmi a portarla in ospedale?».
    «Non so se ce la farà», disse meditabonda, poggiando una mano sulla sua fronte. «Ha un’emorragia interna».
    «Qualcosa dobbiamo fare, invece di stare qui a parlarne, non ti pare?», mi agitai.
    Hel chiuse gli occhi e sospirò.
    «La guarirò», annunciò dopo un attimo.
    «E come farai con la signora Link, se esploderà?».
    «Ci penserò poi. Troverò un altro tramite, mi ci vorrà del tempo … Devi promettermi che starai attento in mia assenza».
    Lo promisi, se pur con riluttanza.
    «Aspetta! La signora Link così morirà?».
    Mi guardò con espressione rammaricata. Povera signora Link, non aveva il controllo del suo corpo da quindici anni (e a quanto pareva, ne ero indirettamente responsabile) ed ora stava per esplodere! Mi sentivo già in colpa per consentirlo.
    «Pensi di riuscire ad abbandonarla prima che esploda?».
    «Potrei, ma non saprei dove andare e … ».
    «Potresti entrare in me?».
    «Ti stai offrendo come tramite?».
    «Sì».
    «Potresti esplodere subito, non tutti gli umani vanno bene e tu non sei il mio», mi ricordò.
    «E io non voglio esserlo», precisai. «Se tu salvi mia madre, contraccambierò con te, finché non troverai il tuo corpo giusto, o quello che è. Ma devi promettermi una cosa: voglio vedere tutto quel che farai, quando avrai il controllo di me. Voglio essere cosciente e poi dovrai dirmi cosa mi hai cancellato dalla mente!».
    Hel ci pensò su un attimo. Era rischioso, ma se le cose sul conto della mia anima erano vere, allora avrei potuto resistere. Avrebbe dovuto spiegarmi anche questo.
    «Non sono tenuto a farlo, lo so, ma voglio ricambiare il favore ... E provare a salvare anche la mia insegnante», proseguii.
    Hel scosse la testa. Sospirò. Poggiò una mano su mamma e lei si mosse sotto il suo tocco.
    «Dovrai dirlo esplicitamente», mormorò, mentre il corpo della signora Link sembrava sul punto di cedere e mamma riapriva gli occhi. «Mi dai il permesso d'utilizzarti come tramite?».
    Inspirai e con incoscienza crescente risposi: «Sì».

    Edited by Rorosysy - 20/2/2014, 13:51
     
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  9. sahany09
     
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    CITAZIONE
    Rorosysy
    Ps: il ben della terza stagione, mi piaceva più di quello della sesta ... Sembrano quasi due persone diverse :unsure:

    Assolutamente vero. Il Ben della 3a stagione era molto simile al presunto padre. Praticamente un piccolo Dean, anche fisicamente somigliante, patito per musica e ragazze !! :) Ed è questo che fa pensar...male !! ;)

    La tua ff continua in modo intrigante. Vediamo cosa inventerai.
     
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    Io sono una cercatrice del mistero e del paranormale, viaggio nel cuore della notte e caccio i vostri incubi..Vivo tra le tenebre e una nuova alba

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    Le cose si fanno sempre più interessanti, anzi come dice Sahany, davvero intriganti...Il tuo Ben è davvero un personaggio molto interessante e sono davvero curiosa di sapere come evolveranno gli eventi e come introdurrai i bros nel racconto...Sono molto curiosa ^_^ Ti faccio i miei complimenti, brava ^_^
     
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    Beatrice

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    Ehi ciao, benvenuta ^^
    Trovo interessante questa novità, dai un ruolo a Ben e a Lisa più specifico, che nella serie tv non abbiamo avuto. Mi piace davvero, non ne ho mai letta una del genere. Complimenti per l'idea ^^
    Sono curiosa di sapere come continuerai, spero posterai presto un nuovo cap.
     
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  12. Rorosysy
     
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    Grazie a tutti! prometto che a giorni pubblico il continuo!
     
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11 replies since 16/2/2014, 20:30   116 views
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