That's really supernatural!

FanFiction by bloodyjane

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  1. bloodyjane
     
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    La cosa positiva è che ho 2 sett x preparare ogni esame ;) .... nn ho letto quasi nessuna ff, in realtà finora, ma rimedierò qnd rinizieranno le lezioni.
     
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  2. John7776
     
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    wow due settimane come mai?
     
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  3. dani61
     
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    Bravissima!!! Belli anche questi ultimi due capitoli e scritti egregiamente - brava davvero!!
     
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  4. bloodyjane
     
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    CITAZIONE (John7776 @ 11/9/2010, 22:55)
    wow due settimane come mai?

    Xké tra un esame e l'altro ho 2 sett di tempo... tranne x uno, ke ho sl 5 gg :wacko: :wacko: :blink:
     
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  5. John7776
     
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    wow o.O
     
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  6. bloodyjane
     
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    Prima dl break obbligatorio (motivo esami) vi lascio cn un altro capitolo, sperando ke vi piaccia...

    Joan chiude di scatto il libro, rimanendo a fissare la copertina. “Joan, tutto ok?” le chiede Bobby.
    “S-sì” risponde, con voce tentennante, ma lui non le crede: la sua reazione è stata fin troppo lampante, quella ragazza conosce i demoni e molto bene anche.
    “Sei stata posseduta da un demone” afferma. Joan alza leggermente lo sguardo e deve esserci qualcosa, nel modo in cui lo osserva, che spaventa il cacciatore.
    “Non ricordo nulla. È da quando sono al Roadhouse che cerco di ricordare, ma niente… io non ci riesco” sibila, e anche quella reazione spaventa Bobby.
    “Come sei arrivata al Roadhouse?”
    “John Winchester”. Il cacciatore non dice più nulla, e Joan pensa che sia il momento di andare via. Cinque lunghe, interminabili ore in un pick-up con l’aria condizionata guasta e un caldo soffocante di fuori… le sembra quasi di essere all’inferno.

    Appena Joan è uscita, Bobby ha preso la sua agenda, alla ricerca di un numero di telefono che non compone da anni… è così agitato che quasi strappa le pagine mentre le sfoglia. Alla fine, lo trova e lo compone, in attesa che la persona dall’altra parte della cornetta risponda. “Pronto?” domanda una voce, dopo dieci squilli.
    “Che cazzo hai combinato, John?”
    “Bobby, ma che diavolo… che vuoi?”
    “Ti sto chiedendo per quale fottuto motivo hai portato un demone alla Roadhouse” sbotta. Conosce John da anni, ormai, e non riesce a credere che possa avere fatto una cosa del genere.
    “Io non… oh, merda. Hai conosciuto Joan”.
    “Esatto, pezzo d’idiota. Come hai fatto a non capirlo?”
    “Bobby, ascoltami. Ho trovato Joan in California, credevo che avesse bisogno d’aiuto, ma non sapevo chi fosse davvero; ho avuto i primi sospetti quando ha detto di non ricordare nulla, quindi sono rimasto all’ospedale. Un infermiere che lavorava lì sapeva chi ero, mi ha fatto avere i risultati della sua radiografia, e non puoi neanche immaginare quello che ho visto”.
    Bobby era rimasto ad ascoltare, senza interrompere John, ma una domanda gli salì spontanea. “Cosa?”
    “Le sue ossa sono ridotte in briciole. Letteralmente.”
    “Allora è un demone, John. Nessun essere umano rimarrebbe vivo”.
    “Non è un demone” sbraitò John, così forte che Bobby dovette allontanare la cornetta dall’orecchio. “La mia auto è piena di amuleti contro i demoni, se lei lo fosse stata a quest’ora sarebbe incenerita”.
    “Quindi, hai portato al Roadhouse qualcosa che non sai neanche cosa sia?”
    “Adesso ti devo lasciare, non chiamarmi più a questo numero” fece John, riattaccando.

    Joan spense il motore del pick-up, lasciando le mani sul volante e cercando di riprendere il controllo dei suoi nervi; diede un’occhiata al sedile del passeggero, e vide l’appunto con l’indirizzo di Bobby. Prese in mano quel foglio, e cercò una penna sul cruscotto: la trovò, e girò il foglio, disegnando il simbolo che aveva visto da quel cacciatore, e più andava avanti, più sentiva crescere il terrore; arrivata alla metà, dovette smettere e accartocciò il foglio.
    Uscì dalla macchina, e rientrò al Roadhouse. “Ehi, com’è andato il viaggio?” le chiese Jo, appena la vide. Joan si limitò a fare una smorfia e si guardò attorno.
    “Caleb?” domandò, sedendosi.
    “È andato via qualche ora fa” le rispose lei, avvicinandosi. “Ti ha lasciato questi” e le passò alcune banconote, che Joan prese e contò. “Mi sa che gli piaci” finì, con un sorrisetto.
    Joan alzò le spalle, e si mise in tasca i soldi. “Gli ho solo detto di lasciarmi la mancia per il favore che gli stavo facendo”.
    “Mm, Caleb non lascia mai mance: credimi, tu gli piaci”. Ellen arrivò in quel momento, e diede subito del lavoro a tutte e due. Un paio di ore dopo, il telefono della Roadhouse squillò, ed Ellen rispose. “Roadhouse” esclamò, e le sue sopracciglia s’inarcarono, fissando Joan. “Te la passo subito. Joan, al telefono” fece, e lei lasciò le ordinazioni sul tavolo prima di andare a vedere chi la cercasse.
    “Pronto?”
    “Sei andata da Bobby?” le domandò la voce di John.
    “John, ciao. Io… ecco, dovevo… dovevi portargli… delle cose. Da parte di Caleb. Ma perché?”
    “Non uscire dal Roadhouse. Domani verrò lì”.
    “Cosa? Ma…”
    “Fa come ti dico io” ordinò, prima di riagganciare. Joan rimase ferma, a fissare la cornetta.
    “Che cosa voleva?” le disse Ellen, accanto a lei, appoggiata al bancone. Lei la fissò, sorpresa.
    “Ha detto che non devo uscire da qui. E che domani verrà a trovarmi”.
    “Perché?”
    “Non lo so: mi ha chiesto se fossi andata da Bobby, e… niente”.
    “Tu hai detto qualcosa a Bobby?”
    Joan posò la cornetta, fissando il telefono. “No” mentì. “Senti, se ne sono andati quasi tutti, posso andare nella mia camera?”
    Ellen la osservò per un po’, poi fece segno che poteva anche andare. Joan diede la buonanotte a tutti, e si diresse nella sua stanza, buttandosi sul letto e passandosi una mano sugli occhi stanchi: dieci ore di viaggio cominciavano a farsi sentire, gli occhi le bruciavano e le ossa erano indolenzite.
    John sarebbe arrivato il giorno dopo… chissà di cosa voleva parlarle?

    Ellen affidò il bancone a Jo per qualche minuto, e uscì, dirigendosi verso il suo pick-up, per vedere se ci fosse qualcosa fuori posto: aprì la portiera, e si sedette al volante, iniziando a frugare ovunque. Continuò, finché non trovò un pezzo di carta appallottolato accanto al pedale della frizione. Lo srotolò, osservando quel disegno lasciato a metà… l’aveva già visto. Come aveva già visto quella calligrafia. Alzò lo sguardo fino alla camera di Joan: la luce era spenta, sicuramente stava già dormendo.
    Perché aveva disegnato una mezza trappola del diavolo? “Che John venga per questo?” sussurrò, prendendo quell’appunto e mettendoselo nella tasca dei jeans, prima di rientrare al Roadhouse.
     
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  7. sahany09
     
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    Dalle radiografie risulta che le ossa di questa Joan sono ridotte in briciole.... :mmm: Non so perché ma mi ricorda qualcosa...anzi qualcuno...che ha fatto un volo da un palazzo.... :hum:
    Ma sicuramente non è quello/a che penso io.
    Comunque, bravissima Bloody!!!
     
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  8. John7776
     
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    o.O fantastico....mi sa che le ore relegata a studiare ti danno un'ispirazioni strabiliante...cioè voglio dire wow!!!!
     
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    Lilith vs Sam

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    In bocca al lupo per gli esami! ;)
     
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  10. dani61
     
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    Bellissimo anche questo capitolo - Brava!!!
     
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  11. bloodyjane
     
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    Grz dei complimenti... e crepi il lupo, Brynhild, crepi :wacko: :wacko: .
     
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  12. bloodyjane
     
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    Qst capitolo fa skifo, perdonatemi, e fa nascere ancora + domande, ma spero ke sarete clementi....

    Joan sapeva che John non era ben accetto nella Roadhouse, ma non credeva fino a quel punto… il telefono squillò e lei rispose. “Roadhouse”.
    “Joan, puoi uscire fuori?”
    “John, ma cosa…” disse, prima di allungare il collo, e vederlo al volante della sua auto. “Che cazzo mi chiami a fare? Entra”.
    “No. Ho già abusato troppo della pazienza di Ellen quattro mesi fa: se adesso rientro là, mi punta un fucile nel petto e spara” rispose lui.
    Joan scosse la testa, e appoggiò la cornetta. “Ellen, John è qui fuori: posso lasciare il posto?” Lei guardò fuori e, dalla smorfia che fece, Joan capì che John aveva avuto ragione: lei gli avrebbe sicuramente sparato.
    “Puoi andare dove vuoi” fece, e riprese a lavorare. Joan riattaccò, e uscì: John era appoggiato alla macchina, e fissava in tralice il Roadhouse.
    “Ehi, ciao” gli disse, avvinandoglisi e sorridendo. John si risvegliò e le sorrise, ma sul suo viso rimase un ombra.
    “Ciao, Joan. Come vai?”
    “Come quando mi hai portato qua” rispose con un’alzata di spalle. John la scrutò attentamente, e le fece segno di salire in macchina. “Dove vuoi andare?”
    “Sali, dai” e lei eseguì. “Ti porto a mangiare qualcosa di più sostanzioso dei panini della Roadhouse”.
    “A me vanno più che bene quei panini: mi piacciono”.
    “Perché mangi quelli da, quanto? Quattro mesi?”
    Joan fece un smorfia, e non rispose, fissando il volto di John: era tirato, con delle occhiaie viola appena accennate sotto gli occhi, e si vedeva lontano un miglio che aveva urgente bisogno di dormire. “Dove sei stato, in questi mesi?”
    “Mm, un po’ di qua, un po’ di la” fece vago. Joan si sedette meglio sul sedile, e lo scrutò come lui aveva fatto prima con lei; John se ne accorse, e le gettò un’occhiata. “Cos’è, vuoi farmi il terzo grado?”
    “No” disse lei. “Volevo solo… chiederti se… ecco, se… hai ucciso dei demoni”.
    John scosse la testa, con una risatina. “Sì, ho fatto fuori parecchi di quei figli di puttana, in questo periodo” rispose lui, ma Joan non gli credeva più di tanto; sì, certo, di sicuro era stato a caccia, ma aveva la sensazione che non le stesse dicendo tutta la verità. Sospirò, e appoggiò la fronte contro il finestrino, osservando la città che le scorreva davanti agli occhi: non era mai andata così in là nell’abitato, con Jo o Ellen.
    “Eccoci qua” esclamò, fermando l’auto davanti ad un piccolo locale nel centro della cittadina.
    “Immagino che sia inutile chiederti se hai dei contanti” ironizzò Joan.
    “Sbagliato. Stavolta, ho i contanti per offrirti un pranzo degno di questo nome” sorrise lui, scendendo, e lei lo imitò. Il locale era piccolo ma accogliente: sui tavoli c’erano delle tovaglie a quadri rossi e bianchi, su ognuno dei quali erano posati dei tovaglioli e delle bottiglie d’acqua, alcuni erano occupati da persone che mangiavano un pasto veloce, mentre al bancone, dietro al quale c’era un uomo più o meno dell’età di John, erano seduti tre ragazzi che bevevano delle birre.
    Joan si sedette con le spalle ad un finestra, e pochi minuti dopo arrivò una giovane cameriera che portò un menù. “Quando avete deciso, chiamatemi” fece, sorridendo.
    “Grazie” disse John, fissandola mentre se ne andava. Joan non riuscì a trattenersi: era dal momento in cui era entrata, che si tratteneva, ma in quel momento scoppiò. “Che c’è?”
    “Ni-ni-niente” rispose, fra le risate… senza accorgersi che praticamente mezzo locale li stava osservando. “È solo che… questo posto…” fece, cercando di riprendere il controllo, “è molto diverso dalla Roadhouse”.
    “Lo so” esclamò lui. “Ma cerca di non farti notare, Joan: dobbiamo mantenere un…”
    “Profilo basso, lo so, lo so. Sai quante volte me l’hanno ripetuto, in questi mesi? Fin troppe”.
    “A proposito, come ti trovi al Roadhouse?”
    Joan alzò le spalle. “Bene. Voglio dire, non sono ancora scappata quindi sto bene”.
    “Eri scappata da casa?” le chiese, mentre lei leggeva il menù per decidere cosa mangiare.
    “Posso ordinare quello che voglio, vero?” gli disse, fissandolo da sopra il menù con i suoi occhioni neri. John sbuffò, capendo che non avrebbe risposto.
    “Sì”.
    “Ok, allora ho deciso” fece, e gli tese la carta. “Ora tocca a te”.
    “Prendo quello che prendi tu” rispose, e Joan chiamò la cameriera, che arrivò con un blocco per appunti e una penna… pensò a quanto sarebbe stato divertente se l’avesse fatto al Roadhouse.
    “Deciso?”
    “Sì: due bistecche e due birre, grazie”.
    “Arrivano subito” e si riprese la carta. John la guardò di nuovo, e Joan scosse la testa.
    “La vuoi smettere di fissarle il sedere, John?” esclamò, e lui si voltò verso di lei.
    “Non stavo affatto fissando il suo sedere” proruppe.
    Joan mise la testa di lato, e lo osservò. “Certo. È la stessa faccia che fanno tutti quanti al Roadhouse, quando io e Jo torniamo al bancone” ironizzò lei.
    “Cosa? Ti fissano il sedere?”
    “John, andiamo: sono esseri umani, mica macchine. E dubito che la maggior parte di loro abbia una famiglia come te, quindi… è perfettamente lecito, nessuno di loro si è mai azzardato a fare di più. Anche perché…”
    “Ellen li ucciderebbe seduta stante”. In quel momento, arrivò il loro pranzo e Joan notò lo sforzo del cacciatore nel non ripetere la scena di prima. Lei scosse la testa, e iniziò a mangiare la sua bistecca. “Per la domanda che ti ho fatto prima…”
    “Quale? Se ero mai scappata?”
    “Esatto”.
    “Boh” rispose, bevendo un sorso di birra. “Non ricordo molto”.
    “Bobby crede che tu sia… un demone” fece, abbassando la voce.
    “Me l’aveva detto. Cioè, ho solo visto una trappola del diavolo e ho … avuto paura”.
    “Più che paura. Bobby era incazzato nero, quando mi ha telefonato”.
    “Beh, comunque io non ricordo nient’altro”.
    “Nessun cacciatore ti ha riconosciuto?”
    “No, nessuno. Ma la cosa non mi dispiace, ricorderò con calma… che era quello che volevi tu, no?”
    “Già, ma non credevo che ti ci volesse così tanto” fece, e riprese a mangiare. “E se venissi a caccia con me?” fece lui, all’improvviso, e Joan quasi si strozzò e dovette bere metà della sua birra per riprendersi.
    “Cosa? Io? A caccia? Con te?”
    “Potresti ricordare più velocemente. Magari, se vedessi un demone…” Joan lo fissò, e capì quello che voleva dire: non un demone qualsiasi, ma uno ben preciso.
    “John, lascia perdere: non sono ancora brava a sparare, ti sarei d’impiccio e basta” rispose, piluccando quello che rimaneva della carne nel suo piatto.
    “Ok, lascia perdere” fece lui. “La mia è stata solo… un’idea”.
    “Una pessima idea” lo corresse lei, chiedendo il conto. Non capiva perché John aveva voluto vederla, se era solo per farle quelle proposta stupida.
    Una volta fuori dal locale, John si fermò davanti al pick-up, affondando le mani nelle tasche del suo giaccone. “La trappola del diavolo” proruppe. “Ti spaventa”.
    “È per quello che volevi vedermi? Sì, te l’ho detto John: quella… cosa… mi fa una paura del diavolo. E non so perché”.
    “Sei stata posseduta da un demone, questo ormai è chiaro. Ma…” fece, scuotendo la testa e aprendole lo sportello. Joan rimase titubante per un attimo, poi salì.
    “Ma cosa? Cosa volevi dire, John?”
    “Sono pochi i cacciatori che sanno come disegnare una corretta trappola del diavolo” rispose lui, girando la chiave nel quadro e partendo. “Devi averne incontrato uno, altrimenti non si spiega il tuo terrore”.
    Joan si appoggiò di nuovo al finestrino, fissando il paesaggio al contrario dell’andata. “Senti, John, posso farti una domanda io, adesso?”
    “Non me l’avevi già fatta prima?”
    “Questa è un’altra: come stanno Dean e Sam?”
    John non ebbe la stessa reazione della volta passata, si limitò a inspirare e contrarre la mascella. “Bene” disse, e non aggiunse altro. Joan capì che non avrebbe aggiunto nulla, e non se la sentì di chiedergli di continuare: iniziò a torturarsi l’indice della mano destra, quasi che ci fosse stato un anello, come faceva sempre quando non sapeva cos’altro fare.
    Arrivarono alla Roadhouse, e John spense il motore. “Sono stato a Lawrence, ieri” proruppe. “C’era… c’era un poltergeist nella mia vecchia casa”.
    “Ahm, è una specie di fantasma, no? Vuol dire ′spirito rumoroso′, e se ne hanno notizie fin dall’antichità: si manifesta con lo spostamento degli oggetti”.
    “Accidenti, hai studiato” rise lui. “Comunque sì, è così. Ho visto Dean e Sam: sono… bravi, in quello che fanno”.
    “Sam ha lasciato… come cazzo si chiamava l’università?” chiese, grattandosi la testa.
    “Stanford. A quanto pare; beh, ora è meglio se vai, o Ellen mi ucciderà se ti riporto troppo tardi”.
    “Ma se ieri ho fatto dieci ore di macchina e no ha detto nulla”.
    “Ma eri da sola, adesso no. Avanti vai”. Joan fece come le aveva detto lui, e scese.
    “Senti” disse, prima di chiudere lo sportello. “Grazie. Di tutto”.
    “Non ho fatto niente” rispose lui. Joan sorrise, e rientrò nella Roadhouse.

    Da dietro una delle macchine parcheggiate uscì una figura: un ragazzo, con un lungo giaccone di pelle, fissò la ragazza che era appena entrata, e anche l’uomo alla guida del pick-up nero. Si passò una mano sotto al mento, sul quale c’era una barba appena accennata, e fece una smorfia. E quindi, i giovani Winchester erano a caccia, tutti e due insieme… chissà per quale motivo Sam aveva mandato a quel paese la facoltà di legge.
    Da quattro mesi a quella parte, si era tenuto lontano dalla Roadhouse e dai suoi avventori… però, forse, era meglio iniziare a prendere informazioni, per cercare di capire che cavolo stava succedendo lì fuori. Si fissò un attimo ad osservare una finestra, dalla quale vide il profilo di Joan: lei, per ora, era al sicuro, e così doveva restare.
    Sorrise e, un secondo dopo, era sparito.
     
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  13. sahany09
     
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    Perché dici che questo capitolo fa schifo? E' carino invece. Il mistero continua, e s'infittisce. Bello, no?
     
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  14. Vivaldi4love
     
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    Paola ha ragione è ben fatto ma le ultime frasi mi fanno pensare a Castiel... niente niente ce lo ritroviamo qui in tempi non sospetti ghghghgh...
     
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  15. sahany09
     
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    CITAZIONE
    Vivaldi4love.
    ma le ultime frasi mi fanno pensare a Castiel

    In effetti, si ma, secondo la descrizione della nostra Bloodyjane, il ragazzo ha un lungo giaccone di pelle e non l'impermeabile.
    Le ipotesi sono due: 1) non è Castiel; 2) è lui ma ha deciso di cambiare abiti.
    Vedremo, Vivaldi, cosa racconterà la nostra amica.
     
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465 replies since 24/8/2010, 15:36   5749 views
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