Ricercatori di Ombre (seconda stagione)

Fan Fiction a puntate di Alessandra Paoloni

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Alessandra Paoloni
     
    .

    User deleted


    image



    A seguito della morte di Justin la famiglia Gravestone si divide mentre il Malfas, il quarto figlio, è stato liberato e vaga ora sulla terra come una piaga apocalittica. Sean e Betsy si ritrovano soli in un mondo che ancora non capiscono appieno, nessuno dei precedenti compagni d'avventura (Bobby, Anisha Dean Sam e John Winchester) sembra più curarsi di loro, eccetto uno.....
    E il Male nel frattempo continua a manifestarsi sotto le sue molteplici forme....



    2x01 "Somewhere"
    Info
    Titolo originale: Somewhere
    Episodio: 2x01
    Data messa in onda: 20/10/10
    Scritto da: Alessandra Paoloni
    Prodotto da: Supernatural Legend
    (tutti i diritti riservati)


    Ogni cosa era profondamente mutata. Il mondo non era più quello di un tempo e per la prima volta l’osservavo con occhi diversi, completamente nuovi. Gli occhi di chi aveva finalmente preso coscienza di sé e di quello che gli accadeva attorno. Militante dei cieli, avevo sempre ubbidito agli ordini dei miei superiori confidando che venissero direttamente da Dio. Eppure, dopo la morte del più giovane dei Gravestone, qualcosa era cambiato in me poiché in cuor mio sapevo che quella morte non era stata giusta, che forse si poteva arrestare l’ascesa del Malfas se solo il Cielo avesse impiegato più forze, se solo io avessi avuto il coraggio di ribellarmi a quell’assurdo destino. Ribellarmi…questa parola mi fa tremare ogni volta che la penso, ma forse discutere un ordine non equivale necessariamente a ribellarsi ma solo ad esprimere un’opinione diversa da quella dei miei Fratelli.
    E ora so per certo che abbiamo sbagliato, permettere che Justin Gravestone morisse per far risorgere in tal modo il quarto figlio e sconfiggerlo ora ad armi pari è stato un grossolano errore. Ciò ha portato solo sofferenza e ha permesso che una famiglia si dividesse, e soprattutto questo ha fatto di me un pessimo esempio di angelo custode. Il senso di colpa mi avrebbe accompagnato per anni se non avessi fatto qualcosa, e subito.
    - Tutto è andato come doveva andare, Castiel. Non vedo perché tu ora ti debba sentire in colpa.
    Una voce a me familiare parlò alle mie spalle. Non c’era bisogno di voltarmi e vedere quale dei miei Fratelli fosse.
    - Salve anche a te Haziel.- risposi voltando appena un poco la testa.
    Ecco che qualcuno mi aveva già letto nella mente e capito quello che stavo provando. E quello era un male poiché noi angeli, di norma, non dovremmo provare nulla se non ubbidienza e accondiscendenza.
    - Si vocifera che tu non sia tornato al tuo posto, dopo l’avvento del Malfas.- proseguì l’angelo.
    E Haziel con “il mio posto” intendeva lassù da dove ero venuto. Gli ordini erano che io aiutassi i Gravestone perché capissero quale era il loro posto nel mondo e cos’erano veramente, e soprattutto far si che uno di loro desse la vita per far resuscitare il demone in modo da poterlo eliminare. Nessuno di noi, nella dimensione dove il Malfas si trovava in precedenza, avrebbe potuto accostarlo. Era necessario un sacrificio e Justin alla fine di quella storia era morto. E con ciò il mio compito di proteggere i fratelli Gravestone sarebbe proseguito nel tradizionale dei modi, ovvero sarei stato con loro ma non mi avrebbero più rivisto. Nessuno è in grado di vedere il proprio angelo custode, anzi questa possibilità è negata a tutti fatta eccezione per chi ha un destino imminente da compiere.
    - Sono qui, quindi le voci sono vere.- assentii con la testa.
    - Vuoi per caso essere punito?- domandò Haziel che sembrava aver già intuito ogni cosa.
    Non risposi a quella domanda. Certo che non volevo essere punito, il Cielo non perdonava alcun tipo di colpe, la disubbidienza non era poi contemplata.
    - Tornerò al mio posto se questa è la volontà di Dio.- dissi- Ma prima devo completare la mia opera.
    - La tua opera è già completa, Castiel. Hai eseguito gli ordini così come ti erano stati consegnati.
    Non ascoltai le sue parole. “Già, eccellente Castiel, eseguito tutto nella norma secondo le leggi, biscottino e poi accuccia.” Pensieri assurdi mi passarono per la mente, ma un’unica certezza: io lì non avevo ancora finito. M’allontanai per tanto nella notte, e sebbene Haziel avesse provato a richiamarmi indietro io non gli prestai ascolto. Il senso di colpa era divenuto più schiacciante della paura di disubbidire.

    (Saint Peters, Missouri)

    In quel posto aveva passato gran parte della sua infanzia; i giardinetti del parco, sebbene non avessero abbastanza giochi per tutti i bambini che li frequentavano, era l’unico posto della città dove Betsy si divertiva e socializzava. Stranamente quel giorno erano vuoti e sebbene lei avesse ora poco più di vent’anni, si ritrovò a dondolare su quell’altalena rossa tanto amata da bambina, sfiorando appena la terra con le punte delle scarpe. Canticchiava il motivetto di una canzone che non sapeva neppure di conoscere.
    - E’ una bella giornata questa per stare all’aperto.- parlò qualcuno seduto sull’altalena accanto alla sua.
    Betsy si voltò e sorrise a Justin.
    - Si, stupenda.- disse soltanto.
    Justin la fissava con occhi spenti; la sua espressione era triste. Poi Betsy lo vide spostare gli occhi da lei a qualcosa che era alle sue spalle. Quando la ragazza si voltò riconobbe il Malfas, il quarto figlio, e sebbene volesse balzare giù dall’altalena non ci riuscì e anzi si ritrovò a dondolare più veloce lambendo quasi il cielo con le ginocchia.
    - Justin scappa!- gridò notando che suo fratello era rimasto immobile seduto a fissare il demone che avanzava minaccioso- Justin!
    Gridò ancora il nome del fratello più e più volte finché non si svegliò in un lago di sudore, e si accorse che Sean la scuoteva per le braccia.
    - Bet, Betsy! Era un sogno!- cercò di tranquillizzarla lui.
    L’abbracciò forte pensando che quel copione si ripeteva da giorni oramai, lei che si svegliava gridando il nome di Justin e lui che non sapeva cosa fare per tranquillizzarla. Se solo ci fosse stato suo padre…Ma ogni volta che pensava a William, gli saliva una rabbia tale da fargli perdere le staffe. Betsy fece dei profondi respiri e alla fine si dominò e guardò Sean negli occhi. Entrambi erano stanchi e provati da tutta quella storia e negli ultimi tempi avevano perso un paio di chili ciascuno.
    Tornati a casa di Luke O’Brian non vi avevano ritrovato il corpo di Justin, e questo li aveva fatti sprofondare in una tenebra peggiore di quella dove si trovavano già. Avevano provato a chiamare Bobby e Anisha senza successo. Mentre al contrario nessuno dei due aveva preso il coraggio necessario per rintracciare William. Avevano preso una stanza in un motel lì a Saint Peters dove trascorrevano le giornate senza fare nulla in particolare, uscendo solo per mangiare. La morte di Justin e l’abbandono di William inevitabilmente aveva trasformato la loro esistenza in una sorta di limbo, dove non c’erano più certezze e dove anche la stessa propria ombra faceva loro paura. Di notte si svegliavano ad ogni piccolo rumore, sobbalzavano ad ogni movimento sinistro consapevoli oramai che lì fuori ci fosse il Demonio pronto a tendere loro un agguato. Quella non era più vita, e l’assenza di Justin mancava come l’aria. Sean osservava sua sorella dimagrire a vista d’occhio, urlare nella notte e piangere ogni volta che fissava gli occhi nel vuoto. Doveva fare qualcosa o sarebbe morta anche lei per la disperazione. “Andiamo Sean, fa qualcosa, dannazione fa qualcosa!” si ripeteva sempre. E fu a seguito di quel nuovo incubo che decise di porre fine a quella situazione. Obbligò Betsy a calmarsi e la trascinò in bagno davanti allo specchio. Da quanto tempo non osservavano la loro immagine? Sembravano essi stessi degli spettri.
    - Bet, è ora di finirla.- disse osservando la sua immagine e quella di lei riflessa nello specchio- Guarda che stiamo diventando….tanto vale legarci una corda attorno al collo.
    Betsy osservò la sua figura trasandata, e sobbalzò inorridita. Capelli scarmigliati viso scarno occhiaie, neanche un filo di trucco e quell’espressione vuota nei suoi occhi le suggerì che quella non poteva essere lei ma forse una brutta copia che doveva essere immediatamente rimossa se non voleva impazzire. Sean aveva ragione, e guardandolo stentò a riconoscere anche lui. Stavano perdendo vitalità e questo non poteva accadere, non con un demone a piede libero che al contrario ogni giorno doveva accrescere la sua forza.
    - Dobbiamo farlo almeno per Justin…- aggiunse Sean mollando il braccio della sorella per iniziare a spogliarsi con movimenti flemmatici e infilarsi sotto la doccia.
    Betsy assentì debolmente con la testa e uscì dal bagno. Guardandosi nello specchio aveva notato che era da giorni che portava lo stesso paio di jeans e la stessa T- schirt. Con questa quella notte ci aveva addirittura dormito. Si sentì all’improvviso così sporca che si spogliò al centro della stanza gettando tutti i vestiti a terra.
    Era decisamente ora di ricominciare a vivere, o per lo meno a fingere.
    Per Justin.

    Trascorsero ancora un giorno chiusi nella stanza del motel. Discorsero di cosa fare, di dove andare, se tornare a casa o se piuttosto cercare William.
    - No, questo è fuori discussione Bet!- obiettò subito Sean.
    Betsy si sforzò di mantenere un tono di voce tranquillo. Anche lei ce l’aveva a morte con suo padre, ma non potevano continuare a torturarsi in quel modo per sempre.
    - E allora cosa suggerisci tu, di vivere così come barboni?- gli rispose- Dobbiamo almeno sapere cosa sta facendo e poi prenderemo una decisione.
    Sean prese a misurare a grandi passi il pavimento, pensieroso e indeciso sul da farsi. Tornare a casa come se nulla fosse accaduto? Impossibile. Rifarsi una vita pur sapendo che cosa si aggirava là fuori nella notte? Impensabile. Molte cose erano rimaste irrisolte, troppe questioni a partire dalla scomparsa di William. E se suo padre si fosse messo alla ricerca da solo del Malfas e fosse….no, non poteva neppure pensarci. Si passò una mano sul viso fermandosi di fronte a sua sorella.
    - Va bene, per prima cosa…
    Spostò gli occhi sul suo cellulare, posato sull’unico mobile presente nella stanza e lo stesso fece Betsy. L’avviso di un messaggio. Finalmente, quel telefono era rimasto muto per troppo tempo. Sean lanciò un’occhiata a sua sorella e poi si precipitò a controllare. Betsy lo seguì, attaccata alla costole. “Un messaggio ricevuto” diceva il display e sotto quella scritta il nome “papà”. Il cuore di Sean fece un balzo e Betsy sgranò gli occhi immobilizzandosi all’istante. Gli ci volle tutto il coraggio del mondo per premere il tasto e leggere ciò che William gli aveva mandato. Quando lo fece lesse solo: “Curious Gourmet, 334 Main St. Franklin, Tennessee”. Tutto qua, nemmeno un “come state” o “dove siete”. Per la rabbia Sean scaraventò il telefono sul letto.
    - Al diavolo!- sbottò.
    Betsy continuò a fissare il telefono quasi aspettandosi che arrivasse qualche altro messaggio. Quindi lo recuperò e rilesse di nuovo quelle parole.
    - E’ un indirizzo.- disse a voce bassa- Forse vuole vederci lì.
    Sean cercò di calmarsi e per farlo si attaccò ad una lattina di birra, l’ultima rimasta in frigo.
    - Certo come no…- borbottò tra sé.
    Voltò un poco la testa per non far notare a sua sorella che gli occhi gli si erano velati di lacrime. L’aveva sperato per un momento, aveva creduto che suo padre li stesse contattando per portarli in salvo da tutta quella disperazione; e la delusione per quell’insolito messaggio si stava per tramutare in rassegnazione.
    - Sean, dobbiamo andare- ripeté Betsy con il telefono ancora stretto tra le mani.
    Si, non avevano alternative se non quella di restare chiusi in quel motel per un tempo indefinito. Il ragazzo annuì con la testa e finì di scolarsi la sua birra rimuginando rabbia e delusione dentro di sé.

    Un’ora dopo erano in viaggio sulla Honda Rossa di Justin.

    (Franklin, Tennessee)
    La pioggia aveva iniziato a venire giù poco dopo che i due ragazzi erano arrivati in città. Una pioggerellina fitta e fastidiosa che rese l’asfalto bagnato e per questo pericoloso. Ma ciò non li fermò e raggiunsero l’indirizzo inviato da William con la speranza di vederlo sbucare da qualche parte. Sean parcheggiò la moto dalla parte opposta del Curious Gourmet e smontarono subito perché entrambi riconobbero, parcheggiata poco lontana da lì, la Ford grigia di William. Attraversarono la strada senza neppure badare alle macchine che solcavano la via in quel momento, e corsero a controllare il veicolo a loro tanto familiare. Sean aprì di scatto lo sportello dalla parte del guidatore ma non impiegò molto a capire che non c’era nessuno dentro. Richiuse lo sportello e guardò sua sorella scuotendo la testa. Betsy, con il casco della moto tenuto sotto un braccio, senza aggiungere nulla si avviò verso il negozio. Se non era in macchina William doveva essere là dentro allora. Sean la seguì, pensieroso. Anche se suo padre fosse stato nei paraggi, perché aveva lasciato la macchina aperta correndo così il rischio che gli venisse rubata? Qualcosa non quadrava in tutta quella storia. Betsy fece per aprire la porta del locale e entrare, quando Sean la bloccò per un braccio facendola allontanare subito da lì.
    - Ma che ti succede?- chiese la ragazza che gli ubbidì prontamente.
    Quella faccenda non convinceva neppure lei, ma c’era la remota possibilità che suo padre si trovasse là dentro.
    - Aspettiamo.- disse soltanto Sean.
    Nonostante avesse smesso di piovere, si piazzarono sotto il balcone di una casa lì affianco dalla quale potevano tenere d’occhio sia la Ford grigia che il Curious Gourmet. E come Sean immaginò, giunto l’orario di chiusura, William non uscì dal locale. Anzi non vi uscì e né vi entrò nessuno, e la strada velocemente prese a essere deserta. La Honda Rossa li attendeva ancora dalla parte opposta della strada, ma non fu verso di essa che i due Gravestone si diressero. Si piazzarono piuttosto davanti alla vetrina del locale ora chiuso.
    - Non vorrai scassinare la porta spero…- parlò Betsy a voce bassa senza guardare il fratello.
    - Non lo so Bet, questa faccenda non mi è ancora del tutto chiara.
    Si udirono dei passi pesanti sul marciapiede; Sean e Betsy si voltarono in quella direzione ma non videro nessuno. Quando poi tornarono di nuovo a guardare la vetrina del negozio sobbalzarono indietreggiando simultaneamente di un passo. Sulla vetrina era comparsa una scritta in rosso che recitava “Avrò quello che merito!” La scritta si cancellò subito come apparve, e sembrò che all’interno del locale si fosse per un attimo intravista la figura di una donna che svaniva tra gli scaffali. Sean afferrò Bet per una mano.
    - Pensi anche tu quello che penso io?- sussurrò Sean a sua sorella.
    Betsy, che in verità non sapeva cosa dire, annuì con la testa. Un caso di fantasmi certo, e William c’era finito dentro. Eppure ancora qualcosa non quadrava in tutta quella storia.
    - Tu prendi la macchina di papà, se non altro capirà che siamo stati qua.- parlò ancora Sean.
    Non gli veniva in mente un piano degno di questo nome. Non sapeva che fare, di solito ne discuteva sempre prima con Betsy e…Justin. Ma Justin ora non c’era, né c’era suo padre o Bobby. Doveva pensare da solo e questa consapevolezza lo spaventava più di qualsiasi spettro. Betsy ubbidì e staccandosi da lui si diresse verso la vettura. Senza voltarsi indietro salì in macchina e si rese conto solo allora che per farla partire aveva bisogno necessariamente delle chiavi. Certo le chiavi….Poteva suo padre averle lasciate lì dentro? Cercò all’interno del cruscotto, sotto i sedili e nascosta per bene sotto quello posteriore vi trovò una busta bianca dove vi erano all’interno le chiavi della Ford e un biglietto. La calligrafia di suo padre. Betsy lo lesse velocemente e non appena finì, scese dalla macchina sbattendo lo sportello. Suo fratello l’aveva raggiunta in sella alla moto e non appena notò il foglio che lei stringeva forte in un mano, tutto gli fu chiaro.

    Alloggiarono in un motel. Di nuovo chiusi in una stanza squallida dalla carta da parati anonima, a decidere sul da farsi. Bella vita che li attendeva, soprattutto ora che William aveva lasciato detto loro di non seguirlo soprattutto perché c’era un caso da risolvere là. Eppure in quel momento neppure il fantasma, se poi poteva essere definito tale, intravisto nel locale era poi così importante quanto quella lettera. Betsy la rilesse ancora a voce alta: “Spero vivamente che siate voi i primi a trovare la Ford prima che qualcuno la rubi, e se ora la macchina è nelle vostre mani e soprattutto state leggendo questa lettera significa che siete partiti subito dopo aver ricevuto il mio messaggio. Qui a Franklin c’è una faccenda da sistemare, se cercate informazioni su quanto accadde il 17 aprile del 1985 capirete di cosa si tratta. Io purtroppo non posso fermarmi, devo dare la caccia al demonio che ha ucciso vostro fratello. Per quanto vi è possibile non imitatemi. E’ mio dovere risolvere questa faccenda da solo. Affido a voi invece il compito di aiutare quanta più gente possibile ed eliminare tutti i demoni che troverete sulla vostra strada. Spero che possiate un giorno perdonarmi per tutto il male che vi ho inflitto. William Gravestone.”
    Sean gliela strappò dalle mani e l’accartocciò gettandola in un angolo della stanza. E così si sbarazzava di loro, con quelle misere parole e con un caso da risolvere. Betsy si alzò quasi subito per recuperarla.
    - Che fai?- le domandò Sean.
    - Qui c’è la data che ci serve per risolvere il caso, non è chiaro forse?- rispose lei cercando di mantenere un tono della voce tranquillo.- Non si può tornare indietro Sean, oramai ci siamo dentro. Neanche la morte di Justin può cambiare le cose.
    Sean restò a fissare la sorella mentre riapriva il foglio spiegazzato e strappato.
    - E invece le cambia.- rispose lui quasi in un sussurro.
    Ma non c’era altro da fare se non ubbidire. Betsy aveva ragione, tornare indietro e dimenticare tutto era impossibile. Se avevano preso o no la decisione giusta, bastava solo restare in vita tanto a lungo da verificarlo.

    Il 17 aprile del 1985 a Franklin c’era stato l’omicidio più efferato che la città ricordasse. In breve un certo Willem Miles aveva ucciso a coltellate la figlia Peggy Miles e il suo fidanzato, Steven Song, perché contrario a quell’unione.
    - E noi che credevano di esseri gli unici ad avere problemi in famiglia!- commentò Sean mentre divorava una ciambella comprata in un bar lì accanto al motel.
    Betsy lo fulminò con lo sguardo e continuò.
    - La ragazza lavorava al Curious Gourmet, e fu lì che s’incontrò l’ultima volta con Steven. Il padre di lei li sorprese assieme e uccise lui con uno dei coltelli presenti nel negozio. Dopodiché ammazzò anche la figlia.
    - E finì il lavoro uccidendosi a sua volta scommetto?
    Betsy restò in silenzio a leggere l’articolo di giornale che riuscirono a fotocopiare in biblioteca e scosse la testa.
    - Ci provò ma i medici riuscirono a salvarlo. Fu ricoverato in una clinica psichiatrica perché il suo avvocato riuscì a fargli ottenere al processo la semi infermità mentale.
    - Ovvio uccide il ragazzo di sua figlia e poi sua figlia è normale che era un po’ svitato, non trovi anche tu?
    Betsy sbatté una mano sul tavolo.
    - Sean è una faccenda seria! Puoi astenerti dal tuo insostenibile sarcasmo per una volta?- lo sgridò.
    Sean fece spallucce.
    - Ok, scusa. Ma non vedo perché i padri debbano sempre uscirne illesi, mentre sono i figli quelli a rimetterci per causa loro.
    Betsy lo fissò senza rispondere. Sean ne stava facendo una faccenda personale, era evidente.
    - Questo signor….Willem Miles non è nostro padre!- gli fece notare.
    Sean abbozzò un sorriso saccente.
    - Curiosa quest’assonanza di nomi non trovi?- disse per tutta risposta addentando un’altra ciambella.
    Betsy preferì non rispondere. Continuò invece a dire che ora Willem Miles abitava in una casa poco fuori dalla città, e che forse sarebbe stato loro compito dare un’occhiata anche lì. Sean disse solo un “se ci tieni tanto” e insistette nel lasciare la Ford grigia parcheggiata davanti il motel e andare con la moto di Justin. Betsy non obiettò pregando in cuor suo che il fratello la finisse presto con quell’atteggiamento.

    Non l'avrebbe mai ammesso, ma Betsy avrebbe preferito spostarsi in macchina ora che avevano di nuovo la Ford del padre. Ogni volta che scendeva dalla moto le tremavano le gambe, e le facevano male i muscoli delle braccia per lo sforzo di reggersi alla vita di suo fratello che correva come avesse il demonio alle costole. Ma sgridarlo non le pareva la cosa più conveniente da fare in un momento simile. Trovare l'indirizzo della casa del vecchio Willem Miles non fu difficile; bastò cercarlo sull'elenco del telefono. Per la serie: a volte la soluzione alle cose è proprio sotto il tuo naso. Betsy suonò il campanello e lanciò un'occhiata preoccupata a Sean; era stato lui a dire che dovevano riprendere a vivere, eppure non stava facendo nulla per mettere in pratica quel suo suggerimento. La porta si aprì qualche istante dopo e la figura di una donna si profilò davanti a loro.
    - Posso esservi d'aiuto?- domandò con voce cordiale.
    Betsy lanciò un'occhiata a Sean. Il ragazzo non aprì bocca. Dannazione...
    - Ecco noi....- tese una mano con fare più convincente- Mi chiamo Jessy Miles e lui è mio fratello Matt. Nostro padre Benjamin Miles è un lontano parente del signor Miles e siamo qui per discutere dell'eredità lasciataci da nostra madre, morta qualche mese fa, che include anche Willem essendo lui nostro parente e consanguineo e allora gli spetta la parte dell'eredità, la più cospicua credo.....penso...
    Non appena Betsy si accorse di stare a blaterare cose senza senso si ammutolì di colpo. No, non era decisamente capace di mentire. Se ci fosse stato Justin magari avrebbe inventato qualche scusa più credibile. Sean le batté una mano su una spalla, quasi a consolarla di quel fallito tentativo. La donna dal canto suo guardò i due Gravestone senza proferire parola. Sean sfoggiò uno dei suoi migliori sorrisi:
    - Mi ascolti signora, è molto probabile che l'uomo che abita in questa casa sarà presto attaccato da un fantasma, e in modo particolare dal fantasma della figlia che lui stesso ammazzò anni fa....Comprende?
    Betsy si colpì la fronte con una mano. Per quanto contorto, era di gran lunga migliore il suo di racconto.
    - Chiamo la polizia.- disse solo la donna richiudendo loro la porta in faccia.
    Betsy picchiò Sean sulla spalla e fece per fare dietro front, quando la porta si aprì di nuovo. Questa volta fu il vecchio Willem Miles in persona a riceverli.
    - Voi l'avete vista?- chiese con voce roca e stanca.
    Betsy e Sean si scambiarono un'occhiata, e un attimo dopo erano seduti sul divano del salotto di casa Miles. La donna che aveva aperto la porta precedentemente era l'infermiera che si occupava a domicilio del vecchio, il quale dimostrava almeno il doppio dell'età che aveva realmente. Pose davanti a loro un vassoio di biscotti e una teiera per farsi poi da parte.
    - E così lei ha ucciso sua figlia.- esordì Sean davvero senza alcun tatto.
    Betsy lo fulminò con lo sguardo e l'infermiera sembrò trattenere il respiro. Il signor Miles al contrario non mutò espressione. I suoi occhi erano sbarrati e lacrimavano di continuo, come colpiti da un vento invisibile. Il labbro inferiore era piegato leggermente verso il basso, in una smorfia perenne di dolore. Il volto di un vecchio folle.
    - Lei era tutto per me e ora lei è in ogni dove, in qualche posto.- disse.
    Il vecchio Miles doveva essere pazzo davvero. Fissava un punto oltre la spalla di Betsy, e la ragazza per questo si sentì in soggezione. Provò pena per lui in quell'istante; Sean al contrario guardava l'uomo quasi con disprezzo. Aveva stroncato la vita di sua figlia. William Gravestone, nella testa del ragazzo, aveva fatto lo stesso lasciando che Justin morisse. Sean come era prevedibile, s'immaginò mentre parlava con suo padre e non con un vecchio mai visto in vita sua.
    - Che cosa intende signor Miles con “voi la vedete”?- domandò Betsy lanciandosi un'occhiata veloce alle spalle dove ovviamente non vide nessuno.
    - Mia figlia, Peggy, è là!- insistette l'uomo indicando ancora oltre il divano.
    L'infermiera raccomandò il signor Miles di non agitarsi. Ma per quello ci pensò Sean quando aggiunse, in tono che rasentava il rimprovero:
    - Troppo comodo per voi padri prima scaricare tutto sui figli, ucciderli e poi pentirvi di quello che avete fatto accusandovi pazzi! E' il minimo che ora lei veda sua figlia ovunque.
    Sean si zittì. Con la coda dell'occhio poteva vedere Betsy guardarlo in maniera sbigottita, incredula. Il signor Miles scoppiò in un pianto dirotto a quelle parole e l'infermiera accorse per calmarlo.
    - Se la vede, è giusto che sia così.- riprese il ragazzo, e poi in tono più basso aggiunse- Justin dovrebbe fare lo stesso con papà.
    A quelle parole Betsy s'alzò di scatto e fece per schiaffeggiare suo fratello, quando la finestra del salotto s'infranse in mille pezzi sotto la spinta di qualcosa che proveniva dall'esterno. Anche Sean scattò in piedi tra le urla dell'infermiera che scappava nella stanza accanto mentre il signor Miles restò fermo dov'era, quasi s'aspettasse una cosa simile.
    - Voi la vedete?- disse ancora.
    Sean e Betsy si guardarono attorno senza scorgere assolutamente nulla se non vetri rotti sparsi ovunque. Il signor Miles fissò un punto imprecisato del pavimento e sembrò trattenere il fiato. Betsy gli si accostò e fece per posargli una mano su una spalla, quando sollevò lo sguardo e si ritrovò davanti la ragazza che lei e Sean credevano di aver visto al Curious Gourmet: Peggy Miles. Lo spettro teneva una mano stretta attorno al collo del vecchio, ecco perché Willem non riusciva a respirare. Lo stava soffocando, era venuta a prendersi la sua vendetta. Betsy stava per dire o fare qualcosa quando si ritrovò catapultata all'indietro, e andò a sbattere contro la parete. Socchiuse gli occhi per il dolore ma riuscì lo stesso a vedere Sean mentre aggrediva lo spettro con l'attizzatoio del camino. Il fantasma di Peggy svanì all'istante colpito da quel ferro. Il vecchio signor Miles tornò così a respirare normalmente.
    - L'ho scacciato ma sai cosa dobbiamo fare, ce lo disse Bobby tempo fa.- parlò Sean guardando il vecchio ora con espressione diversa.
    Aveva intuito che lo spettro sarebbe tornato a prendersi ciò che gli spettava, una vendetta per la sua morte. E per un breve istante, un brevissimo lasso di tempo, aveva pensato di lasciare che Peggy prendesse quello che si meritava. Ma le parole di suo padre gli erano risuonate alla mente, martellanti, come se fosse stato Justin a ricordargliele: “affido a voi invece il compito di aiutare quanta più gente possibile ed eliminare tutti i demoni che troverete sulla vostra strada.” Gettò l'attizzatoio a terra e prese sua sorella per un braccio.
    - Andiamo...
    Betsy lo seguì senza fare alcuna opposizione, lasciando il signor Miles ai suoi tomenti.
    Mezz'ora dopo si trovarono davanti alla bara scoperchiata di Peggy Miles, nel cimitero della città. Betsy cosparse quel corpo oramai consumato dalla morte di sale e benzina. Sean accese un fiammifero e il fuoco divampò un istante dopo.
    - Se Justin dovesse fare lo stesso, vendicare la sua morte, avremo mai il coraggio di bruciare il suo corpo?- domandò il ragazzo.
    - Non abbiamo alcun corpo da bruciare, Sean.- gli ricordò Betsy mentre fissava le fiamme all'interno della bara.
    Sean aggrottò la fronte a quelle parole. Impegnato come era stato a odiare suo padre il mondo e Dio, non aveva soppesato bene quel “piccolo” particolare.
    Dov'era il corpo di Justin? Che cosa ne era stato di lui dopo la sua morte? Era ciò che avrebbe scoperto.
     
    Top
    .
  2. Lana Drown McDonald
     
    .

    User deleted


    *_* Ale è bellissimo!!!!
     
    Top
    .
  3. John7776
     
    .

    User deleted


    molto bello complimenti !!!
     
    Top
    .
  4. Vivaldi4love
     
    .

    User deleted


    Hai un talento pazzesco, bellissimo, brava! ^^
     
    Top
    .
  5. Angela1993
     
    .

    User deleted


    Il ritorno della nostra Ale! :D :D Grande inizio di seconda stagione! :lol: :lol:
    Bravissima :)
     
    Top
    .
  6. Alessandra Paoloni
     
    .

    User deleted


    Eccomi!!! Grazie a tutti davvero!!! *_* Questa volta seguo un procedimento diverso, cioè pubblico via via che scrivo altrimenti non leggerete questa FF prima di quest'estate. (causa svariati lavoretti che almeno mi permetteranno di andare alla Convention di SPN tranquilla)...alla prossima ragazzi!!!!

    Ciao Angela!!! :wub: :wub: La mia instancabile sostenitrice... :)
     
    Top
    .
  7. Alessandra Paoloni
     
    .

    User deleted


    Eccola qua la seconda puntata, buona lettura!!! :wub:

    image



    2x02 "Alle porte del sogno"
    Info
    Titolo originale: Alle porte del sogno
    Episodio: 2x02
    Data messa in onda: 03/11/10
    Scritto da: Alessandra Paoloni
    Prodotto da: Supernatural Legend
    (tutti i diritti riservati)


    Quello dove si trovava Betsy non era il solito parco giochi visto negli altri sogni, ma una strada principale che non conosceva. Sedeva su una panchina a guardare le macchine sfrecciarle davanti e le persone passare, persone che non la notavano neppure. Una signora con un cane, una ragazza che faceva jogging, una coppia di fidanzati che camminavano tenendosi per mano. Poi d'improvviso tutto si fermò, come se qualcuno avesse schiacciato il tasto pausa di un telecomando. I passanti s'immobilizzarono su sé stessi come statue di cera, e le macchine arrestarono la loro corsa.
    - E' sempre così qui, il tempo si ferma.- parlò una voce al suo fianco.
    Justin stava osservando quell'insolito spettacolo assieme a lei. Le mani infilate nel taschino del giacchetto, gli occhi spenti e vacui.
    - Non cambia mai nulla.- continuò il ragazzo- Il tempo s'è bloccato.
    Betsy lo fissò e finalmente trovò il coraggio di parlargli.
    - Ma tu sei morto Justin?- le domandò come se non lo sapesse.
    Eppure non avrebbe mai scordato come quel demone gli aveva spezzato il collo proprio davanti ai suoi occhi. Justin non la guardò. Restò a fissare di fronte a sé e la sua espressione mutò quando s'accorse che tra le figure immobili ce n'era una che si muoveva: il Malfas, il quarto figlio. Il fratello mai nato allevato dai demoni. Non appena Betsy se ne accorse sobbalzò e fece per alzarsi dalla panchina ma non ci riuscì. Sentiva le sue gambe estremamente pesanti.
    - Justin dobbiamo scappare...Justin!- gli gridò.
    Ma suo fratello non staccava gli occhi da quel demone.
    - Non avere paura per me.- le rispose in tono calmo e con voce pacata- Qui il tempo s'è fermato e non cambia mai nulla.
    Si voltò verso sua sorella e incurante che il Malfas fosse a pochissimi metri da loro, aggiunse solo:
    - Lui non può dormire.
    Betsy si svegliò di soprassalto, ma questa volta non gridò nel sonno. Sean dormiva nel letto accanto al suo, russando. Si sistemò con una mano i capelli scarmigliati e lasciò il letto senza infilare le ciabatte ai piedi; aveva sete, ogni volta che parlava in sogno con Justin si risvegliava con la bocca arsa. La stanza del motel che avevano affittato era un monolocale arredato con mobili semplici e molto probabilmente presi in qualche magazzino a basso costo. Il frigorifero poi non funzionava bene, e per questo la bottiglietta d'acqua che Betsy vi prese era più calda di quanto non avrebbe dovuto essere. Che vita la sua.....e dire che dopo aver fatto lavoretti saltuari per accumulare qualche soldo aveva pensato di iscriversi all'università. E tutto era andato miseramente in fumo...
    Un movimento alla sua sinistra la costrinse a voltarsi così di fretta che la bottiglietta le cadde dalle mani, ma delle dita veloci le impedirono di arrivare a terra e di far rumore con il rischio di svegliare Sean.
    Castiel ripose lentamente la bottiglietta sul frigo, e tornò a rintanarsi nell'angolo buio nel quale era apparso. Betsy era rimasta immobile, sconcertata da quei movimenti che non era riuscita a cogliere con gli occhi. Quindi fissò il punto dove l'angelo se ne stava in silenzio, una statua di marmo eretta nel buio della stanza. L'ultima volta che si erano visti non gli aveva rivolto delle belle parole, anzi. L'aveva cacciato in malo modo e di questo se ne era pentita quasi subito. Eppure in cuor suo, Betsy riteneva Castiel in parte responsabile della morte di Justin. Lui era un angelo del Signore, perché aveva permesso che suo fratello morisse? Lanciò un'occhiata a Sean che dormiva profondamente, e poi fece un passo verso l'uomo in impermeabile nell'angolo.
    - Sto sognando?- domandò.
    Castiel non le rispose. L'angelo si trovava lì da molto tempo, aveva sorvegliato il sonno dei due fratelli Gravestone senza prevedere che Betsy si svegliasse e s'accorgesse di lui. Era da qualche giorno che li seguiva senza mai farsi vedere, portando con sé un segreto che non poteva ancora essere svelato senza suscitare nei due reazioni di isteria.
    - Hai sognato Justin, vero?- domandò a Betsy senza muoversi dal suo angoletto, con voce che rasentava quasi un rimprovero.
    Betsy annuì con la testa. Lo sognava tutte le notti praticamente, e ogni volta il sogno mutava sebbene la costante del Malfas rimanesse sempre la stessa. La ragazza avrebbe voluto gettarsi ai suoi piedi e implorarlo di riportare indietro il tempo, di fare un miracolo, di fargli vedere almeno un'ultima volta suo fratello. Castiel captò quei suoi pensieri e prima che la ragazza potesse esternargli quei desideri, svanì portandosi lontano da lì. Betsy trattene il fiato quando lo vide scomparire in quel modo, e sentì gli occhi riempirlesi di lacrime. No, non ci si poteva fidare neppure degli angeli del Signore.
    Lei e Sean erano completamente soli. Tornò a letto, piangendo amaramente lacrime silenziose.

    (Nashville, Tennessee)
    Era la terza notte che Nathan non dormiva. Aveva consumato scatole di sonniferi, bevuto filtri di erbe di ogni sorta ma nulla. Ogni qual volta che si metteva a letto era costretto a rialzarsi poiché le palpebre proprio non volevano chiudersi. Aveva preferito quindi sistemarsi sul divano a guardare la tv. Doveva trovare il modo per passare anche quella notte. Sua madre s'affacciò alla porta del salone, preoccupata per quel figlio che sembrava aver perduto il sonno. Erano da poco passate le quattro del mattino.
    - Nathan...non riesci ancora a dormire?- gli chiese la donna avanzando insonnolita verso suo figlio.
    Il ragazzo, vent'anni appena compiuti, si voltò a guardarla puntando su di lei due occhi rossi e inquietanti, dovuti alle molte ore di sonno perse.
    - No mamma tornatene a letto e lasciami stare!- gli rispose sgarbato.
    Più erano le ore di sonno che perdeva, più diveniva irascibile. Non smetteva poi di far tremolare le dita e il piede sinistro.
    - Domani torniamo dallo psicologo va bene?- disse ancora la donna, con voce premurosa.
    Nathan s'alzò in piedi di scatto facendola indietreggiare. Non serviva a nulla andare da uno strizzacervelli, durante la prima seduta gli aveva solo rivolto domande assurde. Non sapeva che cosa gli era accaduto, non aveva avuto traumi o incidenti, sapeva solo che da un momento all'altro non era più riuscito a prendere sonno. E questo lo stava facendo impazzire.
    - Mamma io non ci torno da quello strizzacervelli!- le gridò contro.
    La donna annuì, spaventata dalla reazione di suo figlio e fece qualche passo indietro per voltarsi e tornarsene in camera. Fu allora che Nathan sentì il peso delle ore di sonno che gli mancavano, che si sentì stanco spossato e preda a una ira inimmaginabile. Afferrò la lampada che giaceva sul mobiletto della sala accanto alle foto di famiglia, e colpì alla testa sua madre; il colpo preciso e secco la uccise subito. Nathan ancora con la lampada stretta nella mano chiamò la polizia, e le uniche parole che disse furono:
    - Ho ucciso mia madre, venite a prendermi.


    - E così quell'angelo è tornato a farci visita! Cos'è un copione biblico? L'annunciazione secondo Castiel?
    Betsy fissò suo fratello come non faceva altro che fissarlo da qualche tempo a quella parte. Stentava a riconoscerlo.
    - Sean fai schifo.- si limitò a dire e proseguì a bere il suo caffè latte.
    La tavola calda vicino al motel non era molto grande, ma se non altro servivano dei buonissimi toast. Sean divorò il suo in meno di cinque minuti mentre sfogliava distrattamente il giornale locale. Se si volevano seguire casi paranormali, i quotidiani ne erano una fonte; agli altri sfuggivano particolari sostanziali invece per un cacciatore di demoni. Almeno questo lo aveva imparato.
    - Non so perché sia tornato...- rispose Besty- forse voleva dirci qualcosa...magari farci sapere dove sono Anisha e gli altri...
    - Quelli si sono dimenticati di noi!- ribatté subito Sean- Devi smetterla di aspettarti qualcosa dalla gente Betsy, dobbiamo contare solo sulle nostre forze.
    La ragazza guardò il fratello senza rispondere. Sapeva fosse una causa persa quella di discutere con lui. Sean non voleva sentire ragioni se non la propria. Un giorno avrebbero dovuto parlare di quel suo modo di rispondere e di porsi; ma Betsy stessa non si sentiva pronta ancora. Serviva del tempo a tutti e due....
    - Guarda qua.- disse poi Sean mostrandole il trafiletto di un giornale- “ Figlio uccide madre e poi si fa arrestare. Le sue prime dichiarazioni: non sapevo ciò che stavo facendo”. Sorellina, si va a Nashville.
    Betsy non aprì bocca neppure quella volta. Che si trattasse o no di un “caso” per loro lo avrebbero accertato sul posto; non era neppure quello il momento di discutere.

    Arrivarono a Nashville che era pomeriggio inoltrato, Sean cavalcando la Honda di Justin, Betsy guidando la macchina del padre. Come avveniva sempre in circostanze simili, tutta la città non faceva altro che parlare del caso del “ragazzo che non dormiva” e non fu difficile per i due Gravestone trovare l'abitazione dove era avvenuto l'omicidio.
    - Ragazzo che non dormiva.- rifletté Betsy- Il caso di uno psicopatico?
    - O forse un demone.- la corresse Sean.
    Betsy guardò suo fratello e anche quella volta decise di tacere per non scontrarsi verbalmente con lui. Scosse la testa e voltò lo sguardo qualche metro più in là. Un ragazzino li stava osservando dall'altra parte della strada, in sella a una bicicletta rossa. Guardava ora loro, ora la casa di Nathan Lewis, il ragazzo che aveva assassinato la madre solo un paio di notti prima. Il ragazzino quando notò che Betsy lo stava fissando a sua volta s'affrettò a pedalare lontano da lì, come se scappasse da qualcosa.
    - Mettiamoci a lavoro.- disse Sean attraversando la strada.
    Betsy seguì con lo sguardo il ragazzino che s'allontanava e s'incamminò dietro al fratello. Sean si diresse sicuro verso la porta dell'abitazione e Betsy stava per chiedergli che diamine stesse facendo, quando un poliziotto li bloccò parandoglisi davanti.
    - Dove state andando?- chiese l'uomo con aria seccata.
    Forse l'uomo in uniforme doveva aver fermato fino ad allora già altri curiosi. Sean stava per aprire bocca ma questa volta Betsy fu più lesta di lui.
    - Salve, il mio nome è Natalia Blaze e lavoro per un nuovo giornale locale e...
    - Quale nuovo giornale locale?- la interruppe il poliziotto con aria sospettosa.
    - Ricercatori di ombre!- s'intromise Sean prontamente- Cerchi su Google, abbiamo un sito molto dettagliato. Ci occupiamo di omicidi, suicidi...roba allegra insomma....
    Betsy lanciò un'occhiata al fratello. Che razza di nome era per un giornale “ricercatori di ombre”? Il poliziotto non ci avrebbe mai creduto, e si aspettava quasi che l'uomo in uniforme li scacciasse in malo modo quando invece quest'ultimo disse:
    - Se ne avete bisogno scattate qualche foto alla casa, ma nessuna domanda ai familiari. Sono molto scossi.
    Sean annuì e prima che la loro copertura saltasse, trascinò via Betsy per un braccio. Anziché bussare fecero il giro del porticato, per allontanarsi dallo sguardo del poliziotto.
    - Dovremmo seriamente crearci un blog, raccontare quello che facciamo. Diventeremmo famosi in meno di mezza giornata...- scherzò Sean mentre pensava a un modo per entrare in casa e dare un'occhiata- Forse se ci arrampichiamo su quell'albero riusciamo a entrare da quella finestra...
    Betsy corrugò la fronte e fissò il fratello portandosi le mani sui fianchi. Quello era troppo, ci mancava solo un'effrazione con un poliziotto presente per giunta.
    - Dico ti sei bevuto il cervello?- lo rimproverò.
    Sean spostò lo sguardo dalla finestra che aveva puntato, e dalla quale sperava di entrare in casa, a sua sorella. E gli rivolse due occhi così carichi di ira che Betsy fu costretta a indietreggiare di un passo.
    - Bet non me ne frega un tubo se qualcuno ci scopre e c'arresta. Tanto comunque moriremo, quindi meglio fare come ci ha suggerito papà e risolvere quanti più casi possiamo prima di lasciare questo fottuto mondo, ok?
    Betsy sgranò gli occhi e sbatté le palpebre più volte perché sentì gli occhi infuocarlesi per le lacrime.
    - Papà non ci ha detto di farci ammazzare, Sean!- obiettò sapendo che nulla e nessuno avrebbe fatto cambiare idea a suo fratello.
    Sean non le rispose, e Betsy non si sentì più così sola in vita sua come in quel momento. E si sarebbe forse abbandonata alle lacrime, uno dei suoi soliti pianti liberatori se non fosse per stata per una ragazza che uscì dalla porta sul retro della casa proprio in quell'istante. Doveva avere più o meno sedici anni, e il volto oscurato dalla sofferenza diceva chiaramente che era stata colpita da un lutto e da una tragedia indelebile. La ragazza guardò prima Sean e poi Betsy e fece per rientrare in casa, ma si bloccò. Quindi tornò a guardare i due Gravestone.
    - Chi siete voi due?- domandò con voce bassa e roca.
    Betsy guardò suo fratello e sperò che non le rifilasse di nuovo la balla del giornale locale. Era chiaro che quella ragazza fosse figlia della vittima, e tutto voleva sentire tranne che domande sulla morte della madre e l'arresto del fratello. Sean fece un passo verso la ragazza.
    - Non avere paura, siamo qua per aiutarti.- la rassicurò.
    - Aiutarmi?- ripeté la sconosciuta guardando ora lui ora Betsy- Potete dirmi perché mio fratello ha ucciso mia madre? Perché ha rovinato così la mia vita? O potete spiegarmi perché non dormiva da giorni? Voi potete dirmi perché Dio ha permesso che tutto questo accadesse? Potete aiutarmi forse a trovare la risposta a queste domande?
    Betsy si morse il labbro per non esplodere in quel pianto che tentava di farle crollare i nervi. Sean si trasfigurò in volto e da ragazzo arrabbiato dall'aria saccente, si sentì in colpa anche solo per aver pensato di poter entrare in casa di quella ragazza e cercare indizi in giro per risolvere quel caso. Caso che forse non gli apparteneva neppure. Erano le stesse domande che si poneva lui da giorni in fondo; ma nessuno sarebbe stato mai in grado di fornirgli le risposte che cercava. La ragazza rientrò in casa poiché era caduto un silenzio assordante lì fuori. Sean si voltò a guardare sua sorella e sforzò un sorriso per scusarsi delle cose che le aveva detto poco prima. Le si avvicinò e passandole un braccio attorno alle spalle s'allontanò da quella casa; non c'era alcun demone lì...se non quelli che s'agitavano dentro di lui.

    Justin tornò a farle visita quella notte in sogno, ma questa volta non era solo. Suo fratello di nuovo ripeté a Betsy quelle parole “lui non può dormire”, e indicò con l'indice qualche metro più in là un ragazzino in bici, quello stesso ragazzino che Betsy aveva visto il pomeriggio fuori casa Lewis. Si destò di soprassalto e corse a svegliare anche Sean.
    - Sarai contento di sapere che in città c'è qualcosa di strano.- gli rispose quando Sean protestò perché voleva dormire.
    Un quarto d'ora più tardi, sebbene fossero appena le sei del mattino, avevano già lasciato il motel.

    - Justin doveva essere più chiaro...dove lo ritroviamo adesso quel moccioso?- fece notare Sean che questa volta aveva deciso di prendere la macchina del padre per spostarsi.
    Stavano girando per la città in cerca di un segno. Betsy sperava che suo fratello Justin le desse qualche altra indicazione, ma doveva aspettarsi che quella fosse solo una fantasia da sciocchi.
    - E dimmi com'è?- le chiese poi Sean.
    - Chi?
    Betsy finse di non capire.
    - Andiamo Bet, Justin chi altri? Com'è quando lo vedi? Felice, triste, incazzato...com'è?
    Betsy si sistemò sul sedile e scrollò le spalle.
    - E'...Justin.
    Sean non aggiunse altro e Betsy si ritrovò a tirare un sospiro di sollievo. Passarono di nuovo davanti casa Lewis e che fosse un segno o no, il bambino in bicicletta era di nuovo lì di fronte.
    - Un po' prestino bambino per andare a spassino....- ironizzò Sean sul fatto che quel ragazzino si trovava di nuovo sul luogo dove era stato commesso l'omicidio.
    Il bambino in bici s'accorse della Ford grigia e riconobbe chi ci stava dentro perché prese a pedalare lontano, velocemente. Sean gli andò dietro e fermò la macchina solo quando s'accorse che era entrato all'interno di un parco giochi con la sua bici. Sean e Betsy s'affrettarono a scendere dalla macchina e lo seguirono. S'aspettarono di doverlo cercare perché fosse scappato; invece lo trovarono seduto su una panchina a giocherellare con la punta di una scarpa con i ciottoli che erano a terra. Betsy fece cenno con una mano a Sean di fermarsi; il fratello non era mai stato bravo con i bambini, e uscirsene con una delle sue battute non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione.
    - Ciao!- esordì sedendoglisi vicino- Ti sei svegliato presto anche tu?
    Il ragazzino la guardò e Betsy non poté fare a meno di notare le borse profonde che aveva sotto gli occhi.
    - Io veramente non ho dormito.- rispose con naturalezza nella voce- Non dormo mai.....
    Betsy lanciò una veloce occhiata a Sean.
    - Da quanto tempo non dormi?- domandò poi.
    Il bambino parve rifletterci sopra prima di rispondere:
    - Da quando sono andato a trovare mia nonna al cimitero. Ho visto una tomba aperta nel terreno. E c'era un uomo che la vegliava. Mi ha guardato e da allora non ho più dormito.
    - Un uomo? E che occhi aveva quell'uomo?- chiese Sean avvicinandosi- Neri?
    Il ragazzino scosse la testa.
    - No. Rossi.
    Sean guardò sua sorella e poi di nuovo il ragazzino. Occhi rossi...sapeva per esperienza che la maggior parte dei demoni si riconosceva dal colore scuro dei loro occhi, scuro come la loro anima. Un uomo dagli occhi rossi era completamente fuori dalla loro portata....
    - Nathan era con me..quello che ha ammazzato la madre e anche lui non dormiva più- proseguì il bambino- Anche io diventerò matto come è diventato matto lui?
    Quelle parole gettarono nuova luce sull'intera situazione: sia Nathan che quel ragazzino avevano assistito a qualcosa nel cimitero, e da allora erano stati privati del sonno. Tutto stava nello scoprire chi era quell'uomo “dagli occhi rossi”.
    - No, tu non morirai. E' una promessa.- gli rispose Sean.
    Non sapeva dove iniziare a indagare e desiderò per un momento che ci fossero Bobby e suo padre lì con lui. Di certo gli avrebbero dato qualche dritta su come muoversi. Lui e Betsy erano soli in un mondo che conoscevano da poco, e non erano pronti per affrontare le sue insidie; troppe erano ancora le cose che non sapevano sui demoni.

    Qualche ora dopo lui e Betsy si trovavano in due postazioni diverse di un internet point, ma la ricerca “demone con occhi rossi” aveva solo prodotto futili risultati.
    - Se solo potessimo parlare con Bobby...- sospirò Sean- O magari Castiel potrebbe anche tornare a farci visita invece di apparirti solo la notte mentre dormi! Maniaco...
    Una ragazza che sedeva nella postazione lì vicino guardò Sean e aggrottò la fronte.
    - Ma sei scemo, vuoi parlare piano?- lo rimproverò Betsy facendosi rossa in viso apparentemente senza motivo.
    Poi richiamò l'attenzione del fratello: aveva finalmente trovato qualcosa.
    - Qui dice che alcuni demoni di livello superiore anziché mostrarsi con gli occhi neri mostrano due fuochi al posto delle iridi, e non sono demoni che si sconfiggono solo con un esorcismo e dell'acqua santa.
    - E con cosa?- chiese Sean.
    - Non lo dice..però riporta una specie di rituale...con una formula latina per evocarlo...
    Prima ancora che Betsy potesse aggiungere qualcos'altro, Sean raggiunse il suo computer selezionò tutto l'articolo e azionò la stampante. Non sapeva se fidarsi o meno di quell'articolo trovato su un sito internet che parlava di stregoneria e demonologia, ma era pur sempre un punto di partenza. Guardò Betsy e lasciò la sua postazione internet facendo l'occhiolino a quella ragazza seduta accanto a lui che prima l'aveva guardato di traverso. Cacciatore o no, credeva di avere ancora un certo ascendente sulle ragazze.

    Il rituale era piuttosto banale e l'occorrente (candele e spezie maleodoranti) fu di facile reperibilità.
    - Se qualcosa va storto la colpa è solamente tua!- disse Betsy prima di sedersi al centro del cerchio di sale che aveva appena fatto sul pavimento della stanza del motel.
    Sean ne era al di fuori, armato del suo fucile caricato a sale. Non lo avrebbe mai ammesso, ma con quell'arma in mano si sentiva decisamente a suo agio.
    - Facciamo causa al sito internet!- rispose lui rassicurandola con un sorriso.
    Betsy fece un bel respiro profondo, quindi si mise davanti agli occhi la formula che avevano stampata e fece per leggerla quando qualcuno gliela strappò dalle mani. La ragazza alzò un poco lo sguardo e si ritrovò accanto alla faccia il lembo di un impermeabile beige. Castiel diede un'occhiata veloce alla formula che accartocciò con una mano riducendola in minuscoli pezzi.
    - Utile quanto una parabola letta a uno sordo.
    Sean fissò l'angelo e resistette alla voglia di puntare il fucile contro di lui. Come sua sorella, lo riteneva in parte responsabile della morte di Justin; lo erano tutti in fondo.
    - Appari di giorno e per una volta tanto quando mia sorella è completamente vestita!- lo provocò- Lascia stare, non aiutarci. Non vorrei ritrovarmi con un altro membro della famiglia in meno.
    Betsy fissò suo fratello paonazza in volto; gliel'avrebbe fatta pagare per quella sua stupida battuta....Castiel al contrario non si scompose e restò impassibile a quelle parole che sembrarono scivolargli sull'impermeabile.
    - Non potete evocare il demone....- continuò l'angelo.
    Sean s'aspettò una paternale del tipo “tu sei solo un ragazzo inesperto con un fucile in mano, mentre io sono un angelo del Signore anche se non ho potuto salvare tuo fratello e impedire che i demoni ti rovinassero la vita.” Aveva parecchie cose da controbattere a una spiegazione simile...
    Invece ciò che disse in seguito Castiel lo spiazzò:
    - Non potete evocare il demone in questo modo.- indicò il sale e le candele comprate in uno degli empori della città a poco prezzo.
    - E cosa suggerisci allora? Quel bambino morirà se non facciamo qualcosa!- obiettò Sean curioso di sapere dove l'angelo volesse arrivare.
    Betsy era rimasta per tutto il tempo seduta al centro del cerchio con la testa bassa, incredibilmente messa a disagio dalle battute idiote del fratello. Fortuna che Castiel non sembrava capire il suo stupido umorismo. Forse perché sua madre le aveva insegnato a confidare in Dio e negli angeli, ricordava bene che prima di lasciarla Allyson Pullman la portava spesso in chiesa. E Castiel era quanto di più aveva che s'avvicinava al pensiero della madre morta da tempo. Uno di quegli angeli nei quali Allyson confidava.
    Castiel parve annuire con la testa alle parole di Sean.
    - State pronti!- aggiunse.
    Quindi prese a parlare in una lingua che Betsy e Sean non avevano mai udito in vita loro. Passò appena qualche secondo e nella stanza comparve il demone che sia Nathan che il ragazzino dovevano aver visto al cimitero, il demone che sembrava privare gli esseri umani del sonno. Besty scattò in piedi e fece per uscire dal cerchio di sale, ma Castiel glielo impedì bloccandola per una spalla e tenendola ferma. Sean sollevò il fucile e sparò centrando il demone in pieno petto, anche se quel colpo non sorbì alcun effetto. Castiel svanì per ricomparire alle spalle del demone, il quale aveva riso della pallottola di sale. Afferrò il demonio per la nuca e quando ripeté alcune parole nella stessa lingua che aveva utilizzata poco prima, dalla bocca del demone fuoriuscì del fumo nero che si dissolse nel soffitto. Il corpo che aveva ospitato il demonio cadde riverso a terra, privo di sensi. Sean restò con il fucile puntato, impietrito da ciò che era accaduto. Betsy restò ferma dov'era a fissare l'uomo svenuto sul pavimento. Castiel s'avvicinò a Sean con passi pesanti e sicuri, e senza neppure toccarla abbassò la canna del fucile.
    - Che tu ce l'abbia con me o con Dio, Sean Gravestone, farai bene a riconsiderare quello che senti.- gli sibilò a pochi centimetri dalla faccia, con quel suo solito tono di voce glaciale e pacato allo stesso tempo.
    Sean non riuscì a sostenere quegli occhi di ghiaccio, e abbassò lo sguardo intimorito. L'angelo in quell'istante gli faceva quasi paura. Betsy uscì dal cerchio di sale molto lentamente, sentendo che il pericolo era passato. Castiel voltò un poco la testa per guardarla ma non mutò espressione.
    - Un demone è a piede libero;- proseguì l'angelo- dovreste già essere sulle sue tracce anziché stare qui a commiserare le vostre vite. Dio ha altre cose da fare che ascoltare i vostri piagnistei. E anche io.
    Fece una pausa e fissò Sean così intensamente che il ragazzo pensò volesse comunicargli qualcosa. Quindi svanì in un battito d'ali. Sean e Betsy si guardarono confusi e disorientati da quanto era appena accaduto. L'angelo li aveva rimproverati duramente sebbene fosse venuto in loro soccorso. Chissà quali e quanti guai avrebbero combinato da soli in quella stanza, in presenza di quel demone. E capirono che in fondo soli non lo erano mai stati; Castiel vigilava su di loro silenzioso e protettivo.
    E Sean stava per proporre di lasciare il motel e mettersi alla ricerca di quel demone, quando il suo cellulare prese a squillare. Senza posare il fucile si mosse per recuperarlo all'interno di una delle sue sacche, e quando lesse sul display il nome di Bobby gli si inumidirono gli occhi di lacrime.
    - Gravestone non mi stupirei se dovessi correre a salvare il culo a te e a tua sorella!- esordì il cacciatore.
    Bobby e i Gravestone s'accordarono poi per vedersi in un posto chiamato Roadhouse, una sorta di locale- ritrovo dei cacciatori di demoni. Quando Bobby riagganciò si rifece serio e guardò Castiel, apparso poco prima alle sue spalle. I due si scambiarono un'occhiata eloquente prima di lasciare la stanza e raggiungere la Panic Room, quella camera blindata a prova di demoni che Bobby si era costruito come un rifugio antiatomico.
    - Se andrò all'inferno per causa di questa cosa- disse Bobby all'angelo sistemandosi la visiera del cappello- voglio che mi vieni a prendere e che mi tiri fuori lasciandomi uno dei tuoi tatuaggi poco originali. Ma ti vieto di toccarmi su ogni altra parte del corpo che non siano le braccia.
    Castiel neppure rispose a quelle parole. Tutto era pronto, l'ordine delle cose si preparava ad essere capovolto.

    Nella Panic Room disposto sopra il tavolo al centro della stanza attendeva, reso freddo ed esangue dalla morte, il corpo del minore dei fratelli Gravestone.
     
    Top
    .
  8. dani61
     
    .

    User deleted


    Una nuova stagione che si prospetta molto appassionante - come del resto me l'aspettavo. E' sempre un piacere leggere la tua storia, scrivi egregiamente e i complimenti sembreranno superflui, comunque te li faccio lo stesso e ti dico anche BRAVISSIMA !!!!
     
    Top
    .
  9. Angela1993
     
    .

    User deleted


    Oddio! Ma... ma che succede?! :woot: :woot:
    Questa giunge proprio inaspettata... che diavolo ci fa lì il corpo di Justin?
    E perchè Bobby dovrebbe rischiare di finire al'inferno? Ma che è successo durante tutto questo tempo? :woot:
    A quanto pare i prossimi episodi si prospettano parecchio interessanti...
     
    Top
    .
  10. DeanLover
     
    .

    User deleted


    ma...ma...ma non puoi terminare il capitolo con un cliffhangerone del genere.
    Complimenti.
     
    Top
    .
  11. Vivaldi4love
     
    .

    User deleted


    Ale cara... vuoi ucciderci tutti?
    Che hanno in mente Bobby e Cass con quel che resta del piccolo Justin???
    :O
    Ottimo capitolo, bravissima ^^
     
    Top
    .
  12. Bet Grave
     
    .

    User deleted


    Ragazzuoliii!!! (sono Ale se non l'avevate capito ancora xD) Purtroppo ho dovuto interrompere per motivi di lavoro la stesura della Fan Fiction ma le acque finalmente si stanno calmando e riprenderò presto a scrivere. Yepppppp!!! A presto!!! Pazientate ancora!! E scusatemi.... :( :(
     
    Top
    .
  13. Bet Grave
     
    .

    User deleted


    Scusandomi ancora per la lunga assenza (ma purtroppo non si vive di Fan Fiction e scrittura PURTROPPO :cry: :cry: ) vi posto di seguito la terza puntata della seconda stagione......grazie e scusate ancora per l'attesa!!!! :wub:

    image



    2x03 "Bring me to life"
    Info
    Titolo originale: Bring me to life
    Episodio: 2x03
    Data messa in onda: 27/12/10
    Scritto da: Alessandra Paoloni
    Prodotto da: Supernatural Legend
    (tutti i diritti riservati)


    - We are young, we are strong, We're not looking for where we belong We're not cool We are free And we're running with blood on our knees.....
    Betsy fissava suo fratello cantare mentre teneva in una mano una candela e nell'altra un accendino. Si, Sean era decisamente impazzito non c'era altra spiegazione. Mettersi a canticchiare il ritornello di una canzone pop in un momento simile significava che il ragazzo non era solo fuori luogo; era fuori di testa. Sean la guardò a sua volta con un'espressione che stava a dire “cosa c'è che non va”, e Betsy preferì scuotere la testa e dare inizio al rituale. La notte era scesa da un bel pezzo, e il silenzio che regnava nel cimitero di Nashville era divenuto oramai un rumore talmente fastidioso che la ragazza voleva solo concludere al più presto e lasciare quel posto. Il demone evocato e liberato da Castiel se ne stava ancora in giro, annidato in qualche altro corpo che aveva infettato impunemente. Era ancora lì attorno lo sapevano bene perché Scott, il ragazzino che aveva perso il sonno, erano oramai più di quattro giorni che non dormiva. E aveva iniziato a dare i numeri; c'era chi l'aveva avvistato camminare sulla grondaia del suo tetto perché voleva abbracciare la luna rischiando di cadere e di spezzarsi l'osso del collo, e infine aveva preso a far del male agli altri oltre che a se stesso. Andava aiutato, al più presto, prima che potesse fare la fine di Nathan il quale si era impiccato in cella. Sean e Betsy, dopo non poche ricerche, avevano finalmente trovato il modo di evocare il demone e rispedirlo all'inferno. Era stato Bobby in realtà a suggerire loro quella soluzione. Risentire il cacciatore dopo quel lungo periodo di silenzio aveva rasserenato non poco i Gravestone; c'era qualcuno almeno che li attendeva e che teneva soprattutto alla loro incolumità. “Vedete di pronunciare bene l'incantesimo, sbadati ragazzini” aveva concluso “ o devo venire a recuperarvi in qualche fottuta realtà parallela dove gli uomini al posto degli occhi hanno le loro...” e Sean aveva preferito non rivelare alla sorella la fine di quella frase.
    - Sei pronto?- domandò Betsy a suo fratello.
    Sean smise di canticchiare, e le fece l'occhiolino alzando il suo fucile. Aveva solo tre colpi, caricati con pallottole incamiciate in ferro. I colpi erano tre ma non perché se sbagliava il primo aveva gli altri due di riserva; Sean doveva utilizzarli tutti e senza sbagliare mira. O sarebbe stata la fine.
    Betsy attese ancora qualche secondo, quindi accese la candela. Si trovavano esattamente agli opposti della tomba dove Scott aveva detto loro fosse uscito il demone dagli occhi rossi. Bobby trovò la cosa alquanto strana visto che i demoni non erano soliti “uscire dalle tombe”, e disse che avrebbe fatto delle ricerche in proposito. Ma Bobby non era lì con loro in quel momento, e Sean desiderò con tutto il cuore invece che il cacciatore ci fosse. Tirò un profondo respiro e impugnò ancora più saldamente la sua arma. Betsy prese a recitare una formula in una lingua che non conosceva. Sempre grazie all'aiuto di Bobby, aveva imparato per telefono l'esatta pronuncia di quelle parole. Non era latino, né tanto meno greco e forse non era neppure una lingua parlata dagli uomini. Non appena la ragazza cessò di parlare, la fiamma della candela si spense. Il cuore le mancò di un battito e fissò gli occhi in quelli del fratello, in trepidante attesa come lei. Non accadde nulla, nessun demone si materializzò di fronte a loro.
    - Forse non ha funzio...
    Betsy non completò la frase perché venne spinta all'interno della fossa dove sbatté la faccia contro la bara seminascosta dal terriccio. Sean non ebbe neppure il tempo di chiedere a sua sorella se andava tutto bene. Di fronte a sé, dove poco prima se n'era stata sua sorella a recitare il rituale era apparso un ragazzo, alto biondo, con un piercing sul sopracciglio che risplendeva alla luce della luna. Questa volta il demone s'era trovato il corpo di un liceale, forse il bullo della scuola. Sean non perse nemmeno un istante e le parole di Bobby gli risuonarono nella mente come un disco registrato: “colpisci una volta allo stomaco, una volta al cuore e una volta alla fronte. Il rituale che reciterete non solo evocherà il demone ma lo terrà bloccato per un massimo di quindici secondi. Hai quindici secondi per salvare il tuo culo e quello di tua sorella. Credi di farcela?” Sean rispose risoluto che sarebbe stato un gioco da ragazzi, per poi pentirsene subito. Quindici miseri secondi per sparare e fregare quel demone. Quindici maledetti secondi per proteggere ciò che era rimasto della sua famiglia.
    - Bobby dovresti vedermi...- disse parlando a se stesso mentre fece partire il primo colpo.
    Betsy si tappò le orecchie con le mani e restò ferma dov'era pregando che il fratello non mancasse la mira nessuna delle tre volte. O avrebbero dovuto affrontare il demone come meglio sapevano fare: scappando. Contò il primo colpo, poi il secondo, e infine il terzo; poi silenzio. Un silenzio che durò più di quindici secondi, un silenzio che sembrò durare una vita. Poi Betsy udì un tonfo, come di un corpo che cade sul terreno. “Sean” pensò con il cuore stretto in una morsa, e alzò il capo per ritrovarsi la faccia del fratello che la fissava al di sopra della fossa con un'aria soddisfatta dipinta sul volto.
    - Allora Bet vuoi restare là sdraiata tutta la notte?- le domandò.
    Betsy si rimise in piedi e aiutata dal fratello uscì fuori dalla tomba. Si voltò subito a guardare il corpo del ragazzo svenuto a terra.
    - E' vivo?- chiese temendo che quei colpi l'avessero ucciso.
    Sean assentì con la testa e prese a raccogliere tutto il suo armamentario. C'era riuscito, si era liberato di quel demone in meno di quindici secondi. Bobby, e soprattutto suo padre, ne sarebbero stati fieri. Cercò di camuffare il fatto che ora le mani gli tremavano tremendamente mentre riponeva il suo fucile nella fodera. Betsy guardò il fratello meravigliata.
    - Wow! Ma come hai fatto...voglio dire....
    - La fortuna del principiante.- s'affrettò a risponderle Sean.
    Betsy non aggiunse altro e seguì il fratello fuori dal cimitero senza guardarsi indietro. Sean, troppo preso dall'entusiasmo per ciò che aveva fatto, non perse tempo a chiedersi come fosse riuscito a non mancare un colpo nonostante fosse notte e sapesse maneggiare un fucile da così poco tempo. Ci sarebbe stato tempo per le domande; ora si godeva quella sua piccola grande vittoria. E riprese a cantare: “We are young, we are strong, We're not looking for where we belong We're not cool We are free And we're running with blood on our knees.....”. Betsy si unì a lui e in quel modo lasciarono prima il cimitero, poi la città.

    Scott Jefferson da quella notte riprese a dormire sonni lunghi e tranquilli.

    (Sioux Falls, South Dakota)

    Anisha s'avventò contro la porta battendola con entrambi i pugni; chi l'avesse vista in quel momento avrebbe di certo chiamato la polizia. Bobby s'aspettava una reazione simile e quando le andò ad aprire nemmeno fece in tempo a salutarla che la medium gli rifilò parole davvero poco carine a dirsi da parte di una donna come lei. Tra uno sproloquio e l'altro ci infilò in mezzo qualche maledizione e infine tirò un lungo sospiro e fissò il cacciatore. Bobby non la interruppe durante quel suo lungo monologo con il quale l'aveva insultato più volte; sapeva non fosse prudente interrompere Anisha in quei particolari momenti. La medium lo fissò negli occhi e gli rivolse solo una parola:
    - Dov'è?
    Bobby senza risponderle le fece cenno di precederlo. Scesero delle scale buie, e Anisha arricciò il naso per lo sgradevole odore di chiuso che le invadeva le narici. Si ritrovarono di fronte a una porta blindata, e guardandola la medium rabbrividì. La sensazione che la Morte fosse stata lì in quel luogo le fece scorrere un brivido lungo tutta la schiena. Solo di fronte alla porta della Panic Room, Bobby la precedette per aprirla. Anisha si bloccò sulle sue stesse gambe e quando la pesante anta di ferro venne spalancata trattenne il respiro. Non badò a Castiel immobile poco lontano dal tavolo, con lo sguardo accigliato e l'espressione contrita. Sembrava stesse piangendo....
    Anisha posò gli occhi sul ragazzo seduto con le gambe a penzoloni sul tavolo e nel momento in cui lei lo guardò, Justin alzò i suoi occhi su di lei. Anisha sentì come se qualcuno l'avesse colpita con un pugno. Chiuse le palpebre e poi le riaprì. Justin era ancora lì. Il ragazzo sembrava spaesato, non accennò una sillaba né un movimento. Anisha riprese a respirare normalmente e prima ancora che potesse pensarlo, era già piombata all'interno della stanza. A braccia aperte si tuffò sul corpo “vivo” di Justin e lo abbracciò. Castiel fece un ulteriore passo indietro, sentendosi quasi di troppo in quel momento. Bobby trattenne a stento un sorriso e si sistemò il berretto sulla testa. Era ora di chiamare anche gli altri lo sapeva bene; ma restò lì fermo dov'era a guardare Anisha che teneva stretto tra le braccia Justin, quasi temesse il ragazzo li lasciasse di nuovo.

    Sean e Betsy, stanchi del viaggio, si erano fermati per la notte in un motel lungo la strada che portava al Roadhouse, nel Nebraska. L'eliminazione del demone aveva risollevato un poco il morale dei due fratelli, ma quell'euforia stava già scemando. Sean, seduto sul suo letto (uno dei più scomodi nei quali aveva mai dormito fino ad allora), sfogliava distrattamente un paio di quotidiani convinto che vi avrebbero trovato qualcosa che faceva al caso loro. Betsy finiva la sua cena accoccolata sul ripiano di pietra che si trovava sotto l'unica finestra della stanza. Guardava fuori, come se aspettasse l'arrivo di qualcuno. Si stava chiedendo dove fosse in quel momento suo padre, mentre il peso per la mancanza di Justin iniziava a farsi sentire di più ogni giorno che passava. Con il tempo passa ogni cosa, dicevano.....Non c'era menzogna più grande di quella. Niente poteva cambiare quello che era accaduto negli ultimi mesi, il tempo avrebbe solo dilatato i ricordi e resa più profonda la mancanza di suo fratello.
    - Bet, vieni qua.
    Betsy si voltò a guardare Sean che le aveva fatto cenno di sedersi accanto a lui. Il maggiore dei Gravestone faceva uno sforzo enorme per cercare di proteggere sua sorella, ma doveva riconoscere che stava fallendo. Poteva anche averla difesa da un demone ma dal dolore non avrebbe mai potuto proteggerla. A mala pena riusciva a trovare lui una motivazione per andare avanti. Ma aveva perso troppo negli ultimi mesi, non poteva permettere a sua sorella di lasciarsi andare così.
    Betsy s'alzò di mala voglia posando il suo panino mangiucchiato sul tavolo. Si sedette accanto a suo fratello e Sean le circondò le spalle con un braccio attirandola a sé. Gli venne alla mente un ricordo, di quando erano bambini e Betsy non faceva altro che piangere da giorni perché il suo micio (quell'ammasso di peli grigi che Sean si divertiva a punzecchiare) era stato investito da un auto proprio davanti casa. Anche allora era stato lui a consolarla; Justin era ancora piccolo per farlo e suo padre, come in quel momento, era stato assente per motivi di lavoro. Ricordava di averla abbracciarla proprio in quel modo, nella sua cameretta, con la promessa che le avrebbe comprato un gatto nuovo. In realtà il giorno seguente era tornato a casa con un gatto di pezza, di fronte al quale Betsy aveva fatto prima una smorfia e poi era esplosa a ridere.
    - Almeno di questo non calpesterò la pupù.- aveva commentato Sean.
    Betsy tenne quel gatto di pezza fino ad allora, e in quel momento doveva trovarsi su una mensola della sua camera a Carson City. Che stupido ricordo gli era tornato alla mente in un momento del genere. Cosa poteva risolvere adesso un misero pupazzo di pezza?
    - Bet...
    - Dimmi Sean..- rispose Betsy con voce roca.
    Stava quasi per coglierla il sonno. Sean restò in silenzio a pensare a qualche frase da rivolgere alla sorella, qualcosa che la facesse ridere, qualcosa che potesse distrarla. Ma non gli venne in mente nulla e l'aneddoto del gatto di peluche era davvero fuori luogo.
    - Nulla Bet, dormi.- le sussurrò restando fermo nella posizione in cui si trovava.
    Betsy s'addormentò poco dopo e Sean, facendo attenzione a non svegliarla, la fece stendere sul suo letto e la coprì con il lenzuolo.
    Il ragazzo recuperò i quotidiani tornando a sfogliarli, convinto che quella notte non avrebbe chiuso occhio.

    La testa prese a ciondolargli e le palpebre a chiudersi; ma fu proprio in quell'istante che un movimento simile a uno spostamento d'aria lo fece ridestare. Sean voltò la testa verso uno degli angoli della stanza e riconobbe subito la figura di Castiel. L'angelo se ne stava, come suo solito, impeccabilmente immobile. Sembrava davvero, e letteralmente, un soldato del Cielo. Sean lanciò un'occhiata a sua sorella, che Castiel stava fissando. Betsy sembrava dormire un sonno tranquillo, anche se ogni tanto corrugava la fronte e più di una volta aveva preso a stringere la federa del cuscino con una mano. Sean aveva comunque preferito non svegliarla; se avesse fatto un brutto sogno comunque Betsy si sarebbe destata da sola, urlando. Sean tornò a guardare l'angelo e gli fece cenno con il capo di seguirlo fuori dalla stanza. Castiel, senza neppure spostare gli occhi su di lui, capì le intenzione del ragazzo e svanì per ricomparire fuori nel corridoio deserto ed attendere il maggiore dei Gravestone. Sean aprì la porta lentamente e allo stesso modo la richiuse.
    - Che cosa vuoi?- tagliò corto.
    Non sapeva spiegarsene il motivo, ma la presenza dell'angelo lo infastidiva. Più di una volta li aveva salvati e aiutati eppure ancora non riusciva a fidarsi completamente di lui. Forse perché non gli andava troppo a genio quel suo modo di fare, comparire e svanire successivamente senza dare alcuna spiegazione. Lui era un angelo del Signore, perché allora permetteva che loro soffrissero così tanto? Non poteva fare qualche “abracadabra” e riportare le cose come stavano prima della scoperta della caccia ai demoni e di tutto quello che ne era seguito?
    - Non posso rispondere a nessuna delle tue domande, Sean.- disse Castiel leggendogli nella mente.
    L'angelo badò bene a celare le sue preoccupazioni; gli era rimasto poco tempo. Sapeva che tra non molto lo avrebbero cercato per punirlo. Aveva disubbidito restando accanto ai Gravestone e non si era fermato lì; aveva sovvertito l'ordine delle cose, riportando Justin in vita.
    Era caduto. Aveva firmato di suo pugno la sua condanna a morte. E proprio per questo motivo non poteva tergiversare, doveva completare l'opera da lui iniziata.
    - Justin, è vivo.- rivelò in un sussurro nel suo tono atono che nascondeva bene ogni sua emozione.
    Seguì il silenzio. Sean restò a contemplare il volto dell'angelo senza aprire bocca. Che scherzo era quello? Quella creatura giocava con il fuoco, come si permetteva di fare il nome di suo fratello e illuderlo in quel modo?
    - Figlio di puttana!- ringhiò prima di assestargli un pugno sul viso.
    Pugno che non mosse di un millimetro il viso di Castiel, ma che procurò un lancinante dolore alla mano di Sean che riuscì a trattenere a stento un grido. Si portò la mano al petto, il volto contratto in una smorfia di sofferenza.
    La porta della stanza si aprì lentamente e Betsy comparve sulla soglia con gli occhi gonfi di lacrime. Guardò prima Sean, poi Castiel e ancora Sean. L'angelo capì subito che la ragazza aveva sognato il fratello appena tornato in vita. Il volto di Sean, non appena posò gli occhi su sua sorella, si trasfigurò e il dolore per la mano che per poco non si rompeva svanì di colpo. I due Gravestone si scambiarono una lunga occhiata e Castiel capì finalmente perché aveva sfidato il volere del Cielo.
    A modo suo, rischiando ora di essere eliminato dai suoi simili, aveva compiuto un piccolo miracolo. La sua lunga permanenza sulla terra, camminare affianco degli uomini e aiutarli a contrastare il Male era valso a qualcosa.
    Ci fu un istante di silenzio, durante il quale nessuno dei tre proferì parola. Castiel ne approfittò per allungare una mano verso Betsy e afferrarla per una spalla. Fece lo stesso con Sean e ancora prima che i due ragazzi riuscissero a dire qualcosa, Castiel li teletrasportò via con sé.
    Betsy e Sean ebbero come l'impressione di venir risucchiati da un vortice che attraversarono a bordo di scomode montagne russe senza cinture di sicurezza. Un attimo prima erano nello spoglio corridoio di quel motel, l'attimo successivo in una calda stanza illuminata solo dalle fiamme di un camino acceso. Betsy sentì le orecchie fischiarle come se i timpani dovessero esploderle, mentre Sean fu costretto a piegarsi in due per una forte fitta allo stomaco.
    - E' così la prima volta. Fa sempre molto male...- commentò Castiel che li lasciò andare una volta portati a destinazione.
    Li aveva condotti in casa di Anisha, a Castle Rock.
    Sean sollevò un poco la testa verso l'angelo per chiedergli se per caso la sua fosse una stupida battuta con riferimento sessuale, quando la sua visuale fu completamente catturata da un'altra figura presente nella stanza.
    Per poco non ci restò secco. Si rialzò velocemente in tutta la sua statura e fece un passo indietro cercando con una mano Betsy che stava fissando nella sua stessa direzione. Per un attimo i due Gravestone credettero di essere in una realtà parallela, intrappolati in una delle visioni oniriche di Betsy.

    Justin...

    Justin era lì di fronte a loro, accanto alle fiamme del camino e li osservava senza muoversi. Anche lui forse era preda delle stesse domande che perseguitavano Sean e Betsy.
    Era dunque tutto vero? Justin era davvero vivo? Eppure Betsy l'aveva visto morire davanti ai suoi occhi...
    - Jus...- sussurrò con voce così flebile la ragazza che lei stessa faticò a udirsi.
    Sean lasciò la mano di Betsy e s'avvicinò molto lentamente a Justin. Lo scrutò con occhio indagatore e sospettoso, come se ancora stentasse a credere a quello che aveva davanti. Ma quando fu a pochissimi passi da lui cedette all'emozione e che Justin fosse una visione o meno, che fosse un fantasma o qualche altra stramberia che sarebbe svanita una volta sfiorata, Sean gli posò entrambe le mani sulle spalle e lo attirò a sé per abbracciarlo. E solo allora Justin scoppiò in una risata liberatoria.
    - Credevo ti presentassi col tuo fucile!- gli disse il ragazzo ricambiando la stretta del fratello.
    Da che ricordavano entrambi, quella era la prima volta che s'abbracciavano in quella maniera. Justin, gli occhi lucidi per le lacrime che rilucevano alla luce delle fiamme, guardò Betsy avvicinarsi. Sua sorella indossava il suo pigiama; Castiel doveva averli colti nel sonno. Sean liberò il fratello dal suo abbraccio e ancora incredulo per quanto stava avvenendo incrociò lo sguardo con quello di Anisha, che in un angolo della stanza guardava la scena versando fiumi di lacrime. Tutto era talmente assurdo, inconcepibile che lasciò Sean privo dell'uso della parola. Questa volta fu Justin a fiondarsi su sua sorella, tremante per l'emozione. Betsy si lasciò abbracciare, con le braccia tese lungo i fianchi, incapace di utilizzare i muscoli del corpo. Pianse lacrime silenziose dagli occhi sgranati per l'incredulità.
    Non stava sognando. Justin era davvero lì, Justin era vivo.
    L'istante dopo i fratelli Gravestone si ritrovarono a parlare tutti e tre assieme frasi sconnesse e senza senso; Sean lasciava andare risate nervose mentre Betsy non si trattenne dal versare lacrime più di una volta. Anisha s'avvicinò lentamente ai ragazzi, felice di rivederli tutti e tre assieme. La medium poi lanciò un'occhiata a Castiel che osservava la scena poco distante. Non importava come e perché lo avesse fatto; l'angelo aveva riportato indietro Justin. Ed era tutto ciò che importava in quel preciso istante. Ci sarebbe stato tempo per le domande e anche per i rimproveri. Ma non ora, adesso era tempo di ritrovarsi e di stare di nuovo assieme.
    Ma quell'atmosfera non durò per molto....

    Le fiamme del camino si spensero come se qualcuno vi avesse soffiato sopra. Castiel s'irrigidì e sembrò fiutare l'aria attorno come un segugio. No, non erano i suoi Fratelli ma comunque nella stanza con loro c'era qualcosa. Sean Betsy e Justin s'ammutolirono di colpo consapevoli che qualcosa stesse per accadere. Anisha lo capì subito: non si trattava né di un demone o di un fantasma. Era piuttosto un'ombra di morte, qualcosa che era venuto a reclamare quello che gli era stato sottratto.
    Ovvero: Justin.
    Anisha sapeva che le “ombre di morte” non erano creature né infernali né celesti. Stavano nel mezzo e “collaboravano” con la Morte pur essendone sottomesse. E avevano il compito di riportare nella tomba qualunque cosa ne uscisse fuori, fatta eccezione per i vampiri o i demoni ai quali non osavano invece accostarsi.
    Justin era un essere umano al quale era stata ridata la vita, ma che al contrario doveva già trovarsi ad imputridire in una tomba. Questo cambiamento nei piani dell'ordine universale dettati da Colui che non si mostrava mai, scombinava le tessere del domino che fin dalla creazione dell'uomo avevano preso a cadere, le quali si sarebbero arrestate solo alla fine di tempi. Tolta una tessera tutto il mosaico veniva messo in disordine, sconquassato, distrutto.
    Justin era questo: un pezzo del puzzle posizionato al posto sbagliato.
    L'Ombra di morte, che era davvero letteralmente un'ombra che si muoveva veloce tra le cose nella stanza, attraversandole o passandovi affianco, puntò Castiel. L'angelo fece scivolare dalla manica dell'impermeabile il suo pugnale anche se sapeva bene non sarebbe servito a nulla in quel caso. Prima che potesse fare qualsiasi cosa una luce abbagliante rischiarò la stanza e tutti i presenti furono costretti a chiudere gli occhi. Quando Anisha e i fratelli Gravestone li riaprirono, Castiel era svanito e la stanza era tornata nel buio più profondo. L'Ombra di morte l'aveva scacciato via. Solo allora, risvegliatosi dalla meraviglia per quanto stava avvenendo, Sean gridò:
    - Via, scappate!
    Non riusciva a vedere nulla e afferrò le braccia dei suoi fratelli per condurli lontani da lì, verso una salvezza che non distingueva nel buio. Sentì Betsy gridare e Justin inciampò contro qualcosa. Non poteva vederla ma dal pavimento era sbucata fuori una mano che arpionò il ragazzo per una gamba facendolo cadere a terra e trascinandolo verso il camino. Justin fu costretto a lasciare il braccio di suo fratello e tentò di trovare un appiglio sul quale fare leva e impedire di essere portato via dall'Ombra.
    Non voleva lasciare di nuovo quella vita, non dopo aver riabbracciato la sua famiglia.
    Betsy e Sean gridarono all'unisono il suo nome, e nella stanza le urla dei tre Gravestone s'accavallarono tra di loro.
    Poi si sentì forte e chiara la voce di Anisha. Le Ombre di Morte non potevano essere distrutte ma le si potevano allontanare il tempo necessario per nascondersi ai loro occhi; la medium ne era a conoscenza.
    -Înapoi de unde ai venit, umbra morţii, viaţa întotdeauna câştigăAmbasada de întuneric!- recitò con voce seria e dura.
    Si sentì una sorta di strillo acuto e „la cosa” lasciò andare Justin che ricadde lungo disteso sul pavimento.
    - In cucina svelti!- comandò poi la medium- Chiudiamoci in un cerchio di sale!
    Justin scattò in piedi e assieme a Sean e Betsy seguirono la voce di Anisha e uscirono in corridoio per dirigersi in cucina. Solo la flebile luce della luna guidava i loro passi. Anisha provò ad accendere l'interruttore ma neppure le lampadine della cucina funzionavano, ma ricordava esattamente dove aveva lasciato il barattolo del sale, che recuperò dalla seconda mensola accanto al lavandino.
    - Venite qui, sono qui!- gridò ai tre fratelli Gravestone che guidati dalla sua voce, le furono subito accanto.
    Anisha compose attorno a se stessa e ai tre ragazzi un cerchio di sale; che fosse imperfetto non era importante, ma sarebbe servito lo stesso a costruire attorno a loro una sorta di muraglia addosso alla quale le ombre di morte sarebbero scivolate ignorando cosa vi fosse all'interno del cerchio.
    - E ora fate silenzio.- bisbigliò la medium stringendo forte nella mano il barattolo di sale.
    Sean strinse a sè Betsy e Justin. Per nulla al mondo questa volta avrebbe permesso che uno dei suoi fratelli gli venisse portato via. Betsy non riusciva a distinguere niente a causa dell'oscurità e le sembrava quasi di stare in mezzo al nulla ad aspettare il nulla. Justin, ancora confuso da tutto quello che gli era successo, restò immobile; la Vita la Morte poi la Vita e ora di nuovo la Morte. Sembrava se lo stessero contendendo, eppure non si reputava una „merce” così preziosa.

    E l'Ombra di morte tornò. S'insinuò tra i mobili della cucina, tra gli utensili, le dita innaturali pronte ad accalappiare quello per cui era giunta fin là. Anisha era consapevole del fatto che il cerchio di sale non li avrebbe protetti per l'eternità, ma dava loro del tempo per pensare a un modo di fuggire. Modo che non trovarono rintanati così stretti l'uni contro l'altro al centro della cucina, completamente disarmati. Dunque la „resurrezione” di Justin si concludeva in quella maniera? Non aveva avuto modo ancora di vedere la luce del giorno che già la Morte era venuta a reclamarlo? Castiel era caduto per nulla?
    E fu quando stavano per perdere le speranze che l'angelo ricomparve proprio vicino a loro. Solo Betsy s'accorse della sua presenza ma prima che potesse dire o fare qualcosa per richiamare l'attenzione degli altri, si ritrovò nella stanza del suo motel che aveva lasciata solo un'ora prima. Il teletrasporto causò nausea e giramenti di testa a tutti. A tutti tranne che a Justin.
    - Le ombre di morte non s'arrenderanno finché non ti avranno ripreso con sé, Justin.- gli disse Castiel- E' un rischio che sapevamo di correre, per questo Bobby si sta già dando da fare per trovare una soluzione al problema.
    Il ragazzo assentì con la testa. Quando s'era risvegliato nella Panic Room, il cacciatore l'aveva subito informato che non appena fosse giunta Anisha, lui sarebbe partito. Aveva detto ai suoi fratelli dove stava andando, e tutti e tre assieme lo avrebbero poi raggiunto.
    Justin guardò prima Sean e poi Betsy. La sua famiglia di nuovo riunita. Mancava suo padre ancora, e sebbene Justin morisse dalla voglia di rivederlo pensò fosse prudente aspettare.
    Era tornato in vita. Non ricordava quasi nulla di quello che gli era accaduto, piuttosto gli sembrava di essersi risvegliato da un lungo, lunghissimo sonno, una sorta di letargo naturale. E si sentiva frastornato, soprattutto dagli ultimi avvenimenti. Ma che fosse o no ricercato da quelle ombre di morte, Justin sorrise alla sua rinascita. Gli veniva offerta una seconda occasione e questa volta l'avrebbe sfruttata al massimo. Che Dio lo volesse o no, Castiel l'aveva riportato tra i vivi.
    Il suo viaggio poteva proseguire.
    S'avvicinò a Sean e Betsy, fissandoli.
    - Sono qui.- disse soltanto quasi per confermare il fatto che era tornato.

    Tornato per prendere parte a una battaglia che non era ancora iniziata ma da qualche parte il Malfas, il quarto figlio, era inevitabilmente venuto a conoscenza del ritorno di Justin.
    E attendeva ora solo il momento di poter incontrare di nuovo i suoi fratelli.

     
    Top
    .
  14. DeanLover
     
    .

    User deleted


    :wow: complimenti :)
     
    Top
    .
  15. John7776
     
    .

    User deleted


    finalmente sei ritornata :) complimenti mi piace continua così :)
     
    Top
    .
56 replies since 20/10/2010, 08:43   665 views
  Share  
.