Trash - Spazzatura

fanta storia ecologico/spirituale

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  1. sahany09
     
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    Grazie Gabrielle. :) E non preoccuparti per il ritardo della tua risposta.
    Innanzi tutto, le mie più vive congratulazioni per la tua laurea !!! Posso sapere in cosa? Se però non vuoi dirmelo, non importa. L'importante è che tu ci sia riuscita !!!


    Avviso per la prossima puntata della mia fiction.
    A parte attendere la nostra Bea, per la pubblicazione qui, dovrai aspettare qualche giorno in quanto intendo apportare una piccola modifica nella narrazione, quindi, non posto adesso il prossimo episodio. Cercherò, comunque di non farti/vi aspettare molto.
    A presto, spero. :)
     
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    Io sono una cercatrice del mistero e del paranormale, viaggio nel cuore della notte e caccio i vostri incubi..Vivo tra le tenebre e una nuova alba

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    Prego Sahany ^_^ Fai pure con comodo, siamo tutti qui ad aspettare ^_^ Ancora tante congratulazioni

    Grazie Sahany ^_^ Allora per dirti il nome della mia laurea ci vorrebbe un decennio, in quanto è lunghissima, ma posso dirti che è nella branca di Scienze Umani e Sociali ^_^ Infatti, dopo tanto tempo ci sono riuscita ^_^


    Buona festa dell'Annunciazione :kissing:
     
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  3. sahany09
     
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    Ok, mi basta così. Ho capito. :)


    Ragazze, per ora vi auguro una felicissima Pasqua.
    Ci si vede subito dopo !!
    Rimanete sintonizzate !!! :)
     
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  4. sahany09
     
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    Eccomi !! *si cosparge il capo di cenere e cammina in ginocchio su sassolini appuntiti per farsi perdonare dello spaventoso ritardo)*.

    Dov'eravamo rimaste?
    Stefano e Heron sono in volo verso la Siberia ma si fermano in America.....
    Ed ecco cosa accade in questa puntata.
    Buona lettura. :)

    TRASH - SPAZZATURA



    25) VISITA A WASHINGTON


    Washington

    Il permesso di atterrare gli fu accordato ma non prima di una specie di interrogatorio.
    "Da dove venite?" chiese la voce del controllore.
    "Europa, signore!" rispose Stefano con la sua voce sicura e squillante.
    All'altro capo, silenzio toccabile.
    "Europa?" esclamò la voce della torre, sinceramente meravigliata.
    "Sissignore" confermò Stefano, baldanzoso.
    "C'è qualcuno al di là dell'oceano?" domandò, palesemente stupita, la voce dalla torre di controllo.
    "Sissignore. - confermò Stefano, con orgoglio - Non siete i soli rimasti dopo..... - e qui si fermò anche lui dubbioso su come definire il passato inesistente - Dopo... Beh, insomma, dopo quello che è successo prima. Ma non mi chieda cosa è successo, per favore".
    Stefano udì un muggito.
    "D'accordo, d'accordo. - acconsentì la voce dalla torre - Qual è lo scopo della sua presenza nel nostro cielo?".
    "Turismo, signore! - rispose Stefano con una certa sfacciataggine - E cultura".
    Heron gli scoccò un'occhiata obliqua, divertita.
    Alla risposta di Stefano, seguì un secondo muggito.
    "Va bene. - continuò la voce - Affermativo. Permesso accordato. Scendete pure".
    Il cielo, ormai blu scuro, evidenziò meravigliosamente la pista illuminata dell'aeroporto a poche migliaia di metri davanti all'aereo e stavolta Stefano si permise un normale e tranquillissimo atterraggio in diagonale con dolce scivolata conclusiva che si arrestò al termine della pista.
    Ma una volta atterrati, fu loro intimato di non uscire subito dal velivolo e Stefano vide quattro persone avvicinarsi camminando veloci verso l'aereo. Fu solo quando i quattro raggiunsero il veicolo che Stefano e Heron poterono lasciare l'abitacolo, scendere le scale e mettere piede sul suolo. E i quattro squadrarono Stefano e Heron né più e né meno fossero ambedue extraterrestri.




    Casa Bianca

    Sui due grandi monitors, fissati alle due robuste staffe inchiodate alle due strisce esigue di pareti libere da finestre e mobili della Sala Ovale, le immagini che si susseguivano lente cambiarono d'improvviso sostituendo le solite rassicuranti fotografie dell'esterno dell'edificio con altre riproducenti luoghi lontani sulla Terra e nello spazio e Alice Kelly, attuale governatore dell'asse Washington - New York, guardando quelle foto, saltò quasi dalla comoda e avvolgente poltrona in pelle nera posizionata dietro la massiccia scrivania intarsiata che occupava metà della stanza.
    "Che accidenti...." esclamò. E pochi minuti dopo, il telefono, sull'orologio da polso, trillò.
    "Buona sera, Governatore. - la salutò educatamente una faccia stupita ma anche radiosa, dai capelli e occhi chiari - Ci sarebbe una grossa novità per lei. - Sul piccolo display dell'orologio apparve una foto che ritraeva due uomini: uno con capelli, barba e baffi castani e occhi grigio-verde di forma lievemente allungata, accanto ad un altro, capelli corti biondo scuro, due occhi incredibilmente blu e incarnato chiaro, glabro, con bellissimi lineamenti - Due uomini vorrebbero atterrare qui a Washington. Sono arrivati fin qui in aereo....Dall'Europa, al di là dell'oceano".
    "Cosa? - esclamò Kelly, allibita - Sono armati? Che intenzioni hanno secondo lei?".
    "Mi sembrano due persone pacifiche. - rispose l'interlocutore - Hanno dichiarato che sono qui per turismo e cultura. Possiamo accettarli?".
    Convinta da sempre che la polis Washington - New York fosse l'unico agglomerato urbano al mondo, Alice Kelly si scoprì impreparata a ricevere la notizia che un altro angolo del pianeta Terra ospitasse altri esseri umani, tuttavia volle dimostrarsi civile e diede il suo consenso all'atterraggio.
    "Li mandi da me. - ordinò poi - Prima che comincino a scorrazzare per le strade di Washington" detto questo, chiuse la comunicazione e corse allo specchio ad aggiustarsi la folta capigliatura rossa e la giacca del completo blu scuro.
    Alcuni minuti dopo, i due furono introdotti da due segretarie, con aria sognante, nella Sala Ovale della Casa Bianca e Alice Kelly li fissò esterrefatta. Erano molto belli nelle loro tute da volo.
    "Buona sera, signor Governatore. - salutò Stefano, con classe, in ottimo inglese - Avremmo voluto presentarci meglio, ma non c'è stato il tempo".
    Incantata, Kelly riuscì comunque a ridimensionare la situazione e l'atmosfera freddamente cerimoniose e invitò i due ospiti ad accomodarsi sulle ampie sedie davanti alla scrivania.
    "Per carità. - si affrettò a minimizzare - Non ha alcuna importanza. Andate benissimo così. In fondo, state viaggiando e dovete star comodi.... E così venite dall'Europa?".
    "Si, signor Governatore, - confermò questa volta Heron - Veniamo dall'Europa e non sapevamo che sulla Terra ci fossero altri abitanti..."
    "Ad essere sincera, - commentò la donna - neppure io lo sapevo. - e lanciando una veloce occhiata agli schermi, proseguì - Ma.... - balbettò, incerta - sbaglio o le linee di comunicazione sono state ripristinate da poco?".
    "No, non sbaglia. - le confermò Stefano - In effetti, la comunicazione è possibile da poche ore grazie al mio....amico, qui vicino a me" terminò indicando Heron che sorrise quasi imbarazzato.
    Bello, pensò Kelly, e anche intelligente. Ma pure chi le aveva parlato non era da meno.
    Dal canto suo Heron si emozionò. Stefano lo aveva appena chiamato "amico" ma si affrettò ad accantonare quella bella emozione spiegando cosa aveva fatto e Stefano, facendosi coraggio, colse l'opportunità per porre la domanda, regina delle domande del momento.
    "Signor Governatore, - attaccò schiarendosi la voce - sul nostro pianeta, molto tempo fa dev'essere accaduto qualcosa che ha cambiato profondamente un pò tutto. Ha idea di cosa sia successo?".
    I due videro la donna sgranare i suoi grandi occhi grigio-verdi e fissarli, allibita, poi tornare ad un'espressione normale e infossarsi sotto le sopracciglia che si aggrottarono, dubbiose.
    Ricordava vagamente di aver colto brani sfilacciati di u n racconto uscito a pezzi da sotto i folti baffi chiari di suo nonno che aveva menzionato una rivoluzione, ma non aveva saputo altro anche perché in casa non era stato più sfiorato l'argomento quasi fosse stato una specie di tabù.
    "Per la verità, no signori miei. - rispose infatti, dispiaciuta solo per non poter soddisfare la richiesta dei suoi ospiti - L' ho sentito dire ma non ne so molto più di voi. E' importante?".
    "Lo sarebbe soltanto per capire perché ora siamo in questa strana situazione" rispose Stefano.
    "Si, certo. - concordò Kelly tuttavia non molto persuasa - Forse avete ragione. In Europa c'è qualche centro urbano?" domandò poi.
    "Per quanto ne sappiamo, - rispose Stefano - dovrebbe esserci quello di Roma. E chissà.... ! -continuò, sperando così di accendere un minimo di curiosità nella testa della donna - Potrebbe essercene qualcun altro sparso nel mondo".
    "Si, - fece lei stirando le labbra in un bel sorriso tuttavia non completamente convinto - potrebbe".
    "Non è curiosa di saperlo?" chiese Stefano, alzando le sopracciglia, con gesto ammiccante.
    "Finora non ho mai avvertito la necessità e la curiosità di sapere se siamo gli unici sopravvissuti sulla Terra. - rispose il Governatore mantenendo il suo bel sorriso di circostanza - Considerando, oltretutto che non c'è stata neppure la possibilità eventuale di scoprirlo, visto che le comunicazioni non funzionavano".
    "Ha ragione. - convenne Stefano riconoscendo che il discorso non faceva una grinza. Ma dopo i primi minuti di sconcerto riprese, più vivace - Si è mai domandata perché?".
    La donna sospirò e ridusse il sorriso.
    "Ho sempre pensato che la mancanza di comunicazione dipendesse da un guasto irreparabile agli impianti. - rispose, compunta - E ho altresì pensato che se finora nessuno aveva mai provveduto neppure a provare di ripararlo, doveva esserci un motivo valido per aver preso tale decisione".
    "Giusto" ammise Stefano. Poi, lui e Heron si scambiarono rapide occhiate comprensive.
    Kelly si soffermò a guardare Heron, ammirata dalla sua bellezza, cercando però di non rivelarsi troppo. Ma quei pochi secondi di osservazione discreta le bastarono per capire che, malgrado anche Heron la stesse scrutando con quei suoi favolosi occhi blu, il cuore, l'anima e la mente di quell'uomo erano in altro luogo, impegnati in qualcos'altro, o focalizzati su qualcun altro.
    "E' meglio andare" si limitò ad intervenire l'alieno.
    Rendendosi conto del non eccessivo entusiasmo della donna all'argomento, Stefano decise di non insistere sul tema e mostrò di voler andar via.
    " Il mio collega ha ragione. Il viaggio che dobbiamo affrontare è lungo, - si scusò - E' tardi ed è meglio proseguire. Senza contare che lo sarà anche per lei, ormai, signor Governatore".
    "Oh! - si schernì la donna - Per me far tardi è un'abitudine. C' è sempre tanto da fare qui. Ma tornate pure, se volete. Saremo felici di ospitarvi qui a Washington".
    "Sicuramente. - mentì Stefano, senza molta fatica - Magari, alla fine del viaggio".
    Il Governatore di Washington esibì un altro sorriso, stavolta un filo più radioso, e i tre si accomiatarono.



    All'aeroporto

    Sulla velocissima auto che riaccompagnò i due all'aeroporto, Stefano ed Heron rimasero in silenzio ma Stefano si accorse che Heron gli lanciava frequenti occhiate rapide ancorché intense e significative, segno evidente di una volontà di dirgli qualcosa che non doveva uscire nell'abitacolo della vettura. Senza parlare, Stefano gli accennò di aver capito, ma quando furono di nuovo sull'aereo e ricominciarono le manovre per sistemarsi e ripartire, Stefano non riaccese subito i motori, mettendo Heron sui carboni ardenti e inducendolo a girarsi verso di lui
    "Qualcosa non va... - chiese infatti Heron, - ...capitano Aloisi?".
    "Me lo dica lei.... lo apostrofò Stefano, con la bocca torta in un mezzo sorriso - comandante Heron".
    Heron sospirò esibendo un abbozzo di capitolazione.
    "Ho parlato con il mio amico....." cominciò, guardando avanti, oltre il grande vetro parabrezza di fronte a loro
    "L'uomo con i capelli bianchi e il viso da grande saggio?" domandò Stefano, parzialmente divertito.
    Heron sorrise.
    "Si. - rispose - Proprio lui. - Poi si rattristò - E' un amico della mia famiglia ma....".
    "Ma?" rafforzò Stefano.
    "Dopo la morte di mio padre, mi è rimasto solo lui. - disse Heron, sinceramente triste - Ora lui E' la mia famiglia" terminò sottolineando il verbo essere con la voce.
    Stefano si sentì quasi in colpa per aver preso in giro, seppur in tono affettuoso, l'extraterrestre.
    "Mi dispiace, comandante. - si affrettò infatti a scusarsi - Davvero. E per un verso, sono felice che almeno qualcuno le sia rimasto vicino, se non altro moralmente, in tutto questo tempo ma.... - Stefano riconquistò il tono ironico iniziale - adesso, sputi il rospo! - Heron tornò a sorridere e Stefano capì ben presto che forse Heron non conosceva quell'espressione - Mi dica cosa vuole dirmi" si sbrigò a spiegare allargando il sorriso.
    "Decolliamo, capitano Aloisi. - propose Heron - Altrimenti gli uomini dell'aeroporto potrebbero allarmarsi e insospettirsi. - e nel finir la frase, strizzò l'occhio. Stefano sospirò e accese i motori. Diavolo di un alieno! Aveva imparato molti gesti terrestri. Più di quanti avesse immaginato. Che Annamaria c'entrasse in qualche modo? Altro sospiro, ma stavolta Heron non attese e non si fece pregare per parlare, mantenendo tuttavia lo sguardo fisso oltre il parabrezza - Forse so dov'è morto mio padre. - rivelò di getto, cogliendo Stefano di sorpresa, che si girò un attimo per lanciargli una rapida occhiata - Ma non mi chieda di più. - continuò con un tono di voce simile al ghiaccio che si scioglieva al Sole - Ho bisogno di conferme" terminò con la voce alterata da una forte emozione. Stefano non gli chiese altro.
    "Comandante Heron... " lo stuzzicò poi, essendogli venuta un'idea.
    "Si?" rispose l'alieno.
    "Che ne dice di fare un giretto a Washington?.. - propose Stefano - O ha molta fretta?".


    In città

    Alcuni minuti dopo erano a spasso per le vie della ex capitale degli U.S.A., ora capitale della polis Washington-New York.
    Pur in tuta da piloti, o forse proprio in virtù di quest'ultima, i due non passarono di certo inosservati. Alti tutti e due ed avvenenti, si accorsero ben presto di essere oggetto di osservazione ed interesse, neanche a dirlo, soprattutto Heron, con quel suo incarnato chiaro, luminoso e i suoi occhi blu.
    Una donna in abiti eleganti li fermò e rivolse loro la fatidica domanda/constatazione: "Voi non siete di qui". E spalancò i suoi grandi occhi scuri allorché Stefano le rivelò che venivano dall'Europa.
    "Europa?" esclamò la donna, allibita.
    "Si" confermò Stefano.
    "Ma non siamo rimasti solo noi?" replicò la donna, ancora stupita.
    Stefano ed Heron si scambiarono occhiate meravigliate ma anche d'intesa. Ormai era chiaro che in ogni angolo del mondo popolato, gli abitanti erano convinti di essere gli unici rimasti sul pianeta e non avevano mai cercato di sapere se ce ne fossero altri.
    "No, signora. - la contraddisse cortesemente Stefano - Sulla Terra siamo un po' di più di quel che immaginavamo". La donna rimase ferma qualche istante a riflettere, o almeno così parve, poi li salutò e si allontanò con passo meno sicuro di quanto lo era quando li aveva fermati.
    Anche Stefano si fermò e scrollò la testa. Heron, accanto a lui, lo scrutò, perplesso e apprensivo.
    "Tutto a posto?" chiese.
    Stefano stirò la bocca in un sorriso amaro.
    "E' più facile comunicare con un extraterrestre che fra abitanti dello stesso pianeta. - sbottò alla fine. Poi si girò verso Heron - E' così anche su Ariel?".
    Heron sorrise appena, ma anche il suo sorriso era triste.
    "Gli Arieliani non sono dei gran chiacchieroni per natura. - tenne ad informarlo - Ci limitiamo a comunicazioni di servizio".
    "Lei no, comandante. - si permise di osservare Stefano - Nonostante il suo mestiere, mi sembra che ami comunicare con il prossimo" .
    "Lo trovo importante, capitano Aloisi. - rispose l'alieno - E necessario. Si evitano molti equivoci".
    Si guardarono, si sorrisero e si concessero una breve risata con sfondo acidulo, quindi, ripresero la passeggiata, sempre con gli sguardi curiosi dei passanti addosso. Da parte loro, i due non poterono fare a meno di notare, sui volti delle persone che venivano loro incontro, espressioni, se non proprio di felicità, di certo di contenuta ma convinta serenità, come se le vite di quella gente fossero, per loro fortuna, povere di ansie e problemi. Questa distensione di animi poteva dipendere proprio dall'isolamento e dall' assenza di contatti fra le persone? Ai due cominciò a nscere qualche sospetto. Terminato il tour, tornarono all'aeroporto.


    Di nuovo in volo

    La Siberia non era molto lontana da dove si trovavano.
    Sorvolarono in parte l'Alaska e rimasero allibiti.
    Lo Stato, praticamente disabitato, era un immondezzaio a cielo aperto.
    Heron fu còlto da un pensiero folgorante, ispirato da ciò che aveva visto alla base dell'Area 51.
    E se avesse utilizzato tutta quella spazzatura per uno scopo?
    Se l'avesse utilizzata per....produrre energia? Sarebbe stata una fonte sostitutiva a quella prodotta dall'uranio?...No, forse non sarebbe stata sufficiente per rimpiazzare il minerale, ma sarebbe stata compensativa. Il suo cervello cominciò a produrre idee.
    Con l'aereo, Stefano sorvolò la Siberia che, nonostante fosse anch'essa in gran parte disabitata, si rivelò invece ai loro occhi libera e pulita da qualunque tipo di detrito.
    Strano. Veramente strano.

    Alla prossima, spero un po' prima. :pray:

    Edited by sahany09 - 24/7/2015, 15:52
     
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    Eccomi qui ^_^ Scusa davvero per il ritardo, ma ho avuto parecchio da fare e pensieri per la testa ^_^ Allora che dirti? Come al solito non ti smentisci mai, ho trovato il capitolo davvero molto bello e interessante, mi ha divertito molto il botta e risposta di Stefano e Heron nei confronti del soldato della torre, ho trovato curioso il dialogo tra loro due e la Governatrice di Washington e del fatto che la Governatrice fosse all'oscuro del fatto che anche in Europa ci sia gente. Sono curiosa di saperne qualcosa di più ^_^
    Bravissima, i miei complimenti
     
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  6. sahany09
     
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    Ciao Gabrielle, grazie. Oddio, anch'io ti sto rispondendo in ritardo perché pure io ho avuto parecchio da fare. Comunque tranquilla, fra non molto torno col seguito della mia ff. :)
    A presto.
     
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  7. sahany09
     
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    Okay, rieccomi per la nuova puntata di Trash. (Il precedente capitolo era il 25o).

    Altri piccoli particolari, ma sempre importanti, si aggiungono a questa storia.
    Buona lettura. :)


    TRASH - SPAZZATURA





    26) ULTERIORI FRAMMENTI D I VERITA'

    Base di Novosibirsk, sala operativa

    Antonov, Kyrianov e Wichinskji, tre dei componenti lo staff della base, sobbalzarono sulle sedie allorché sugli schermi dei computers, e su quelli più ampi fissati alle pareti, d'improvviso, le immagini cambiarono di genere sostituendosi rapidamente a quelle che i tre ormai erano abituati a vedere da diversi mesi. Alcuni schermi si riempirono di panoramiche su angoli remoti della Terra: deserti ricoperti di grigi tappeti di ferraglie, distese di acqua più o meno calma e infine altri rivelarono ciò che c'era sopra di loro, ossi il cielo con stelle e pianeti che si muovevano lenti nel nero siderale.
    "Che mi venga un colpo! - esclamò Antonov fissando, sbigottito quel mutamento così repentino - Ma che è successo?".
    "Qualcuno ha riattivato telescopi e satelliti" commentò Wichinskji, con soddisfazione.
    "Wow" fece Kyrianov, allegro.
    "E' sicuro che sia un bene?" lo contestò Antonov.
    "Beh, - rispose Kyrianov, su di giri - almeno si vede qualcosa di nuovo".
    Antonov, invece, guardò, sconsolato e adirato, il deserto ricoperto di spazzatura ferrosa. Tuttavia, subito dopo, quello spettacolo gli accese un lume di ottimismo.
    "Ha ragione Kyrianov. - convenne - Chissà che ora non vedremo meglio e prima gli sporcaccioni che arrivano qui a scaricare le loro schifezze per poterli abbattere subito".
    Senza farsi vedere, Wichinskji sospirò e sbuffò. Per un verso poteva anche aver ragione, ma quell'uomo odiava proprio chiunque non fosse terrestre, per principio.




    Siberia, non lontano da Novosibirsk

    Dio creò il cielo, la Terra e gli altri pianeti, i sistemi solari, le galassie e le costellazioni....l'universo, insomma ! Poi decise di popolare i pianeti... non tutti...solo alcuni....quelli che si trovavano ad una giusta distanza dal Sole attorno al quale giravano, in quanto si era reso conto che altri si trovavano troppo lontani o troppo vicini a quel Sole da poter essere abitati senza che gli esseri viventi ne ricevessero danni gravi: troppo caldo da essere bruciati o troppo freddo da essere congelati. E in un qualche modo misterioso, i popoli dei pianeti abitati lo vennero a sapere cominciando a credere ad un entità superiore a loro, che aveva donato loro la vita e i mezzi per viverla nel modo più appropriato: la terra per poterne coltivare i frutti e sfamarsi, l'acqua per potersi dissetare, mantenere l'igiene e navigarci sopra per poter raggiungere le varie zone del pianeta....
    Ma un giorno, qualcuno aveva annunciato che non esisteva alcun Dio e che tutto era stato generato da un'esplosione primordiale nell'universo, miliardi di anni prima......

    "Heron! Heron! Heron!" lo richiamò Stefano, scuotendolo, accortosi dello stato quasi catatonico in cui il comandate alieno sembrava essere caduto mentre narrava i fatti.
    Heron si scosse, effettivamente in trance.
    "Si" fece, riacquistando completamente lo stato di veglia.
    "Mi sta dicendo che la fede in Dio è stata equamente distribuita in tutto l'universo? - lo incitò - Che forse in tutti i pianeti abitati, i popoli credono in Dio? Che il suo messaggio è arrivato ovunque ci sia vita? La teoria è pazzesca!...Assurda!...Ma splendida! - lo scosse ancora - Non è che.... i suoi avi sono stati sul nostro pianeta all'epoca in cui sono accaduti questi fatti, e sono tornati su Ariel riportando quanto è avvenuto e scatenando la stessa reazione?".
    Heron si accomodò meglio sul sedile.
    "Non ne ho un'idea precisa. - rispose Heron, completamente sveglio ma calmo - Per quel che ne so io potrebbe anche essere avvenuto. Il mio amico Adoniesis mi ha raccontato di templi bruciati e di mio padre che mi ha portato fuori da uno di questi, in fiamme, mentre eravamo dentro a pregare".
    "E la croce, Heron? - lo sollecitò a continuare Stefano - Annamaria mi ha parlato di una croce che ha visto anche lei".
    "Non ho mai saputo con esattezza cosa volesse dire quella croce. - rispose Heron quasi dispiaciuto di non poter fornire una spiegazione esauriente a quell'enigma - Credo fosse un simbolo di quella fede, ma l' ho vista di sfuggita in quel tempio". Stefano percepì una profonda emozione nella voce rotta del suo compagno di viaggio.
    "Dobbiamo saperne di più, comandante! - sentenziò, fermo nel proposito - Probabilmente questa è la chiave del passato di questo pianeta. - quindi si girò verso di lui - Perché ha voluto dirlo solo a me?".
    " Perché ho pensato che solo lei e sua moglie avreste potuto capire" rispose Heron, ora sicuro e tranquillo.
    Stefano gli dette una pacca sulla spalla dalla sua parte.
    "Grazie per la fiducia" disse, sorridendo.
    "Di niente" replicò Heron. Stefano si voltò un istante verso di lui e, sorridendo, alzò il pollice della mano destra in segno di intesa. Heron rispose alla stessa maniera torcendo le labbra in un mezzo sorriso di complicità.
    Fra i due si stava stabilendo un bel rapporto di comprensione e, forse anche amicizia. Due rappresentanti di due popoli di due pianeti relativamente lontani, che però sembravano aver avuto un destino comune. Non solo! Stefano realizzò che, - pareva incredibile, - grazie al suo nuovo amico di un altro mondo, stava venendo a conoscenza dei fatti che in passato avevano sconvolto il suo.
    In quel momento, tuttavia, accadde qualcosa che cambiò radicalmente la situazione creatasi attorno a loro.



    Il momento di un'altra verità

    Sul display collegato al radar, un oggetto di dimensioni piuttosto ragguardevoli - di sicuro un'aeronave, se non un'astronave - apparve a sinistra avanzando lento e dirigendosi verso un grosso punto al centro dello schermo. I due uomini concentrarono i loro sguardi sullo schermo seguendo l'oggetto, con attenzione. L'oggetto non arrivò al punto centrale e il disegno schematico di un'esplosione si formò sul monitor. E sempre alla loro sinistra, Stefano, con la coda dell'occhio e Heron girandosi di scatto nella direzione, videro da dov'erano un'enorme fiammata nel cielo che schiarì di molto la già non completa oscurità circostante loro, dovuta al Sole che in quel periodo non tramontava mai del tutto all'orizzonte.
    Heron credette di non avere più dubbi.
    Ora sapeva come, e soprattutto dove, era morto suo padre.







    Base di Novosibirsk

    Antonov seguì, soddisfatto, la fase dell'esplosione godendosi lo spettacolo del veicolo saltato in aria e scoppiato in pezzi schizzati ovunque nello spazio che stavano ricadendo sul suolo come le comete del 10 agosto, pur non essendo ancora arrivati a quella data.
    "Altri insozzatori fuori dalle scatole!" esclamò fregandosi le mani.
    Pochi secondi dopo, Zitowskji, il radarista, uscì nello spiazzo annunciandogli di aver intercettato un veicolo aereo.
    "Piccolo o grande?" chiese Antonov, sul chi va là.
    "Piccolo, direi. - rispose l'uomo - Sembra un normale aereo da turismo".
    Lievemente seccato, Antonov rientrò nell'edificio e andò dietro al giovane tecnico del radar fino alla sala controllo.



    Sull'aereo

    Il Sole a mezz'asta all'orizzonte illuminava il viso di Heron i cui bei tratti si erano improvvisamente induriti diventando lame taglienti e conferendo all'uomo un'espressione di glaciale furore.
    "Tutto bene, amico?" gli chiese Stefano, preoccupato di quella rapida trasformazione.
    "Si" fu la risposta fredda e lontana dell'alieno che guardava fisso davanti a sé come se stesse vedendo un nemico da abbattere immediatamente.
    Stefano gli sfiorò la spalla.
    "Hey, - lo apostrofò, ma in tono apprensivo - Turbato dall'esplosione? Forse è stato un incidente".
    "No. - lo contraddisse Heron, mantenendosi gelido - Non è stato un incidente. L'esplosione è stata voluta. Di sicuro quella era un'astronave carica di spazzatura".
    Stefano fu certo di capire ma si sentì ugualmente la spina dorsale percorsa da una scarica di forti brividi di allarme.
    "Beh... - se ne uscì con l'intenzione di recare un minimo di conforto al comandante - Forrest ci ha avvertiti che il responsabile della base qui in Siberia è un tipo da prendere con le molle".
    Heron si voltò verso di lui e accennò un sorriso.
    "Già. - confermò - Vero. Dobbiamo andare a prendere l'uranio. - continuò tornando serio ma acquisendo un'espressione meno minacciosa - E la medicina per il mio equipaggio".
    Di colpo, a Stefano venne in mente un particolare a cui non aveva pensato; almeno non prima di quel preciso istante. E volle condividerlo con Heron.
    "Hey, .... " lo richiamò, allegro. Heron si girò verso di lui, sorridendo a labbra chiuse.
    "Si?"
    "Sarà meglio non parlare dell'uranio" suggerì.
    Dapprima, Heron non capì poi però arrivò alla stessa intuizione: l'uranio era usato anche per costruire armi atomiche e anche lui lo sapeva. Tacitamente, annuì per fargli sapere che aveva compreso, accompagnando il sì con l'ormai consolidato gesto del pollice alzato. Stefano rispose alla stessa maniera, senza aggiungere altro, riaccese i motori dell'aereo ed effettuò l'ennesimo decollo di quel lungo viaggio. Il territorio piatto gliene permise uno abbastanza normale, non troppo verticale.
    E non si alzò eccessivamente. Non erano molto lontani dalla meta.

    Non perdete la prossima puntata. Spero di postarla il prima possibile.
    A presto, ragazze !! Beeeeaaaaaa !!! Che fine hai fatto? :)
     
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    Eccomi qui,perdona il super mega ritardo, ma per ora è un periodo molto impegnativo e stressante per me xd Allora che dirti? Un capitolo molto bello e ricco di avvenimenti e sono rimasta affascinata dal fatto che la Fede è universale, qualunque sia il posto dove viene professata....sono curiosa di sapere che cosa succederà prossimamente...Bravissima,i miei complimenti
     
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  9. sahany09
     
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    Grazie Gabrielle. :)
    Ho visto il tuo messaggio su Messenger del sito. Ho risposto ma non so se la risposta è partita, causa Internet un po' lenta e strana. Comunque, ti rispondo qui: se non ci vediamo prima, Buon Ferragosto !! Spero di postare la prossima puntata prima possibile. A presto. Ciao.
     
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  10. sahany09
     
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    L'avventura continua e si fa .... calda !!!


    TRASH - SPAZZATURA



    27) LA VENDETTA E' UN PIATTO DA SERVIRE FREDDO

    Anche in quel caso, essendo il territorio circostante piuttosto piatto, Stefano poté permettersi un atterraggio normale e in effetti lo eseguì con la massima calma, senza difficoltà. Ma il comportamento di Heron gli infuse agitazione. Benché l'uomo si muovesse con una certa naturalezza, percepì in lui nervosismo. E un paio di profonde respirazioni nella maschera ad ossigeno, lo allarmarono. Prima di uscire dal veicolo, prese un paio di pistole a triplo uso: a proiettili, elettrico e a raggi laser, dalla grossa borsa di armi fornita da Forrest e se ne infilò una in una tasca interna della tuta, passando in silenzio l'altra al comandante.
    "Heron, - lo interpellò poi, preoccupato - tutto bene? - Heron annuì, ma l'avvicinarsi all'edificio che ospitava la base, aumentava il tumulto nel suo cuore e concentrarsi nei suoi obiettivi gli diventava sempre più difficile. Dovette fermarsi e respirare ancora profondamente. A quel punto, Stefano si fermò e fermò anche lui - Che ha, Heron? - gli domandò, apprensivo - Che succede? - Heron era combattuto. Il sospetto crescente sulla causa della morte del padre gli stava esplodendo nell'animo. Fu Stefano a decidere involontariamente per lui bloccandolo fino a che non si persuase a rivelargli ulteriori dettagli - Ne è sicuro?" - chiese conferma dopo aver ascoltato il suo racconto.
    "Non al cento per cento. - rispose Heron - Ma per un buon novanta, si".
    Stefano si tirò indietro i capelli e sospirò nel tentativo di mantenere i nervi saldi. Questa non ci voleva e sentiva di capire l'uomo ma era altresì conscio che non potevano concedersi errori.
    Strinse le spalle a Heron e lo guardò dritto negli occhi.
    "Ha tutta la mia comprensione e solidarietà, comandante - dichiarò infatti - Anch'io proverei quello che sta provando lei ora, ma dobbiamo muoverci con cautela e stare molto attenti a ciò che diciamo. Qui, sulla Terra, usiamo dire che la vendetta è un piatto da servire freddo. So perfettamente come si sente e al suo posto, forse, prenderei queste persone e le metterei al muro, ma ora non possiamo farlo. Pensi alla sua donna, Heron! Si concentri su di lei. Chiediamo quel che dobbiamo chiedere poi, semmai, vedremo cosa si può fare".
    Stefano ebbe l'impressione che Heron lo avesse capito e fosse d'accordo con lui. Malgrado il profondo dolore, che di certo in quel momento gli stava lacerando l'anima e che traspariva nei suoi occhi rendendoglieli particolarmente espressivi e brillanti, Heron era intelligente, abbastanza razionale e non avrebbe commesso sciocchezze. Gli fece coraggio stringendogli le braccia. Si mossero verso l'edificio largo e basso della base quando un uomo alto, magro, in uniforme grigio - verde, uscì dall'edificio e camminò dritto e marziale incontro a loro.
    Anche Stefano si eresse in tutta la sua statura e si preparò a salutare l'uomo il quale, vedendolo più alto di lui, parve assumere più timore e rispetto nei suoi confronti. Raggiuntili, chinò lievemente la testa e strinse loro la mano. Stefano e Heron risposero allo stesso modo, quindi l'uomo li invitò ad entrare nella palazzina. Tolti i lunghi tavoli di metallo chiaro sui quali erano disposti i computers delle postazioni di lavoro e gli schermi alle pareti, il locale era piuttosto spoglio e spartano, ma l'accoglienza fu gentile e nemmeno troppo fredda.
    "Cosa vi ha portato fin qui, - attaccò Antonov dopo essersi presentato e aver presentato i colleghi nella sala - e in cosa possiamo esservi utili?". Stefano sorrise. Era evidente che la sua mole incuteva agli uomini una certa soggezione, nonché la tendenza al garbo e alla disponibilità.
    "Beh,... - iniziò, quasi imbarazzato, prevedendo che la sua richiesta sarebbe sembrata quanto meno curiosa - chiediamo l'autorizzazione a prelevare piccoli quantitativi di resina di betulla".
    Uno degli uomini, il non eccessivamente alto, tarchiato, bruno, baffuto sale e pepe, e con occhiali tondi, corrispondente al nome di Wichinskji, sorrise sotto i suoi folti mustacchi che spezzavano la rotondità della sua testa e del suo simpatico viso.
    "Credo che i signori stiano chiedendo il farmaco aggiusta-ossa" ipotizzò.
    Stefano sentì il cuore allargarsi il doppio della sua dimensione.
    "Lo....avete?" quasi balbettò, incredulo per la soluzione più vicina delle sue aspettative.
    "Ne abbiamo qualche campione in magazzino. - rispose Antonov - Ma è lì da un pò di anni. Bisogna vedere se sarà ancora efficace".
    "E' costituito da componenti naturali. - tenne a precisare Wichinskji - Calcio, silicio e resina di betulla. Quelli non scadono. Vado a prenderne subito una confezione" detto questo, uscì veloce dalla sala attraverso una porta laterale, vicina ad uno dei grandi schermi. Stefano e Heron si scambiarono occhiate felici e sorrisi. Mai avrebbero pensato che la loro richiesta sarebbe stata soddisfatta in così breve tempo e facilità.
    Ma non tutto andò liscio.
    Alla luce bianca delle lampade che illuminavano la stanza, il pallore dell'incarnato di Heron risultò particolarmente visibile, dettaglio che attrasse l'attenzione di Antonov e lo spinse ad accostarsi all'alieno facendo scattare un campanello d'allarme nel cuore e nel cervello di Stefano il quale, comunque, seppe mantenere i nervi saldi.
    "Si sente bene?" chiese Antonov a pochi centimetri dal comandante.
    "Ho avuto un grave incidente - rispose Heron, pronto e tranquillo, nonostante l'istinto di sparare all'uomo fosse pressoché fuori da lui - dal quale sono uscito per miracolo, se di miracoli si può ancora parlare. Ho riportato la frattura di alcune costole che mi fanno ancora male. Io e il mio amico abbiamo saputo di questo farmaco e di dove avremmo potuto trovarlo, così, lui mi ha accompagnato fin qui nella speranza di trovarlo. Per fortuna lo avete. Togliamo subito il disturbo" finì la frase respirando un paio di volte nella maschera ad ossigeno portatile penzolante al collo. Ma la tensione nell'animo e nel suo corpo dovevano essere tangibili.
    Stefano notò che lo sguardo chiaro e gelido di Antonov era pericolosamente fisso sull'extraterrestre e in cuor suo si augurò che il baffuto collega si sbrigasse a tornare con il medicinale per lasciare quel posto il più rapidamente possibile, specie dopo aver saputo cosa fosse forse successo al comandante, quasi amico. Antonov si allontanò di poco da Heron annuendo, ma senza parlare e staccare lo sguardo da lui.
    "E' vero. - si affrettò Stefano a confermare la versione di Heron - Non si è ancora ripreso del tutto e purtroppo non può neanche sopportare fasciature per una grave forma di asma che gli impedisce in ogni caso di respirare bene. Questo farmaco può essere una buona soluzione per lui. Ora ce ne andiamo. Non preoccupatevi".
    "Non mi preoccupo. - assicurò Antonov, glaciale - E non ho fretta che voi ve ne andiate. ...Perché so che non ve ne andrete... Non vivi. Almeno lui".
    Accadde tutto in pochi minuti.


    Inutile dire che la prossima puntata sarà .... hot !!!



    A presto, spero, ma dipenderà anche da voi lettori !! ;)
     
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    Eccomi qui :-) Allora che dirti? Ogni tuo capitolo è davvero molto intrigante e suggestivo, mi incuriosisce molto questo farmaco ricavato da elementi naturali e mi auguro che Stefano e Heron riescano a scappare dalla trappola di Antonov...Comunque le cose si stanno infittendo non poco...Bravissima, i miei complimenti :-)))
     
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  12. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 18/8/2015, 20:29) 
    Eccomi qui :-) Allora che dirti? Ogni tuo capitolo è davvero molto intrigante e suggestivo, mi incuriosisce molto questo farmaco ricavato da elementi naturali e mi auguro che Stefano e Heron riescano a scappare dalla trappola di Antonov...Comunque le cose si stanno infittendo non poco...Bravissima, i miei complimenti :-)))

    Grazieee !!! :) Ok, ora arriva il seguito.



    TRASH - SPAZZATURA





    28 ) POCHI MINUTI D I FUOCO


    Anche lui munito di arma a raggio laser, Antonov sparò a Heron colpendolo dritto al cuore.
    Con orrore, Stefano vide l'alieno venir sbalzato all'indietro di qualche metro e stramazzare a terra rimanendo poi immobile.
    "Chi volevate fregare? - sibilò il russo - Si vedeva da anni luce che non era dei nostri".
    Esplodendo di rabbia, senza più remore, Stefano sparò ad Antonov ma Antonov fu altrettanto veloce e sparò a Stefano centrandolo al petto. Stefano avvertì un bruciore insopportabile al torace e non seppe se perse i sensi o passò a miglior vita. L'ultimo straziante pensiero volò ad Annamaria e ai suoi ragazzi. Non si sarebbe certo aspettato di andarsene lontano da casa, in così breve tempo da non poterli neppure salutare per l'ultima volta.
    Pietrificato per i primi attimi dalla sequenza agghiacciante, Wichinskji, che nel frattempo era tornato dal magazzino, riuscì tuttavia a reagire, mollò la scatola a terra e sparò ad Antonov con una pistola a proiettili colpendo l'uomo allo stomaco.
    Kyrianov estrasse la sua arma e fece per usarla contro Wichinskji ma il polacco sparò anche a lui centrandolo in mezzo alla fronte, quindi si mosse verso Antonov che non era morto, ma rantolava, lamentandosi per il dolore mentre una macchia rosso scuro si allargava in mezzo alla giacca dell'uniforme.
    "Bastardo razzista! - digrignò con odio - Perché? Cosa le avevano fatto quei due?".
    Accecato dalla rabbia non si accorse che Heron si era ripreso, si era alzato a fatica e, barcollando, stava avvicinandosi a loro. Se lo vide arrivare a destra puntando la sua arma contro Antonov.
    "Ci penso io a finire il lavoro. - mormorò con la voce rotta da una fredda e controllata ira - Non aspettavo altro" e nel parlare, a fatica, incollò il foro di uscita della sua pistola a triplo uso alla fronte del capo della base siberiana che lo fissava terrorizzato come se sopra di lui ci fosse un fantasma o uno zombie. Anche Wichinskji era sbalordito dalla sua presenza lì ma non osò chiedergli spiegazioni. Non allora.
    "Non ti ho ammazzato?" balbettò Antonov, senza fiato per il dolore allo stomaco.
    "No, stronzo! - rispose Heron, abbassandosi e poggiando un ginocchio a terra, con la voce monocorde di chi sta controllando molto bene le sue emozioni malgrado queste stiano per scoppiare tutte insieme come mortaretti - Hai creduto di colpirmi al cuore ma il mio cuore è leggermente spostato rispetto al vostro terrestre. Hai sbagliato anche stavolta, come hai fatto circa dieci anni fa quando hai fatto saltare in aria l'astronave di mio padre senza neppure chiedergli chi fosse....perché fosse arrivato fin qui... semplicemente perché hai creduto che fosse arrivato fin qui per scaricare spazzatura. Ma mio padre non era arrivato sulla Terra per scaricare immondizia..... Cercava solo carburante per le nostre centrali produttrici di energia per illuminare e scaldare il nostro pianeta. Tu però non glielo hai neanche chiesto. E' vero; non sono terrestre. Vengo da Ariel, ma a te non importa niente. Ci odi per principio. Per te siamo tutti solo imbratta-Terra! Non fai distinzioni perché non sei in grado di farle. Il tuo profondo razzismo ti acceca fino al punto di renderti anche idiota.... O forse lo sei di natura!" detto questo spinse indietro la levetta rossa della piccola arma e fece fuoco prima con un proiettile poi con una forte scarica elettrica che bruciò la carne, infine, allontanò di pochi millimetri la canna corta della pistola e spinse una terza volta la levetta, più a fondo, sprigionando un sottile raggio laser blu che terminò l'opera. Antonov spirò con un urlo che riecheggiò agghiacciante in tutti gli angoli della sala. Dopo ciò, Heron si abbatté sfinito, con entrambe le ginocchia sul pavimento lucido e freddo, accanto a Wichinskji ancora sotto shock, e al corpo di Antonov, ora immobile dopo un ultimo sussulto.
    Aveva consumato la sua vendetta, ma il piatto era tiepido.
    Respirò un certo numero di volte nella maschera ad ossigeno appoggiandosi con una mano ad una spalla di Wichinskji che lo sostenne per un braccio.
    "Soffri....davvero di asma?" gli chiese l'uomo vedendolo compiere quell'operazione.
    Heron sorrise.
    "L'aria terrestre è un po' leggera per me. - tenne a spiegare - Ma mi ci sto abituando. E adesso cerchiamo di rianimare il nostro amico, sperando che questo bastardo non l'abbia ucciso".
    Stefano sembrava davvero morto.
    Heron gli premette lievemente due dita sul collo ed in effetti non avvertì pulsazioni
    Con Wichinskji si scambiarono occhiate disperate.
    Poi Heron ebbe un'idea e istruì Wichinskji nel metterla subito in pratica.
    Aprì la tuta fino allo stomaco e sbottonò gli indumenti sottostanti, dopodiché strappò la pistola dalla mano di Stefano, la consegnò a Wichinskji e gli impartì l'ultima istruzione.
    Al suo via, Heron e Wichinskji puntarono contemporaneamente le armi sul petto nudo di Stefano, premendo la levetta rossa in modalità scarica elettrica. Il corpo di Stefano sobbalzò in maniera impressionante, ma poi rigiacque a terra immobile.
    "Oddio, no!" mormorò Heron, disperato, accarezzando il volto dell'ormai amico.
    "Dio? - ripeté Wichinskji, stupito di quell'invocazione - Anche tu credi in Dio?....Credevi...".
    "Lo sentivo nominare spesso. - rispose Heron, serio - Ci credevo, ma forse per riflesso condizionato. O forse ci ho creduto sul serio".
    "Allora è vero! - esclamò Wichinskji, quasi speranzoso - Dio è dovunque..... - Era".
    "Già. - commentò Heron, amaro - Era. Almeno qui da voi.... E da noi su Ariel".
    "Forse in altri pianeti esiste ancora. - si auto-incoraggiò Wichinskji - Bisognerebbe indagare".
    "Hai ragione. - lo supportò Heron - Bisognerebbe. Ma sono troppo lontani anche per noi. Pur essendo probabilmente più potenti dei vostri, i nostri strumenti arrivano fino ad una certa distanza nell'universo. E non vanno oltre. Ma adesso dobbiamo salvare quest'uomo. Ha una donna meravigliosa che lo aspetta. E deve salvare la mia. Poi penseremo a cercare Dio da qualche parte. Se esiste ancora un angolo dell'universo che ci crede. Forza, amico! Ritentiamo".
    "Heron? - lo chiamò Wichinskji con fare timido - Ti chiami Heron, vero?".
    "Si. - confermò l'alieno, sospettoso ma curioso di quella domanda - perché?".
    "Il tuo cognome suona come un cognome di origine ebraica. - Wichinskji si fermò rendendosi conto di parlare di qualcosa che, con tutta probabilità, l'uomo non conosceva - Ah, non importa. - finì agitando una mano come per cancellare ciò che aveva appena detto. In effetti, Heron non conosceva la religione ebraica. Poi riprese - In ogni caso, se volete sapere qualcosa su quel che è successo tanti anni fa, dovete andare a Roma, al Vaticano. Lì troverete le risposte".
    Al Heron annuì e sorrise all'uomo.
    "Grazie amico. - disse - Posso sapere il tuo nome?".
    "Gregorji Wichinskji" rispose l'interrogato porgendo la mano destra con la prospettiva di stringere la mano destra di Heron il quale esitò qualche secondo, per poi imitare il gesto con convinzione, continuando a sorridere. La rivelazione non aveva grande senso per lui, ma Heron intuì che doveva farne tesoro e rivenderla subito al suo amico se fosse riuscito a rianimarlo. E tale rivelazione contribuì a infondergli maggior impegno nel riportare Stefano in vita. Insieme con Wichinskji, ritentarono la defibrillazione con le pistole e solo alla quinta scarica, Stefano diede segno di essere ancora nel mondo dei vivi con colpi di tosse da far temere ai due che sputasse veramente l'anima.
    Stefano sentiva il petto ardere in modo atroce. Su tutta la superficie del torace la pelle era viola e bruciava come il fuoco anche all'interno, sui polmoni, rendendogli il respiro penoso. Tuttavia, aprì gli occhi e fissò Heron come fosse un fantasma.
    "Comandante.... - sussurrò - sei...vivo?".
    "Ben tornato, .....- lo salutò Heron, allegro - capitano Aloisi!".
    "Diavolo di un alieno. - borbottò Stefano - E' davvero difficile ammazzarti!".
    Heron sorrise, divertito.
    Non visto, spaventato dal baccano dei colpi che gli era pervenuto agli auricolari, sceso a vedere cos'era successo e, vista la scena, il controllore della torre se la diede a gambe scomparendo nella vicina foresta siberiana.



    Grindewald

    Ore 5 del mattino.
    Lo smart watch di Annamaria si animò emettendo l'allegro scampanio di una chiamata.
    Ma la voce ansante di Stefano spense presto l'allegria del suono.
    "Puoi prepararci un letto? - ansimò l'uomo - E magari uno straccio di colazione? Stiamo tornando".
    Annamaria ebbe la spiacevole sensazione che il cuore perdesse alcuni colpi.
    "Siete...ancora tutti e due in un pezzo solo?" osò chiedere la donna, augurandosi una risposta affermativa.
    "Grosso modo, si" rispose Stefano con la voce di una tacca più sicura e ferma, garantendo così ad Annamaria il loro stato in vita.
    "Stefano... - lo interpellò lei, esitante, non conoscendo le loro reali condizioni fisiche - che faccio? Vengo all'aeroporto o vi aspetto all'ospedale?".
    "Fai tu. - fu la sua criptica risposta - A tua discrezione".
    "Ok. - si arrese Annamaria - Ho capito".
    "Hey... - la richiamò Stefano più animato - Abbiamo la medicina".
    Quella rivelazione aiutò Annamaria a prendere la decisione giusta.
    I movimenti della madre in cucina svegliarono Flavia che scattò fuori dal letto e si precipitò nella stanza dove Annamaria stava velocemente preparando la caffettiera per la colazione.
    "Papà?" chiese, ansimante. Annamaria fece segno affermativo.
    "Stanno tornando" annunciò con un mezzo sorriso.

    All'ospedale, allorché vide i due uomini che si reggevano l'un l'altro avvicinarsi lentamente alla grande porta di vetro ed acciaio, non seppe se ridere o piangere ma era sicura di essere felice di rivederli vivi. Una volta all'interno, in una delle salette del pronto soccorso, si prese il tempo sufficiente per constatare meglio le loro reali condizioni fisiche che non si rivelarono gravi ma che, comunque, ripiegarono il suo programma verso un suo intervento piuttosto immediato. Spogliati nella parte superiore del corpo, entrambi ostentavano bruciature sulla pelle non belle alla vista, che stavano convertendosi in grosse vesciche purulente all' apparenza anche dolorose al tatto.
    "Annamaria, - intervenne Stefano trattenendo deboli lamenti - non converrebbe pensare subito a curare i colleghi del nostro amico? Noi stiamo abbastanza bene. Possiamo aspettare". Ma terminò la frase stringendo i denti in una smorfia intensa di dolore non appena Annamaria gli sfiorò il petto.
    Lo sguardo fermo e sorprendentemente duro della donna, mentre cominciava ad armeggiare con gli strumenti per le cure, tacitò l'uomo.
    "Decido io cosa fare e la priorità degli interventi" sentenziò Annamaria, rimanendo di marmo.
    Dopo questa frase lapidaria, ambedue i feriti si scambiarono occhiate d'intesa, non parlarono più e la lasciarono fare.
    Annamaria medicò con cura le ustioni sui corpi dei due uomini, fasciò i loro toraci con bende appropriate antiaderenti per evitare che si incollassero alle bruciature, somministrò loro dosi calibrate di anti dolorifici, li invitò a spostarsi in un'altra sala del nosocomio per liberare quella del pronto soccorso, raccomandò di non muoversi troppo e riposarsi, dopodiché li salutò, prese la confezione di farmaco che Stefano le porse e si spostò al reparto ortopedico al fine di iniziare l'operazione saldatura fratture multiple dei cinque membri componenti l'equipaggio della sfortunata astronave di Al Heron.
    Il farmaco fu iniettato nei corpi attraverso lunghe e sottili sonde inserite alla base del collo per la donna e alla schiena per gli altri quattro infortunati. Conclusa la procedura, che durò svariati minuti, Annamaria trasse un profondo sospiro. Al momento non restava altro che attendere l'esito di tale terapia. Qualunque fosse stato, era, in ogni caso, valsa la pena tentare.
    Dai suoi familiari, e dalla vita, Annamaria di Gennaro aveva appreso che nulla doveva essere abbandonato al destino. Il destino non esisteva, o meglio: era un mix fra le scelte operate dall'Uomo e una piccola percentuale di imponderabilità. Ma molto piccola.


    Beh .... tutto è bene quel che si risolve bene ma ..... per i nostri eroi la pace completa non è ancora arrivata. Altri momenti di tensione li aspettano al varco.
    Alla prossima e, grazie sempre per la tua .... fedeltà. :)
    A presto.
     
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    Eccomi qui ;-) Allora che dirti? Un capitolo molto intrigante e curioso, mi sta piacendo molto come si sta sviluppando l'amicizia tra Heron e Stefano, il discorso furibondo di Heron a Antonov sul fatto che non si è fermato a chiedere ma ha agito in preda agli stereotipi e ai pregiudizi e ho provato simpatia per Gregor...davvero molto brava, i miei complimenti Sahany
     
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  14. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 24/8/2015, 21:12) 
    Eccomi qui ;-) Allora che dirti? Un capitolo molto intrigante e curioso, mi sta piacendo molto come si sta sviluppando l'amicizia tra Heron e Stefano, il discorso furibondo di Heron a Antonov sul fatto che non si è fermato a chiedere ma ha agito in preda agli stereotipi e ai pregiudizi e ho provato simpatia per Gregor...davvero molto brava, i miei complimenti Sahany

    Wow !! Che velocità a leggere !!! Bene.
    Grazie carissima. :)
    Si, in effetti, Stefano ed Heron stanno consolidando il loro rapporto amichevole e il processo continua.

    Ok. Visto che hai già letto, ecco la prossima puntata.
    C'è da leggere per un po' e .... ti consiglio di mettere un paio di fazzolettini sul comodino, o sul tavolo, vicino al pc. Ti potrebbe scappare una lacrimuccia ma non ti preoccupare!! :) Non è per la morte di qualcuno .... ;) . E c'è anche un momento di tensione .....

    Buona lettura.




    TRASH - SPAZZATURA




    29) ATTESE


    Area 51

    Attraverso i grandi schermi, accesi e operativi, Forrest e soci potevano finalmente seguire tutto ciò che avveniva sulla superficie terrestre e comunicare con qualche esemplare umano del pianeta che in quel momento fosse disposto e disponibile a comunicare con loro.
    Su uno schermo poterono assistere all'arrivo e discesa di un veicolo spaziale che scaricò rottami in mezzo al deserto.
    "Figli di puttana ! - gracchiò, rabbioso Forrest - Adesso vi faccio passare io la voglia di trattare la Terra come una pattumiera! Dove sono i prigionieri?" strillò alla fine.
    "Li ha mandati a fare le pulizie, capo!" gli rammentò Hardings, al suo fianco.
    "Ah, è vero" si ricordò Forrest, calmandosi un poco.
    "Vuole che andiamo a cercarli e riportarli qui?" si offrì Edwards.
    "Si, grazie. - rispose Forrest - Ho una missione importante per loro".
    I due piloti eseguirono il saluto di rito e uscirono dalla sala comandi.



    Base di Novosibirsk, Siberia

    Gregorji Wichinskji si aggirò per la base e scoprì ben presto di essere rimasto solo ma decise di non abbandonare il luogo. Qualcuno avrebbe dovuto restare ed occuparsi di esso il minimo che sarebbe stato necessario per tenerlo in funzione e non lasciarlo decadere.
    Portò il corpo di Antonov all'esterno, somministrò una sorta di benedizione inventata su due piedi e gli diede fuoco con l'accendino che teneva in tasca per accendersi i sigari; intanto che c'era, si accese anche un sigaro, dopodiché rientrò con l'intenzione di mettere un pò di ordine nel locale. Tuttavia, richiamato da voci di cui non riuscì subito a capirne la provenienza, prima di accingersi a cominciare i lavori, andò a dare un'occhiata ad uno degli schermi che si trovava in una sala attigua a dove si era svolto lo scontro fra il suo capo e i due visitatori e lo vide occupato dall'immagine di un uomo con capelli molto corti, chiari e brizzolati che incorniciavano un viso simpatico ma dall'aria risoluta. Oltre al volto si scorgeva anche il colletto di un'uniforme militare. Attivò il sonoro per poterne ascoltare anche la voce.



    Area 51

    Nella sala comandi, uno schermo inquadrò un viso maschile dai capelli castani, striati di grigio, ornato da un paio di folti ed importanti baffi anche questi castani e brizzolati.
    "Qui, base aerea Area 51, Stati Uniti d'America, o almeno, una volta era così. - attaccò Forrest - Sono il comandante Steve Forrest; con chi ho il piacere di parlare?".
    "Qui base di Novosibirsk, Siberia. - rispose Wichinskji ben disposto a parlare - Ed è ancora così per adesso. Sono Gregorji Wichinskji, unico superstite di questo avamposto...Salve comandante Steve Forrest. Sono felice di trovare qualcuno con cui scambiare due parole....- Nella sala comando dell'Area 51scese un silenzio di ghiaccio in cui a Forrest sembrò che il cuore si fermasse. Ricordò infatti di aver lasciato i due visitatori: l'italiano Aloisi e l'alieno dalla pelle bianca, partiti proprio per la località all'altro capo del globo, ed ebbe paura a chiedere notizie dei due. - Un uomo molto alto e robusto e l'altro un pò più basso, più magro e con la pelle molto chiara?" chiese conferma Wichinskij.
    "S....si" balbettò quasi Forrest, temendo fortemente una risposta negativa.
    "Se ne sono andati pochi minuti fa. - informò il polacco - Erano un poco malmessi ma se ne sono andati con le loro gambe e il loro veicolo aereo. Credo che fossero diretti in Svizzera".
    Forrest tirò un sospiro di sollievo che ebbe l'intensità di un tornado.
    "Ma perché?.... - chiese poi - Che è successo?".
    "C'è stato uno scontro a fuoco. - rispose Wichinskji serio - E il nostro capo ha avuto la peggio.... E' stato ucciso dall'uomo con la pelle chiara. Pare che il nostro capo gli avesse ucciso il padre".
    "Oh, porca vacca!" esclamò Forrest sinceramente stupito dalla notizia.
    "Già. - commentò Wichinskji, ridacchiando letteralmente sotto i baffi - Bel tipo ma tosto. Non ha avuto scrupoli a sparargli".
    "Beh, - fece Forrest sospirando di nuovo - L'importante è che siano vivi. Mi sarebbe dispiaciuto se fosse loro accaduto qualcosa di brutto. Erano simpatici".
    "Può dirlo forte, comandante. - commentò Wichinskji continuando a sorridere - Due esseri umani".
    "Vero" convenne Forrest.





    30) RISVEGLI

    Grindewald, alcuni giorni dopo

    Avvertì il tocco leggero di una carezza sulla guancia.
    Granya Addok aprì gli occhi e lo vide accanto a lei, vide il comandante Al Heron sempre bello, luminoso, sorridente, con i suoi occhi blu retroilluminati, pieni d'amore....

    L'ufficiale Addok gli apparve in fondo al letto, in piedi, immobile, sorridente, luminosa, che lo fissava dolcissima, con i suoi grandi e lunghi occhi neri iridescenti....colmi d'amore.....

    Heron spalancò gli occhi e saltò seduto sul letto, ansante e sudato....
    L'ufficiale Addok era in piedi, in calzoni celesti e maglietta bianca a maniche corte, in fondo al letto e lo fissava sorridente. Sorrise anche lui, sbalordito e provò ad alzarsi dal letto. Una volta in piedi, ebbe un leggero capogiro che lo obbligò ad appoggiarsi al primo sostegno a disposizione, ma durò un istante e fu subito dopo in grado di stare in posizione eretta. Mosse qualche passo verso di lei, lei gli andò incontro e... si abbracciarono, stretti l'uno contro l'altro.
    Quando Annamaria entrò nella stanza per effettuare la visita di controllo, li trovò così e rimase bloccata, esterrefatta, sentendo gli occhi cominciare a pizzicarle di lacrime di commozione, notando oltretutto le guance magre e chiare di Heron luccicanti di lacrime alla luce del giorno che entrava nella stanza dalla finestra. Non osò compiere altri passi e si godette la scena, non riuscendo nemmeno lei a frenare le lacrime che le scendevano da sole sulle guance.
    Anche Stefano, svegliatosi in quel momento, si sedette sul letto, rimanendo in silenzio a gustarsi quegli attimi, sforzandosi mascolinamente di non commuoversi pure lui. Marito e moglie si strinsero le mani, poi Stefano accostò Annamaria a sé, abbracciandola per le spalle continuando a fissare i due innamorati stretti in quell'abbraccio emozionantissimo.
    Anche su Ariel si usava così.
    L'universo, in fondo, era piccolo.
    Il farmaco aveva funzionato.
    Creata da un medico, dimenticato in un ospedale psichiatrico nascosto chissà dove in un angolo sperduto dell'ex impero sovietico nell'era della Guerra Fredda, la miscela di calcio, silicio e resina di betulla, iniettata sulle fratture, le aveva saldate nel giro di qualche giorno avvolgendole in una specie di schiuma che, assorbita dal tessuto osseo, aveva lentamente, ma non troppo, chiuso le crepe prodotte in esso dai gravi colpi ricevuti al momento dell'impatto nel violentissimo atterraggio dell'astronave sul suolo montuoso del nostro pianeta.
    Annamaria decretò che era valsa la pena provare quella cura.
    Il meraviglioso risultato era adesso sotto i loro occhi.
    Nel quarto d'ora successivo, molti pazienti circolanti nel paraggi si fermarono sulla soglia della stanza a guardare, senza parlare, i due innamorati abbracciati, e mancò poco che si fosse dovuto chiamare i pompieri per allagamento dei locali. Tutti piangevano di commozione e si abbracciarono: uomini e donne, solo uomini e solo donne.
    Da commovente, la scena divenne quasi comica.
    Verso le nove e mezzo del mattino, fu distribuita la colazione e nel corso della seguente mezz'ora, nella stanza entrarono anche gli altri quattro membri dell'equipaggio di Heron, in un tripudio di applausi riservati a loro e ad Annamaria.
    Ma i due innamorati dovettero affrontare un'altra prova dalla quale, per un pelo, non ne rimase uno solo.
    Furtivamente, l'ufficiale Ollen si avvicinò ad un carrello piazzato vicino al letto di Heron, che ospitava il vassoio su cui erano radunate le vettovaglie del pasto e, afferrato un coltello, si mosse verso Heron con l'intento di colpirlo alla schiena, passandosi la posata dalla mano destra alla sinistra. Stefano se ne accorse, afferrò anche lui un coltello dal vassoio sul carrello accanto al suo letto e lo lanciò contro l'uomo, centrandolo fra il petto e la spalla.
    Tutti gridarono dallo spavento.
    Dopo un balzo all'indietro, Ollen stramazzò a terra, in un primo istante non si capì subito se morto o no, rimanendo comunque immobile in terra. Staccatosi ormai dalla donna, Heron s'inginocchiò a fianco del collega colpito per verificarne la condizione.
    Nella sala scese un silenzio sepolcrale che gelò il sangue nelle vene del sindaco di Grindewald, soprattutto dopo, allorché il comandante di Ariel si alzò e fissò Stefano con i suoi occhi blu divenuti improvvisamente due laghi ghiacciati.
    Nonostante la stazza, Stefano si sentì minuscolo e provò il desiderio di seppellirsi nel primo tombino che avesse trovato.
    "Non....volevo! - mormorò, tirandosi i capelli indietro con una mano - Ma ho visto che...".
    "No. - lo interruppe Heron il cui sguardo non aveva tuttavia ombra di rimprovero - Grazie, capitano Aloisi, per avermi salvato la vita".
    Partì un altro fragoroso applauso tutto dedicato a lui.
    "Figùrati, comandante Heron. - replicò Stefano, sospirando di sollievo - Ti ho ricambiato il favore".
    Heron si staccò definitivamente dall'ufficiale Addok e si atteggiò ad uno che fosse intenzionato ad iniziare un discorso importante. Ed in effetti, così fu.
    "Una decina di anni fa, - attaccò il comandante alieno, con aria grave - a bordo di una delle astronavi della Flotta Spaziale di Ariel, durante un viaggio interstellare, due uomini dell'equipaggio cominciarono a discutere a causa di una donna. Entrambi ne erano innamorati e la discussione si trasformò ben presto in alterco, quindi in scontro fisico. E nessuno dei due, ma neppure gli altri membri dell'equipaggio, distratti dal litigio e dal duello, si avvidero che un grosso meteorite stava avvicinandosi a grande velocità verso l'apparecchio. Il meteorite centrò in pieno l'astronave e la distrusse. L'impatto provocò la morte dell'intero equipaggio. Dieci persone morirono incenerite nell'incidente. Da quel giorno, e in seguito a quel terribile episodio, fu emanata una legge ferrea che proibì, e proibisce tuttora, categoricamente, qualsiasi tipo di rapporto fra i membri che non sia soltanto di lavoro. Questo per evitare che si verifichino altri incidenti come quello che vi ho appena narrato. Ciò mi fa soffrire molto, non lo nego. Amo l'ufficiale Addok ma.... solo sulla terraferma. A bordo di un'astronave, ci scambiamo solo ordini e saluti convenzionali".
    Di nuovo silenzio tombale per qualche secondo poi altro applauso che per poco non fece crollare l'intera stanza, stavolta dedicato a Heron che si riavvicinò alla donna abbracciandole le spalle e tirandola verso di sé.
    Annamaria andò a controllare le condizioni del potenziale omicida. Il coltello era conficcato piuttosto in profondità fra petto e spalla sinistra ma non aveva colpito organi vitali importanti.
    Con il cerca - persone chiamò il servizio paramedico per venire a prelevare il ferito, privo di sensi, attese che arrivasse qualcuno e, una volta arrivato, seguì la barella fuori nel corridoio.

    Verso le undici, nella stanza dove Stefano ed Heron riposavano, piombarono come bolidi tre dei quattro figli di Stefano, capitanati dalla maggiore, Flavia, i quali, a turno, abbracciarono il padre sotto gli occhi divertiti di Heron e l'ufficiale Addok.
    Flavia fissò per qualche istante l'alieno e ne rimase affascinata.
    Scomparso il velo triste dal suo volto e dai suoi occhi, l'extraterrestre pareva brillare di luce propria; splendido, avvolto dall'alone dell'amore ritrovato, le sorrise tenendo sempre la sua donna vicino, che sorrise anche lei alla ragazzina. I due maschietti: Federico e Giulio sorrisero all'ufficiale Addok trovandola bellissima. E lei ricambiò, imbambolando i due bambini che restarono incantati finché Stefano, vista la scena, non schioccò le dita riportando i figli nel mondo reale.
    "Papà, quando torni a casa?" chiese Flavia,tutta eccitata.
    "Quando lo deciderà la mamma" rispose Stefano, con filosofia.
    "Ma stai meglio, vero?" chiese Federico.
    "Si. - lo rassicurò Stefano - Molto meglio".
    Dopo la visita dei figli, Stefano ricevette numerose visite da parte dei suoi concittadini sia italiani che tedeschi.
    "Sei amato, capitano Aloisi" commentò Heron, sempre divertito.
    "Pare di si" suppose Stefano apparendo discretamente soddisfatto, pur se, segretamente, lo era davvero.
    "Lo meriti. - sentenziò Heron Sei un grande. Tu e la tua donna siete grandi. Se non fosse stato per voi, noi non saremmo qui, vivi".
    Stefano sorrise.
    "E' stato un piacere" rispose semplicemente.
    Heron si staccò di nuovo da Granya Addok e si avvicinò, allargando le braccia, al letto di colui che ormai considerava il suo amico terrestre. Stefano rimase un attimo perplesso, poi capì. Si alzò anche lui dal letto e Heron lo abbracciò con forza. Stefano ricambiò, all'inizio per accontentarlo, poi con maggior convinzione.
    E di nuovo, Annamaria capitò nella stanza proprio in quel frangente. Con la coda dell'occhio destro Stefano vide la moglie smanettare con il suo smart watch.
    "Oggi, 10 agosto 2114, giornata degli abbracci. - dettò Annamaria all'orologio - Da oggi in poi, questo giorno sarà dedicato agli abbracci" .
    Stefano, Heron e Addok risero.
    Alcuni secondi dopo, fu il turno di Annamaria, che Heron abbracciò in modo particolarmente energico.
    E nel clima gaio di un amore ritrovato, nonché della linfa vitale che aveva ripreso a scorrere nelle vene dei resuscitati grazie alle cure dello staff dell'ospedale di Grindewald, nessuno si prese la pena di dare anche solo un fuggevole sguardo ai monitors; nessuno si avvide del rischio mortale che il pianeta Terra stava per correre ed affrontare.
     
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    Eccomi qui Sahany:-) Uau che capitolo davvero intrigante, l'ho letto tutto d'un fiato,sei davvero molto brava...mi è piaciuto molto il dialogo iniziale tra Gregor e il responsabile dell'area 51,la scena in cui Annamaria e Stefano si abbracciano e la gioia del fatto che il farmaco abbia funzionato,meno male che Stefano sia riuscito a sventare l'attentato contro Heron....giornata degli abbracci tutti i giorni ♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡ I miei complimenti
     
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