Trash - Spazzatura

fanta storia ecologico/spirituale

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  1. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 25/8/2015, 18:17) 
    Eccomi qui Sahany:-) Uau che capitolo davvero intrigante, l'ho letto tutto d'un fiato,sei davvero molto brava...mi è piaciuto molto il dialogo iniziale tra Gregor e il responsabile dell'area 51,la scena in cui Annamaria e Stefano si abbracciano e la gioia del fatto che il farmaco abbia funzionato,meno male che Stefano sia riuscito a sventare l'attentato contro Heron....giornata degli abbracci tutti i giorni ♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡♡ I miei complimenti

    Oooohhh, che velocità !! Mi aspettavi? :)
    Grazie come sempre dei complimenti.
    Eh si, questa ultima puntata era carina e, visto che sei disponibile, eccoti la prossima nella quale un'altra minaccia sembra incombere sui nostri eroi e su tutto il pianeta. E stavolta, pare davvero grave.
    Ma ecco cosa succede ....

    Buona lettura. :)



    TRASH - SPAZZATURA




    31) ATTACCO ALIENO?

    Spazio

    Scrutando le immagini apparenti sugli schermi, riportanti il panorama desertico, desolato e desolante ma non aggiornato del pianeta Terra, l'ufficiale Roch si avvicinò al comandante Astrud, il quale guidava l'Unità 3 della Flotta 2 mista, composta da veicoli partiti da vari pianeti, compreso Ariel, che costituivano l'accozzaglia navale messa insieme dai membri rimasti del CLAN, dopo la distruzione della nave ammiraglia e lo sterminio del suo equipaggio per mano di Heron e soci, e gli si rivolse con aria di sfida.
    "Ci alleggeriamo un altro po', eh, capo?".
    Concentrato sul comando e sui suoi pensieri, Astrud gli dette appena ascolto e gli schioccò un'occhiata di sufficienza spocchiosa. Un altro componente dell'equipaggio si unì al duo.
    "Ehi, capo, - lo incitò, allegro - abbiamo appena guadagnato un bel gruzzolo!".
    In effetti, la ciurmaglia aveva da poco messo in atto un buon colpo, depredando un'astronave di Beta 1 del suo carico, pagando prima per il trasporto spazzatura, e uccidendo subito dopo tutti i componenti dell'equipaggio, riprendendosi il denaro e assicurandosi in questo modo il proseguimento della loro vita da criminali.
    Ma qualcosa ne cambiò improvvisamente il corso.
    Fermandosi qualche secondo oltre il solito, davanti al monitor del suo computer di bordo, Woitan, di Beta 1, secondo ufficiale dell'astronave, si avvide di dettagli che non aveva visto e che, come si rese conto subito dopo, non avrebbe voluto e dovuto vedere. Lo schermo infatti, restituì immagini nuove, assolutamente inedite, di un agglomerato urbano piuttosto brulicante di esseri umani che si muovevano fra edifici e aree verdi. Fissò sbalordito quella foto e percorse a perdifiato il corridoio che portava alla sala comando, entrandovici trafelato.
    "Capo .... - ansimò, con la faccia rossa per lo sforzo e la corsa - Colleghi..... !! La Terra è abitata!".
    Ottenne subito l'attenzione di tutti, in modo particolare allorché tutti si girarono verso gli schermi e scoprirono le nuove immagini che ora ci scorrevano sopra.
    Si scambiarono occhiate stupite ed interrogative.
    Superato il primo attimo di sbigottimento, Astrud, biondissimo, capelli corti rasati e scompigliati alla sommità della testa, riconquistò la freddezza concentrata nei suoi occhi grigio ghiaccio e fissò il quadro dei comandi.
    "Nessun problema, signori. - sentenziò con voce altrettanto glaciale - La Terra tornerà ad essere disabitata".


    Area 51

    Weaver non credette ai suoi occhi.
    Ora che il telescopio aveva ripreso a funzionare correttamente, le immagini che arrivavano ai teleschermi erano molto varie e andavano dallo spazio alle distese terrestri tristemente ricoperte d'immondizia, passando, talvolta, all'oceano e ai centri abitati. Improvvisamente, tornarono allo spazio per inquadrare uno stormo di veicoli che sembravano dirigersi verso la Terra.
    "Che mi venga un colpo! - mormorò il giovane studioso, esterrefatto - Da dove escono quelle astronavi?" e chiamò Forrest il quale fissò lo schermo, allibito.
    "Che diavolo succede?" esclamò.
    "E' quello che mi sto chiedendo anch'io" si unì Weaver, sconcertato.
    "Porca puttana! - imprecò Forrest - Dobbiamo avvertire l'italiano e l'alieno! Prova a contattarli!".
    Weaver attaccò a smanettare sulla tastiera.


    Grindewald, Svizzera, ospedale

    Sul suo smart watch, Annamaria si avvide di un segnale di comunicazione esterna e attivò il programma. Pochi secondi dopo le giunse uno strano ed inquietante messaggio che la invitava a guardare un qualsiasi schermo acceso. La dottoressa si trovava nella sala terapia intensiva dell'ospedale di Grindewald dove aveva ricoverato il collega ferito del comandante Heron e ne uscì qualche minuto per raggiungere il suo studio nel quale ricordava di aver lasciato acceso il computer.
    Entrò e si avvicinò allo strumento informatico per dare un'occhiata al monitor dove, dopo pochi secondi scomparve il salva schermo sostituito da un'immagine che inquadrava lo spazio, riempito da una nidiata di veicoli in rapido movimento verso il pianeta.
    Fissò il filmato, rapita, ma anche allarmata dallo spettacolo, quindi cercò, affannata, di mettersi in contatto col mittente che le aveva inviato il messaggio. Lo trovò, realizzando che proveniva dagli Stati Uniti. Armeggiando ancora sullo smart, lo individuò e lo identificò.
    Era Forrest.
    Lo interpellò.
    "Ha visto?" le chiese il comandante americano.
    "Affermativo. - rispose Annamaria in perfetto codice militaresco - Che sta succedendo?".
    "Stiamo cercando di capirlo anche noi, - rispose Forrest - ma la prego .... se il capitano Aloisi e il suo amico extraterrestre sono nei paraggi, li avverta subito e li inviti a guardare. Forse loro sono in grado di capirlo meglio di noi".
    Annamaria corse nella stanza dove suo marito Stefano ed il comandante Heron, con il suo equipaggio rimessosi in forze, festeggiavano ancora il miracolo della guarigione e si avvicinò al consorte per condividere con lui il messaggio appena ricevuto. Nel vedere Stefano sbiancare e diventare di colpo serissimo, Heron si pose sull'attenti e all'erta, domandando, apprensivo di seguirli. Stefano acconsentì ed Heron fu seguìto a sua volta dall'ufficiale Addok che non aveva più intenzione di mollare il suo amato. Tutti insieme seguirono Annamaria nel suo studio e, non appena entrarono, senza bisogno di altro invito, Stefano e l'alieno si diressero verso il computer e lo schermo acceso.
    Nel vedere la scena inquadrata sul monitor, l'incarnato dell'extraterrestre tornò al suo colore bianco - grigio alabastro.
    "Oh no! - mormorò l'uomo, costernato - Il CLAN!!" e nel dirlo, strinse a sé Addok che gli rivolse un'occhiata disperata.
    Stefano gli chiese spiegazioni ed Heron gliele fornì.
    "Che facciamo, Heron?" domandò Stefano alla fine, realmente preoccupato.
    "Avete armi?" chiese Heron, pallidissimo.
    "Non lo so. - rispose Stefano - Qui a Grindewald non credo".
    Heron chiuse gli occhi, sentendosi sudar freddo.
    "Comandante, - gli si rivolse Annamaria, allarmata - Stiamo per subire un attacco dallo spazio?".
    "Ancora non ne sono sicuro - rispose l'alieno - ma quelle astronavi vanno distrutte in ogni caso. E' gente pericolosa, senza il minimo scrupolo di uccidere per raggiungere i propri scopi. Bisogna combatterli ad ogni costo".
    Annamaria guardò implorante Stefano.
    "Non preoccuparti - cercò di rassicurarla l'uomo stringendole le spalle - In qualche modo risolveremo la situazione".
    All'interno dello smart watch di Annamaria, Forrest gracchiò qualche parola e Stefano afferrò il polso della moglie per rispondergli rivendendogli ciò che l'alieno gli aveva rivelato.
    Altra imprecazione colorita dell'americano.
    "Avete armi?" chiese Stefano al direttore dell'Area 51.
    "Beh... - fece lui in tono vago - Vado a vedere in magazzino" e chiuse la comunicazione.
    Dall'umore alle stelle, Heron passò, se non proprio alla disperazione, di certo ad un forte stato di ansia, sentendo addosso la responsabilità di aiutare chi aveva aiutato lui e non sapendo al momento come fare, non avendo a disposizione nulla con cui far fronte al pericolo imminente. Si infilò le lunghe dita chiare fra i capelli folti trasmettendo in silenzio la sua angoscia agli altri. Stefano strinse le spalle anche a lui.
    "Tranquillo, amico mio. - lo incoraggiò Stefano - In qualche modo faremo. In qualche modo affronteremo l'attacco". Ma Heron era consapevole che con quei nemici, i suoi amici terrestri avevano ben poche chances di uscirne vincitori.
    Con le sue grandi mani, il sindaco di Grindewald si ravviò i capelli portandoli dietro la nuca.
    Non poteva nascondere quella nuova realtà; non poteva non avvisare la cittadinanza, ma come fare senza allarmarla? Dal clima gioioso, la sala passò ad uno silenzioso e teso. Gli altri sembravano non aver capito bene la situazione ma ne percepivano la gravità e si guardarono l'un l'altro.
    "Ci sono dei problemi, signor sindaco?" chiese una donna tedesca.
    "Si, - rispose Stefano, serio, riuscendo tuttavia a non buttarla sull'eccessivamente drammatico - ma niente paura. Li risolveremo".
    La sua stazza e la sua sicurezza parvero sortire un buon effetto sui presenti, ma Stefano era molto preoccupato.
    Heron e Addok uscirono dalla stanza e si fermarono sul corridoio a qualche metro da essa.
    "Che facciamo?" chiese la donna, guardando supplichevole il suo uomo.
    "Non lo so, Granya. - rispose Heron quasi disperato - Se questa gente non ha armi, non avrà nemmeno speranze. Noi abbiamo perso tutto nell'incidente. E' un miracolo se siamo tutti ancora vivi e adesso non possiamo far nulla per loro. Neppure chiamare i nostri. Non ci sarebbe tempo per far arrivare rinforzi fin qui ".
    Addok abbracciò di nuovo Heron e il comandante la strinse forte contro il suo corpo sentendo, in quel momento, di non poter far altro. Stefano uscì sul corridoio e si commosse vedendo i due uniti in quel gesto tenero. E in un certo senso, il gesto lo incoraggiò a tornare al suo posto per compiere il suo dovere.



    Municipio, ufficio di Stefano, qualche ora dopo

    "Lo sapevo! - sbraitò Hartmann, un massiccio cittadino teutonico, alto quasi quanto Stefano, biondo con gli occhi azzurri! - Non c'era da fidarsi! Dietro quella faccia da angelo, l'alieno stava preparando un piano per attaccare il nostro mondo, per invaderlo e conquistarlo! Altro che cercare solo l'uranio per scaldarsi!".
    "Sentiamo, signor Hartmann, - lo apostrofò Stefano - Secondo lei, cos'avrebbe la Terra di tanto interessante e appetibile da suscitare ad un extraterrestre la voglia di invadere e possedere un pianeta? Come il nostro, per giunta?".
    "Non saprei. - rispose il tedesco smorzando un tantino l'alterigia iniziale - Ma è pur sempre un estraneo ...., uno straniero !! E poi, ... non dimentichiamoci che se lui e i suoi amichetti sono arrivati fin qui è perché loro sono molto più tecnologicamente avanzati di noi. Noi non siamo ancora riusciti neanche ad arrivare su Marte e forse non ci arriveremo mai!".
    "Appunto per questo, mio caro Hartmann, - ribattè Stefano, sicuro - Cosa se ne farebbero di un pianeta retrogrado come il nostro? Lei cosa se ne farebbe? Personalmente io lo ignorerei, andando a cercare qualcosa di più ... sostanzioso!".
    Gli altri concittadini del sindaco uscirono dalla stanza, mesti ed ansiosi.
    Benché Stefano fosse stato in qualche modo in grado di tranquillizzare la sua gente, i Grindewaldesi erano ora informati e consapevoli di un grave pericolo imminente mai provato fino a quel momento.




    Spazio

    La flotta, composta da una decina di astronavi, procedeva solenne verso la Terra, senza più guida.
    La nave ammiraglia continuava l'avvicinamento al pianeta, condotta solo coi comandi automatici, essendo stato l'equipaggio sterminato da un ammutinamento e da un successivo eccidio generale.
    Niente più avrebbe fermato dieci bolidi che stavano viaggiando alla massima velocità, senza una mente umana che avrebbe invece regolato il loro appropinquarsi con le dovute manovre del caso.
    Dieci proiettili inarrestabili stavano per colpire l'unico pianeta del Sistema solare dotato di requisiti atti alla vita.


    La Terra sta davvero per essere attaccata?
    Il comandante Heron c'entra qualcosa? Dice la verità?
    Non resta che attendere la prossima puntata.
     
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    Eccomi qui :-) Allora che dirti? A parte che anche tu ti diverti a lasciare in suspance il lettore, questo capitolo mi ha intrigato parecchio e sono davvero curiosa di scoprire se questo attacco alieno avrà esito positivo o negativo, i membri dell'equipaggio del Clan mi stanno molto sullo stomaco e sono abbastanza spocchiosi, mi è piaciuto molto quando Stefano ha difeso a spron battuto Heron dall'attacco del signor Hartmamm...molto brava, i miei complimenti :-)
     
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  3. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 28/8/2015, 15:46) 
    Eccomi qui :-) Allora che dirti? A parte che anche tu ti diverti a lasciare in suspance il lettore, questo capitolo mi ha intrigato parecchio e sono davvero curiosa di scoprire se questo attacco alieno avrà esito positivo o negativo, i membri dell'equipaggio del Clan mi stanno molto sullo stomaco e sono abbastanza spocchiosi, mi è piaciuto molto quando Stefano ha difeso a spron battuto Heron dall'attacco del signor Hartmamm...molto brava, i miei complimenti :-)

    Grazie Gabry !! :)
    Dalla velocità e dalla prontezza con cui stai leggendo le puntate di Trash, deduco che, in questo periodo, stai vivendo un momento in cui sei abbastanza libera da impegni. Meglio così. D'altro canto, l'estate è vacanza e quindi siamo tutti un po' più liberi. Anch'io sono abbastanza libera. Non sono completamente in ferie, ma riesco a ritagliarmi ore tranquille nelle quali mi concedo anche visitine alla spiaggia con tanto di bagni in mare.

    Ma passiamo al "sodo".

    Eccoti, allora, la prossima puntata in cui, in qualche modo, i nostri eroi riescono a trovare una soluzione per far fronte alla minaccia che incombe sul nostro povero pianeta.
    A ciò, seguirà un episodio che rivelerà un altro importante dettaglio sulla vita di Heron e del suo equipaggio.
    Buona lettura.



    TRASH - SPAZZATURA




    32) DIFESA E CONTRATTACCO

    Grindewald, Svizzera. Interno ospedale

    Heron e l'ufficiale in seconda, Addok, continuavano a seguire, sullo schermo del computer, lo stormo di astronavi che si avvicinavano molto pericolosamente, a forte velocità, alla Terra e proprio seguendo questo appropinquamento, a Heron venne un terribile sospetto che, poco tempo dopo, si tramutò nella tremenda realtà in cui, in effetti, la situazione era precipitata.
    "Oh no! Maledizione!" esclamò a mezza voce, allarmando Annamaria che si aggirava nello studio e che si avvicinò a lui.
    "Che succede, comandante?" gli chiese.
    "Le astronavi sono senza comando umano! - rispose l'extraterrestre passandosi una mano sulla bocca e sul mento - Dev' essere successo qualcosa all'equipaggio ed ora i veicoli procedono solo coi comandi automatici".
    "In parole povere sono siluri lanciati contro il pianeta, senza guida!" esclamò Addok, non meno spaventata di Annamaria e Heron stesso.
    "Esatto!" confermò il comandante alieno.
    I tre si scambiarono occhiate preoccupatissime, in assoluto silenzio.
    "Sinceramente, - dichiarò Annamaria, sgomenta - non pensavo di finire così i miei giorni!".
    "Anche i nostri. - si aggregò Heron, triste ed amaro - Lontano dal nostro mondo, senza la possibilità di tornarci mai più".
    Annamaria domandò a Heron il favore di chiamare il marito ed i figli per poter almeno terminare la vita, abbracciata a Stefano e ai suoi ragazzi. Permesso ovviamente accordato da parte del comandante che, dal canto suo, tornò a stringere a sé l'ufficiale Addok e chiamò gli altri membri del suo equipaggio, attraverso un interfono gentilmente messo a disposizione dalla dottoressa, affinché potessero raggiungerlo nella stanza ed unirsi a loro due.
    Quando, ad un certo momento, accadde l'impensabile!
    Sul monitor l'immagine cambiò, sostituita da una che raffigurava un'enorme mappa sulla quale, in vari punti del pianeta, i tre videro formarsi rapidamente lunghe scie rosse che partivano da essi dirigendosi verso un' unica meta.
    "Missili!" sussurrò Annamaria, incredula.
    "Allora, avete armi!" constatò Heron, quasi felice.
    "Evidentemente, si!" commentò Annamaria, anche lei sorpresa da quello spettacolo, incapace di domare quel pizzico di ironia che talvolta le usciva pure nelle situazioni più drammatiche.
    Ma anche Heron sfoderò una bella performance ironica che spiazzò la moglie del sindaco di Grindewald.
    "Bisognerebbe avvertire chi ha lanciato quei missili .... - cominciò - di lasciare almeno una delle astronavi intere .... - Annamaria scrutò Heron, perplessa. - Ci servirebbe per tornare a casa!" finì il comandante, torcendo la bella bocca in un mezzo sorriso.
    Annamaria capì al volo, sorrise, poi scoppiò in una breve risata.
    "Ha ragione, comandante!"
    Anche Addok rise.
    "E' vero, Alàm, - considerò. Annamaria scoccò un'occhiata interrogativa ad Heron e Addok si affrettò a spiegare - E' il suo vero nome per intero. - proseguì sorridendo - Alàm Heròn, con l'accento anche sulla "o" del cognome. Nella lingua del nostro pianeta, il suo nome vuol dire: << il buon grande eroe>> " concluse con il suo sorriso radioso.
    Heron annuì, ma con aria mesta.
    "Peccato che in questo momento - disse - tutto mi senta tranne che un eroe!".
    "Lo sei, Alàm! - lo confortò Addok , accarezzandolo sul viso - Non saremmo qui, tutti vivi senza il tuo aiuto".
    "Non saremmo qui, tutti vivi, - ripeté Heron, serio - senza l'aiuto di questa donna" volle correggere, indicando Annamaria.
    "Grazie" disse semplicemente Addok, prendendo una mano della dottoressa e stringendola fra le sue, scure, dalle bellissime dita lunghe. Annamaria si limitò a sorridere, restando in silenzio, sentendo tuttavia gli occhi pizzicare ed inumidirsi di lacrime.
    "Abbiamo solo fatto il nostro lavoro. - minimizzò - Che è quello di salvare vite. Se è possibile. Finché lo è. - Il suo cerca-persone trillò avvisandola della necessità di un suo intervento. Si scusò e uscì dal suo studio. - Continuate a seguire la faccenda. - si raccomandò sulla porta, prima di allontanarsi - E tenetemi aggiornata" finì, strizzando l'occhio destro e chiudendo l'uscio.
    Heron e Addok furono raggiunti dal resto dell'equipaggio e tutti insieme si assieparono attorno al computer per seguire ciò che sarebbe avvenuto di lì a pochi minuti o, al massimo poche ore.


    Annamaria entrò nella sala terapia intensiva nella quale fu accolta dal sinistro e raggelante fischio dell'apparecchiatura salva-vita troneggiante accanto al letto in cui era steso l'ufficiale Ollen, sul cui schermo nero le linee gialla e blu dell'elettroencefalogramma e dell'elettrocardiogramma scorrevano parallele, veloci e completamente piatte. Fu poi travolta da un paramedico donna, agitatissima, che la trascinò vicino al letto dell'uomo, incapace tuttavia di spiegare chiaramente cosa fosse accaduto. Ogni traccia di vita pareva essere scomparsa dal corpo del paziente. Annamaria volle effettuare un controllo manuale, ma polsi e cuore non battevano più. L'uomo era morto e, in un primo momento, la dottoressa non capì come e perché, sapendo e avendo potuto constatare precedentemente la non eccessiva gravità della ferita inferta da Stefano con il lancio del coltello.
    L'infermiera si affannò a giustificarsi asserendo che non aveva mai perso la sorveglianza sull'uomo e che in nessun modo avrebbe lasciato il suo posto, ma Annamaria intuì molto presto che la morte di Ollen non era da imputare alla eventuale negligenza della giovane operatrice sanitaria. E lo capì notando un paio di particolari che non lasciavano molti dubbi sulla causa e sulla modalità in cui l'uomo era deceduto.
    Due tubicini si erano staccati dall'apparecchiatura che lo aveva tenuto in vita fino a poco tempo prima. Ma non si erano staccati da soli. Qualcuno li aveva staccati e lo aveva fatto maldestramente, con mano poco ferma. In poche parole, Ollen si era tolto la vita. Si era suicidato. Annamaria aveva capito come era morto ma non ancora perché e si propose di domandarlo al comandante Heron.



    Raggiunte da un nugolo di missili somigliante ad uno sciame di insetti, le astronavi che stavano giungendo sulla Terra a velocità pazzesca, senza controllo, furono letteralmente polverizzate, illuminando a giorno il nero della notte siderale appena sopra la calotta dell'atmosfera.
    In molti, col cuore in gola dopo essere stati informati ed avvertiti del pericolo che il pianeta stava per correre, seguirono l'operazione sugli schermi di tutto il mondo, rimanendo col fiato sospeso al momento dell'impatto. Lo spettacolo che seguì fu ancora più impressionante dello scoppio di migliaia di batterie di fuochi artificiali.
    Il contrattacco aereo, partito da tre basi terrestri, ebbe pieno successo e i veicoli spaziali furono distrutti prima del loro ingresso nell'atmosfera. Gli abitanti del pianeta tirarono un sospiro di sollievo per il pericolo scampato, i cinque visitatori involontari Arieliani, specialmente il comandante Heron, non furono altrettanto felici e si scambiarono occhiate di preoccupazione.
    Heron, infatti, aveva sperato che almeno una di quelle astronavi si fosse salvata da poter essere recuperata ed utilizzata per il ritorno su Ariel, ma si rese conto che un suo eventuale salvataggio avrebbe potuto essere un rischio per il pianeta che li stava ospitando.
    Poi, però, improvvisamente rammentò qualcosa che avrebbe potuto risolvere la loro situazione.
    Stava invitando i suoi colleghi a seguirlo quando Annamaria irruppe nel suo studio, con un'espressione piuttosto turbata sul volto, e lo sguardo duro, rivolto verso di lui. Si allarmò e le chiese, apprensivo, cosa fosse successo. Annamaria glielo riferì e lo vide abbassare testa e sguardo.
    Addok sospirò e si apprestò a spiegare.
    "L'ufficiale Ollen ha tentato di uccidere il comandante della sua unità - cominciò, serissima - e, secondo le leggi della Federazione, questo è un atto molto grave che comporta, purtroppo, la condanna capitale e.... a tale pena è preferibile darsi la morte prima".
    Heron annuì mestamente.
    "Si, dottoressa Annamaria. - tenne a confermare - Ollen non è il primo a scegliere di morire piuttosto che affrontare la pena".
    "Capisco. - asserì Annamaria - Non voglio sapere che pena sia e non intendevo accusarla di nulla, comandante. E' solo che... - si fermò ed esibì un debole sorriso - Accidenti, ma non siete un po' troppo duri voi di Ariel?".
    Heron e Addok sorrisero, dopodiché la donna si girò verso il comandante.
    "Al, - lo interpellò con solennità - al prossimo congresso della Federazione, dobbiamo far presente che si sta esagerando".
    "Non sarà facile. - commentò Heron - Ma ci proveremo".


    Questa Federazione spaziale è decisamente .... pesante !!
    Ti dò appuntamento alla prossima puntata che, se continui ad essere così assidua, arriverà presto. :)
    Ti auguro un buon week end e, a breve.
     
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    Eccomi qui :-) Allora molto interessante e intrigante anche questo capitolo, adrenalinico con l'introduzione delle navicelle spaziali dirette contro la Terra e lo scampato pericolo, dolcissima Addok che lusinga e consola il nostro Heron e lui che cerca di sminuire il tutto, affermando che vogliono solo salvare vite e che non si sente affatto un eroe, ma dentro di sé è triste perché non si è salvata nessuna navicella e lui ne voleva una per tornare a casa, anche se poi si rende conto che sarebbe stato un pericolo per i Terrestri...per Ollen..ha deciso la via della morte piuttosto che affrontare la giustizia..sono davvero curiosa di scoprire che cosa ti inventerai nel prossimo...Bravissima, i miei complimenti :-)
    A breve, spero di ritornare con il mio racconto...il prossimo capitolo è in fase di lavorazione e promette scintille xd
     
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  5. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 30/8/2015, 08:36) 
    Eccomi qui :-) Allora molto interessante e intrigante anche questo capitolo, adrenalinico con l'introduzione delle navicelle spaziali dirette contro la Terra e lo scampato pericolo, dolcissima Addok che lusinga e consola il nostro Heron e lui che cerca di sminuire il tutto, affermando che vogliono solo salvare vite e che non si sente affatto un eroe, ma dentro di sé è triste perché non si è salvata nessuna navicella e lui ne voleva una per tornare a casa, anche se poi si rende conto che sarebbe stato un pericolo per i Terrestri...per Ollen..ha deciso la via della morte piuttosto che affrontare la giustizia..sono davvero curiosa di scoprire che cosa ti inventerai nel prossimo...Bravissima, i miei complimenti :-)
    A breve, spero di ritornare con il mio racconto...il prossimo capitolo è in fase di lavorazione e promette scintille xd

    Grazie, Gabry, come sempre. :) .
    Ed io ti ricompenso subito con una nuova puntata.
    Stiamo lentamente scivolando verso la fine di questa storia.
    Come si concluderà?
    Beh .... in modo indubbiamente positivo ma .... anche insolito e poco scontato.
    Comunque, andiamo per ordine.


    TRASH - SPAZZATURA




    33) PREPARATIVI PER IL RITORNO A CASA

    Grindewald

    Heron continuava a fissare, avvilito, lo schermo del computer.
    Nessuna delle astronavi che avevano attaccato la Terra era arrivata sana al suolo. Il pezzo più grande della più integra era di dimensioni pari ad un fazzoletto.
    Yarus, un altro giovane ufficiale della Flotta, si avvicinò a lui.
    "Comandante, - gli si rivolse in tono educato ma non sottomesso - come torniamo su Ariel?".
    Il comandante sospirò.
    "Non certamente volando. - rispose calmo, non rinunciando ad un soffio di ironia - Sarebbe molto faticoso e impiegheremmo molto tempo . - si fermò e scoccò un'occhiata divertita - Troveremo un modo, ufficiale Yaru. - - Forse ho un'idea".
    "La gente di questo pianeta potrebbe aiutarci?" domandò ancora Yarus.
    "Potrebbe, amico mio. - rispose Heron - E forse lo farà".
    Il giovane graduato scrutò, perplesso ma anche incuriosito, il suo superiore.
    "Comandante, - riprese, in tono sempre tranquillo, celando tuttavia ansia - Lei si fida dei terrestri? - si fermò un attimo, riflessivo - Voglio dire ..... ci possiamo fidare di loro?".
    Heron si girò lentamente verso di lui, puntando il suo sguardo, in quel momento un po' mesto.
    "Possiamo fidarci, ufficiale Yarus. - confermò - Non sono cattivi. E poi, credimi amico! Ora, non abbiamo molte scelte. Tra l'altro, non dovrai mai dimenticare che, se siamo ancora tutti vivi, dopo quel che ci è successo, lo dobbiamo proprio a loro". Yarus assentì con la testa, dimostrando di aver compreso la situazione, e non disse più nulla, allontanandosi di poco dal suo capo.
    Dal canto suo, Heron stava elaborando un pensiero. O meglio... dopo averlo ripreso, lo stava rielaborando. Gli era tornato in mente un dettaglio.
    Nel frattempo, i suoi amici terrestri Stefano e Annamaria erano tornati alle loro postazioni lavorative.
    A destra in basso del monitor comparve una piccola icona e subito dopo lo schermo fu quasi totalmente riempito dall'immagine di un interno conosciuto, al centro del quale si materializzò un volto, anche questo noto.
    "Chi erano quelli che volevano attaccarci, comandante Heron? - chiese Forrest, adirato ma non troppo - Ne sa niente lei? - Heron sorrise.
    "Criminali dello spazio" rispose mantenendo il suo tono di pacata ironia
    "Buon Dio! - esclamò Forrest - Neppure lo spazio si salva dalla delinquenza?".
    "Purtroppo no" commentò Heron, amaro.
    "E volevano attaccare il nostro pianeta?" chiese Forrest, perplesso.
    "Attaccarlo ed inondarlo ulteriormente di spazzatura cosmica" rispose Heron, ora serio.
    Forrest alzò le sopracciglia.
    "Oh! - fece, sinceramente stupito - Cavolo!".
    Heron si congratulò con lui per l'azione di difesa/attacco intrapresa per risolvere la faccenda. L'americano ringrazio, gongolante, quindi fissò l'extraterrestre con preoccupazione chiedendogli perché lo vedesse turbato. Quando Heron gli illustrò il motivo della sua apprensione, condendolo con un pizzico di umorismo, Forrest sorrise apertamente - Amico, ricordi cosa ti ho fatto vedere alla base?" domandò, allegro.
    Ecco! Era proprio questo che Heron ricordava. Forrest aveva invitato lui e Stefano a vedere cosa la base Area 51 custodiva nei suoi sotterranei. E fra gli oggetti interessanti c'era anche un'astronave costruita con i detriti lasciati sulla superficie della Terra. Non dava completo affidamento ma con qualche ritocco avrebbe potuto ugualmente essere utilizzata. Lui era abile in questo genere di interventi.
    "D'accordo, capitano Forrest. - rispose - Allora forse ci rivediamo presto".
    Forrest controrispose con un sorriso accattivante e la comunicazione venne temporaneamente chiusa.


    Area 51, alcuni giorni dopo

    L'astronave era pronta per la partenza e per affrontare un lungo viaggio spaziale, intergalattico.
    Heron, Addok e gli altri componenti dell'equipaggio avevano lavorato sodo per apportare tutte le dovute modifiche atte ad adattare il veicolo a lunghi tragitti, compresa l'installazione delle celle ad animazione sospesa che avrebbe salvaguardato i corpi degli uomini e delle donne dagli effetti del tempo.
    Tutti erano stanchi ma felici.
    Tutti, tranne Heron e Addok.
    Per loro tornare su Ariel avrebbe significato tornare a guardarsi da lontano, rinunciando anche a quegli scarsi contatti fisici che concretizzavano il loro amore. Ma Heron era consapevole che bisognava tornare a casa per poter portare il "cibo" che alimentava gli impianti il cui scopo era continuare a dar vita al pianeta, dunque, era ora di rientrare alla base.
    Erano scesi sulla Terra per procurarsi l'uranio, invece, il comandante aveva maturato un'altra idea e, prima di lasciare quel pianeta, l'avrebbe messa in pratica.
    La partenza fu stabilita proprio all'Area 51, indubbiamente più adatta, soprattutto in fatto di spazio per decollare, rispetto alla scarsa ampiezza della piccola valle svizzera.
    I mezzi tecnologici più potenti, nonché il collegamento più diretto ai satelliti ed al telescopio di Arecibo che l'Area 51 vantava nei confronti di una postazione più piccola e privata, permisero ad Heron di stabilire un contatto con Ariel. Il volto incorniciato dalla folta capigliatura candida del suo saggio amico Adoniesis occupò il monitor.
    "Ciao figliolo. - lo salutò l'uomo, sorridendo - come stai? Come va sulla Terra? Penso bene se ti stai attardando a tornare".
    "Stiamo per tornare, Adoniesis" annunciò Heron accennando un sorriso, non però molto aperto.
    Il sorriso di Adoniesis, invece, si allargò maggiormente.
    "Bene! - esclamò l'uomo, visibilmente contento - Non vedo l'ora di riabbracciarti. - poi si bloccò, aggrottando la fronte - Un momento..... - aggiunse - stiamo?".
    "Sì, amico mio. - annunciò Heron, stavolta più gioioso - Siamo tutti vivi. Tutti, tranne Ollen".
    "Fantastico! - esclamò il vecchio saggio, illuminandosi in volto - Capisco perché tu voglia rimanere sulla Terra. La popolazione di quel pianeta è davvero eccezionale. Ma che è successo ad Ollen?".
    "Ha tentato di uccidermi. - rispose Heron, senza molta enfasi - Un terrestre glielo ha impedito. E sai cosa accade quando un graduato attenta alla vita del suo superiore".
    La felicità si spense sul viso del saggio.
    "Si viene espulsi nello spazio senza protezione e bombole d'ossigeno. - rispose l'uomo, mesto - Una morte orribile".
    "Già" confermò Heron, anche lui serissimo.
    "Beh,..... - riprese Adoniesis, più animato, quasi a voler cacciar via definitivamente quella brutta immagine - pensiamo ai vivi. Cercate di far presto a tornare.... - si fermò per aver scorto sul volto del giovane comandante un'espressione che non corrispondeva con esattezza alla gioia di rimetter piede sul suolo del pianeta d'origine - Che hai, ragazzo mio? Cosa non ti rende felice di tornare?".
    "Lo sai, Adoniesis" rispose Heron, mesto.
    Adoniesis abbassò lo sguardo, dimostrando di aver capito. Sapeva di lui e Addok.
    "Troveremo una soluzione al tuo problema" cercò di rassicurarlo.
    "Sai che l'unica soluzione per noi è uscire dalla flotta" puntualizzò Heron.
    "Ma la flotta, senza di voi, sarebbe un'astronave senza più guida. - replicò il vecchio amico saggio mestamente - In balia di qualunque pericolo siderale".
    "Lo so, amico mio. - convenne Heron altrettanto tristemente - Ma il prezzo da pagare, riguardo ai sentimenti, è molto alto".
    "Quando non siete in servizio potete fare ciò che volete" tenne a precisare l'uomo.
    "Certo. - confermò Heron - Ma si dà il caso che lo siamo per tre quarti della nostra vita".
    Adoniesis non replicò, limitandosi a chiudere gli occhi, costernato da quella considerazione.
    "Beh, .... - concluse poi, rialzando la testa - vi aspettiamo".
    Heron annuì. Dopodiché cambiò argomento raccontando al saggio la situazione comunicativa sulla Terra.
    "E' strano. - commentò infine, sorridendo - Sembra che le varie comunità umane, sparse sul pianeta, non siano interessate all'esistenza del loro prossimo".
    Adoniesis sorrise, sornione.
    "Alla lunga, - disse - l'eccessiva comunicazione e la globalizzazione, stancano. E' successo anche qui su Ariel. Non avere più segreti da conservare diventa dura".
    Pausa di silenzio, quindi Heron riattaccò.
    "Ricordi della croce?".
    Adoniesis gli lanciò un'occhiata interrogativa.
    "Croce?" ripeté, dubbioso.
    Heron fu più esplicativo.
    "Quella che vedo di tanto in tanto nei miei sogni. - disse - Anche a occhi aperti".
    Adoniesis si concesse un pugno di secondi per pensare alla risposta.
    "Tracce genetiche, figliolo. - rispose - I nostri avi l' hanno vista, hanno visto a cosa è servita e hanno trasmesso la notizia ai posteri. L'evento è rimasto in memoria fino ad arrivare a te".
    "Vuoi dire che i nostri antenati sono venuti qui sulla Terra anche molto tempo fa?" domandò Heron, sorpreso.
    "Il popolo di Ariel è sempre stato viaggiatore" rivelò il vecchio saggio, con un sorriso furbo.
    "Quella croce ha a che fare con la fede? - chiese Heron - La religione?".
    "Molto probabilmente si. - rispose Adoniesis - Perché me lo hai domandato?".
    "Perché l' ho vista anche qui sulla Terra. - rispose Heron - E anche qui, sulla Terra, la popolazione credeva in un dio. Forse, lo stesso in cui credevamo noi".
    "Il dio era unico, Al. - precisò Adoniesis - Un dio che ha creato l'universo, quindi noto e adorato anche presso altri popoli".
    "Si. - confermò Heron, assentendo con la testa - Dev'essere stato così. Ma perché è stato cancellato?".
    "Perché l'essere umano tende spesso ad esagerare con la fede, urtando la sensibilità dei suoi simili e del dio stesso che invece non ama gli eccessi" rispose calmo il saggio lanciandogli un'occhiata che Heron interpretò nel modo giusto. Annuì e Adoniesis gli sorrise.
    "A presto, figliolo. - lo salutò - Vi aspettiamo a braccia aperte. Del tuo cruccio parleremo quando ci rivedremo".
    La comunicazione si chiuse.


    Eh si. Il nostro comandante Heron, con gli altri, si sta preparando per tornare al suo mondo. Ormai, la sua visita alla Terra sta per giungere al termine. E altri elementi del passato, sia terrestre che di Ariel, pian piano emergono attraverso scambi di battute fra i personaggi. Ma niente paura! Verso la fine di questa ff sapremo che cosa è veramente accaduto, soprattutto sul nostro pianeta.
    Alla prossima. :)


    CITAZIONE
    Gabrielle
    A breve, spero di ritornare con il mio racconto...il prossimo capitolo è in fase di lavorazione e promette scintille xd

    Non vedo l'ora di leggerlo ma vai pure tranquilla a postare. Capisco cosa vuol dire costruire un capitolo. Ti aspetto trepidante, nonché fiduciosa.
     
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    Eccomi qui :-) Allora che dirti? Mi dispiace moltissimo che questa storia si stia concludendo ma ogni viaggio deve trovare la sua destinazione...ho trovato molto bello questo capitolo e mi ha incuriosito molto il dialogo tra Adonies e Heron e il fatto che la religione é universale e che Heron è disposto a uscire dalla sua flotta solo per non nascondere i sentimenti per la sua bella...davvero molto brava, i miei complimenti :-)))
     
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  7. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 5/9/2015, 22:14) 
    Eccomi qui :-) Allora che dirti? Mi dispiace moltissimo che questa storia si stia concludendo ma ogni viaggio deve trovare la sua destinazione...ho trovato molto bello questo capitolo e mi ha incuriosito molto il dialogo tra Adonies e Heron e il fatto che la religione é universale e che Heron è disposto a uscire dalla sua flotta solo per non nascondere i sentimenti per la sua bella...davvero molto brava, i miei complimenti :-)))

    Grazie Gabry, come al solito.
    Eh si, qualunque storia ha sempre una conclusione, ma manca ancora un pochino alla fine; forse 4 o 5 capitoli, quindi, potrai continuare a godere della sua lettura. Ora è tardi ma in settimana arriverà la nuova puntata, dunque, tieniti pronta. :) A presto.
     
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  8. sahany09
     
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    Eccola, come promesso, la nuova puntata di Trash.
    Heron ed il suo equipaggio lasciano la Terra. Li rivedremo? Chi lo sa!!

    TRASH - SPAZZATURA





    34) PARTENZA

    Stefano, Annamaria e due dei loro figli: Flavia e Giulio, i più grandi, salirono sull'aereo per raggiungere il luogo dove sarebbe avvenuto il distacco e il pensiero li rendeva tristi.
    Il rapporto creatosi con il comandante extraterrestre era davvero straordinario e questo era un altro motivo che incupiva il cuore e l'animo di Heron. Non li avrebbe dimenticati. Mai più.
    Il grosso veicolo stazionava sulla larga piana all'interno del recinto che chiudeva la base.
    L'aereo su cui Stefano e i suoi familiari avevano raggiunto l'Area 51 planò docile ed in diagonale su una pista a lato dell'astronave, poco più lontano.
    Il Sole stava sorgendo e i suoi caldi raggi si allungavano dorati sull'ampia superficie sabbiosa e rocciosa della zona.
    Heron e soci stavano armeggiando intorno al maestoso velivolo spaziale.
    Quando Stefano e famiglia scesero dall'aereo, Heron mosse verso di loro a passo veloce e, raggiuntili, abbracciò prima Stefano e poi Annamaria, salutando i due ragazzi con molto calore, elargendo loro carezze su capelli e viso.
    Stefano ed Heron fecero incontrare i loro sguardi, fissandoli l'uno sull'altro, quindi si scambiarono amichevoli pacche sulle spalle.
    Finito di armeggiare sul veicolo, questo si aprì lentamente come se avesse un'enorme bocca in attesa spasmodica di essere riempita; come fosse quella di un terribile mostro affamato di carne umana. Metteva paura, ma i quattro non si lasciarono spaventare, tanto più che Heron li invitò ad entrare per visitarne l'interno. I ragazzi erano emozionatissimi.
    Non sarebbe loro capitato mai più di vedere l'interno di un'astronave pronta per partire nello spazio e Flavia chiese di poter fotografare qualcosa. Permesso accordato a condizione che gli scatti fossero rimasti segreti. Giunto in quel momento, Forrest chiese a Flavia di consegnarle la scheda della fotocamera, promettendole che quelle immagini sarebbero rimaste per sempre nell'archivio della base, con il suo nome. La ragazzina capì e, un pò a malincuore, gli consegnò la scheda.
    Forrest si diresse verso l'edificio, entrò, e ne uscì dopo pochi minuti, restituendo la scheda a Flavia.
    "Tranquilla, - la rassicurò con un sorriso accattivante - Hai un posto nella storia dell'astronautica".
    Flavia stirò le labbra rosa in un sorriso poco convinto, ma abbozzò, incoraggiata dal padre.
    A quel punto fu dato il via ai saluti e furono davvero commoventi.
    Poche parole e occhi lucidi.
    L'immenso veicolo spaziale pareva attendere paziente di ingurgitare l'equipaggio per poi "digerirlo" nel corso del lungo tragitto fino ad Ariel. Anche gli altri membri salutarono i quattro terrestri rinnovando i ringraziamenti per essere ancora al mondo dopodiché salirono a bordo, tranne l'ufficiale Addok. I due si fermarono pochi altri minuti con i loro salvatori poi voltarono loro le spalle e si avviarono, mano nella mano, verso l'astronave. Vedendoli così, Annamaria sentì lo stomaco stringersi a pugno. Non avrebbero potuto più neppure compiere quel bel semplice gesto di prendersi per mano. Ad un tratto però, Heron si bloccò, parlottò con Addok, si girò e tornò indietro, sorprendendo Stefano e i suoi familiari.
    "Ci stai ripensando, comandante?" lo apostrofò Stefano, buttandola sull'umorismo, cercando di non lasciarsi travolgere dall'emozione.
    "No. - rispose Heron, guardando l'amico terrestre dritto negli occhi. Si era ricordato di ciò che gli aveva detto l'uomo, conosciuto alla base siberiana - Ho un messaggio per voi". E riferì il messaggio di Wichinskji.
    "Vaticano?" ripeté Stefano, stupito.
    "Si. - confermò Heron - Vaticano. Si trova in una città che si chiama Roma, mi pare".
    "Certo. - confermò Stefano - Va bene. Ci andremo. Grazie".
    "Quell'uomo mi ha detto che lì troverete le risposte alle vostre domande " finì Heron.
    Stefano e Annamaria annuirono in silenzio.
    Un ultimo lungo, caldo abbraccio sancì definitivamente la separazione fra loro e l'alieno.
    "Abbi cura di te, comandante" si raccomandò Stefano.
    "Anche tu, - disse Heron - capitano Aloisi". Abbracciò anche Annamaria e regalò un sorriso ai ragazzi dopo il quale girò i tacchi e si diresse verso l'ingresso del velivolo.
    Gli occhi di tutti pizzicavano per le lacrime che volevano uscire.
    Stefano, Annamaria e i loro due figli seguirono l'uomo che entrò nel veicolo spaziale, senza voltarsi. Ma loro erano sicuri che anche Heron stava sentendo bruciare gli occhi.
    Oltre a Forrest, sul luogo della partenza, sopraggiunsero anche Hardings, Edwards e Weaver, gli altri tre pilastri della base americana dell'Area 51. Ed anche loro non riuscivano molto bene a contenere la commozione per quel distacco.
    L'enorme bocca dell'astronave cominciò a chiudersi lentamente fino a sigillare chi era dentro per proteggerlo dalle insidie esterne. Contrariamente a quanto ci si sarebbe potuto aspettare, il decollo della macchina fu rapido e poco rumoroso. L'astronave si alzò in verticale emettendo uno strano rombo sordo che non infastidì troppo l'udito entrando in compenso nello stomaco dei presenti, scuotendone gli organismi in modalità piuttosto consistente. Il veicolo si alzò di molto dalla pista e quando raggiunse una data altezza si mosse in orizzontale, schizzando via ad altissima velocità, scomparendo rapidamente alla vista degli astanti che restarono sul posto qualche altro minuto, senza profferir parola, ancora scossi dall'emozione.



    Area 51, qualche minuto dopo

    Elaborata la commozione, Forrest invitò tutti ad entrare nell'edificio con l'intenzione di seguire il volo dell'astronave almeno per un tratto, fino a che il telescopio avesse loro consentito di seguirlo.
    E con grande sorpresa, sui monitors dei computers, il gruppo vide l'astronave volare bassissima sulla superficie terrestre mentre, alla poppa del veicolo, una grossa apertura circolare, come la bocca del tubo di un gigantesco aspirapolvere, risucchiava all'interno dell'apparecchio i detriti metallici, e di altri materiali di cui tutte le zone desertiche della Terra erano stati tristemente cosparsi negli ultimi dieci, vent'anni, ossia, da quando la Terra era stata erroneamente considerata un pianeta disabitato, dunque perfetto per diventare una discarica universale a cielo aperto.
    "Chi aveva detto che gli alieni erano cattivi e da combattere?" esordì Hardings.
    "Non tutti" osservò Forrest.
    "Il Bene e il Male sono ovunque" sentenziò Weaver con studiata solennità.
    "Questa l' ho già sentita, - commentò Forrest, smorzando l'enfasi del giovane studioso con la sua solita ironia realistica - ma è sempre valida".
    La battuta fu seguita da una sommessa sghignazzata generale.


    Addio Heron, Addok e soci? :cry:

    Alla prossima, spero presto.
     
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    Eccomi qui :-) Capitolo molto bello e anche molto commovente...il momento dei saluti, loro che entrano dell'astronave, la figlia di Stefano che vuole immortalare sulla macchina fotografica l'interno e Forrest che le dice di non avere paura perché avrà un posto nell'archivio dell'Aeronautica...mi dispiace che partano, mi ero affezionata a loro...comunque l'ultima parte è molto veritiera...il Bene e il Male sono dappertutto e non occorre fare tutta di un erba un fascio...il momento dei saluti...tenerezza assoluta ♡♡♡♡♡♡♡♡♡ Bravissima,i miei complimenti :-)))
     
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  10. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 10/9/2015, 07:07) 
    Eccomi qui :-) Capitolo molto bello e anche molto commovente...il momento dei saluti, loro che entrano dell'astronave, la figlia di Stefano che vuole immortalare sulla macchina fotografica l'interno e Forrest che le dice di non avere paura perché avrà un posto nell'archivio dell'Aeronautica...mi dispiace che partano, mi ero affezionata a loro...comunque l'ultima parte è molto veritiera...il Bene e il Male sono dappertutto e non occorre fare tutta di un erba un fascio...il momento dei saluti...tenerezza assoluta ♡♡♡♡♡♡♡♡♡ Bravissima,i miei complimenti :-)))

    Grazie Gabrielle. :)

    Per la prossima puntata dovrai aspettare qualche giorno, ma pochi, giusto il tempo di apportare piccole modifiche. Ti preannuncio comunque una puntata molto "forte" ma che spiegherà molte cose.
    A presto, spero, vari impegni permettendo.
     
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  11. sahany09
     
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    Avevo detto pochi giorni e invece è passato un mese e mezzo dalla pubblicazione dell'ultima puntata in ordine cronologico. Sob !!! Sorry !! :crybaby:

    Vabbè, rimedio.

    Ecco, infatti, la nuova puntata della ff.

    Come avevo accennato precedentemente, in questi ultimi tempi, per me molto densi di impegni e varie noie (uff !! :cry:), ho apportato alcune modifiche alla mia storia ed ora mi accingo finalmente a postare la puntata.

    Rettifico ciò che ho detto nel post precedente e cioè che questa puntata sarebbe stata "forte". No, è la prossima.

    Buona lettura, ragazze !!


    TRASH - SPAZZATURA




    35) UNA FINESTRA APERTA SU ARIEL

    Alla base spaziale di Ariel

    "Allora, - Markus, coordinatore della base, apostrofò Heron, serio ma con gli occhi ridenti - avete trovato l'uranio? Ne avete portato in quantità sufficiente per qualche anno?".
    "Abbiamo trovato di meglio, Markus, - rispose Heron, con sguardo diabolicamente trionfante - molto meglio".
    Markus, alto, magro e biondissimo, squadrò, stupito e incuriosito, il comandante.
    "Cosa? - domandò ansioso - Cos'avete trovato?".
    Heron gli fece segno di seguirlo nell'enorme hangar che ora ospitava l'astronave con cui il comandante, col suo equipaggio, erano riusciti a tornare al pianeta.
    Per giungere a destinazione, percorsero quasi un chilometro di corridoi e di piste esterne, fino ad arrivare all'immenso ambiente, lontano dalla zona di atterraggio, in cui riposavano i veicoli spaziali.
    L'astronave usata da Heron era una delle prime esposte. Heron estrasse dalla tasca del suo giubbotto blu un telecomando che aprì varie entrate. Una di queste era il gigantesco portellone posteriore che si alzò lento e pigro fino a scomparire nell'intercapedine superiore della parete del velivolo.
    Markus rimase a bocca aperta.
    L'intera stiva dell'apparecchio era ingombra di rottami metallici arrugginiti di varie dimensioni.
    "Spazzatura!" esclamò Heron, gongolante e sorridente.
    "Spazzatura?" ripeté Markus, allibito.
    "Spazzatura, si, amico mio! - ribadì il comandante, allegro - La spazzatura che noi abbiamo riversato sulla Terra in questi ultimi ... quanti? Venti? Trent'anni, credendo erroneamente che il pianeta fosse disabitato".
    "E cosa ci facciamo?" chiese Markus, sempre perplesso.
    "La bruciamo e ci produciamo energia. - rispose Heron soddisfatto - Al contrario dell'uranio che, a forza di usarlo e grattare le miniere, lo abbiamo quasi esaurito, questa roba è in costante produzione, senza limiti. Cosa ne facciamo delle vecchie astronavi in disuso? Cosa ci facciamo con tutti i vari veicoli in rottamazione? Non avremo più bisogno di andare in giro per lo spazio a rompere l'anima al nostro prossimo per elemosinare carburante; non dovremo più investire stock di bigliettoni per finanziare costosi viaggi in giro per lo spazio. Da ora in poi, questo sarà il nostro carburante a produzione illimitata. La vedi quest'astronave? - disse, indicando il veicolo a Markus - E' stata costruita con spazzatura, residuati metallurgici. Me lo ha insegnato un terrestre. Se non fosse stato per lui, non ci saremmo mai più rivisti qui su Ariel, Markus. Quando siamo scesi sulla Terra, la nostra astronave è finita in mille pezzi contro una montagna. Ho seriamente temuto di non poter più tornare a casa".
    Markus era esterrefatto.
    Per quanto Ariel fosse tecnologicamente molto più avanzato della Terra, nessuno aveva mai contemplato una simile soluzione.
    "E come pensa di procedere, Heron?".
    "Tranquillo. - dichiarò Heron, pimpante - Ho tutto in testa" e accompagnò le parole col gesto del dito alla tempia destra .
    "Dunque, la Terra non è un pianeta deserto e retrogrado" osservò Markus.
    "Niente affatto. - protestò Heron, quasi indignato - Non sarà molto avanzato tecnicamente ma lo è di sicuro socialmente. Solo che .... ".
    "Solo che?" ripeté Markus, sul chi vive.
    "E' strano ..." continuò Heron, grattandosi la fronte.
    "Cosa?".
    "Dalle parole scambiate con alcuni abitanti, - rispose Heron, dubbioso - ho avuto l'impressione che i nostri pianeti e i nostri popoli abbiano qualcosa in comune".
    "E' possibile. - asserì Markus - L'evoluzione dell'universo ha seguito strade simili un po' ovunque. Almeno nei mondi abitabili".
    Heron annuì, non del tutto persuaso, tuttavia propenso a sviluppare il discorso, magari in altro tempo ed in altro luogo.




    A casa di Adoniesis, il giorno dopo

    Il vecchio saggio, amico di Heron aveva invitato lui e l'ufficiale Addok a pranzo presso la sua dimora per festeggiare il suo ritorno e l'esito positivo della sua missione.
    Come sempre, la semplicità e l'essenzialità dell'abitazione dell'uomo erano comunque cariche del calore e della sua natura profondamente umana, emanate dalle pareti e dai pochi mobili chiari.
    Tutti e tre si accomodarono nell'angolo del ricevimento ospiti, riassunto in un divano a due posti, dove si sedettero Heron e Addok, e una comoda poltrona, rivestiti con tessuto a fiori, su cui prese posto Adoniesis, non prima di aver posato sul tavolino di vetro in mezzo ai due pezzi di mobilio, un vassoio di metallo con tre bicchieri colmi a metà di un liquido dorato, che porse agli ospiti, prendendone uno per sé. Brindarono.
    "Allora, - iniziò l'uomo, sorridendo, con aria di chi è pronto ad ascoltare belle storie - a parte le varie vicissitudini del viaggio di andata, il tuo ritardo nel ritorno mi fa pensare che la Terra sia un buon posto per trasferircisi e viverci".
    Heron respirò a fondo. L'atmosfera più pesante di Ariel glielo consentì con facilità.
    "La Terra è un magnifico pianeta. - cominciò - Con una bella popolazione ma ....".
    "Ma?" fece eco Adoniesis ponendosi in modalità di attenzione.
    "Ho riscontrato delle analogie nella storia dei nostri due mondi. - rispose Heron, il quale poi, si staccò con la schiena dal divano, protendendo il busto verso di lui e puntando i gomiti sulle ginocchia - Spiegami, vecchio pazzo, - rintuzzò, sorridendo - cos'è accaduto su Ariel tanto tempo fa? E .... cosa è successo sulla Terra, sempre tanto tempo fa?".
    Adoniesis sospirò e si sistemò meglio sulla poltrona, assumendo una postura ed un'espressione concentrate e compunte, tipiche di chi si accinge a pronunciare il discorso del millennio.
    "Non credo che i fatti avvenuti su Ariel e sulla Terra siano accaduti solo su Ariel e sulla Terra" rispose Adoniesis tutto d'un fiato come se avesse avuto paura di essere interrotto.
    "Ci stai dicendo che potrebbero essersi verificati anche in altri pianeti?" chiese Addok.
    "Ritengo la cosa probabile. - rispose il saggio - Dove la vita si sviluppa, il processo evolutivo è più o meno lo stesso, con qualche variazione su tema".
    "Ed è prevista dappertutto l'interruzione di questo processo evolutivo?" domandò Heron.
    "Ad un certo punto si giunge a saturazione. - spiegò Adoniesis - E a quel punto, è meglio risettare tutto e ricominciare da capo".
    "Ed è quel che è successo su Ariel e sulla Terra?" ritornò Addok.
    "Forse si".
    "E può essere avvenuto anche in altri pianeti?" insistette Heron.
    "Ariel è tecnologicamente molto avanzato. - rispose Adoniesis - Senza dubbio più avanzato rispetto alla Terra ma non tanto da permetterci di raggiungere galassie lontane. La Via Lattea è la più vicina e ci siamo arrivati. Non so se riusciremo mai ad andare oltre, dunque, forse non sapremo mai se il processo evolutivo e la sua interruzione si siano verificati anche in altri mondi, ma non lo reputo impossibile".
    "Forse non riusciremo ad andarci con le astronavi, però abbiamo ottimi telescopi" volle rimarcare Heron, sorridendo, fiero.
    "Oh si. - confermò Adoniesis, altrettanto orgoglioso - Questo senz'altro, tuttavia, mio caro ragazzo, anche i telescopi hanno dei limiti". La dichiarazione ferma si stemperò in una moderata risatina di tutti e tre.
    "Quindi i nostri popoli hanno avuto contatti anche in passato" arguì Heron.
    "Questo è possibile. - rispose Adoniesis, volutamente vago, sorridendo sornione con i suoi occhi chiari dalla forma allungata. - Te l' ho già accennato: il popolo di Ariel viaggia da molto tempo".
    "Beh, - fece Heron, sospirando - il popolo terrestre è amabile e sono felice di aver avuto contatti con esso. Mi auguro che ritrovi la serenità e la voglia di comunicare".
    Adoniesis sorrise.
    "Vogliamo mangiare?" invitò.
    Heron e Addok sorrisero e accettarono l'invito.






    Convegno della Flotta Aerospaziale di Ariel

    L'edificio si trovava all'estrema periferia di Momex, in una zona quasi disabitata e caratterizzata da vasta estensione di verde, costituito da prati e vegetazione di vario genere, comprendente alti alberi, ma anche bassi e folti arbusti di piante aromatiche che spargevano nell'aria gradevoli profumi.
    Il palazzo, non molto grande e alto, era di forma ellissoidale, in cemento e vetro per raccogliere più luce possibile ed anch'esso era circondato da un bel parco ricco di piante, ora fiorite.
    Per raggiungerlo con la sua vettura semi-volante, Heron aveva sorvolato la città, rammentando con non poca nostalgia, i paesaggi cangianti della Terra, con le sue zolle verdi, brune, brulle o sfolgoranti di lussureggiante vegetazione, e le sue immense distese d'acqua, denominate oceani sul pianeta che li aveva ospitati per circa un paio di mesi. Ariel aveva una bella natura ma niente di paragonabile con quella a molteplici aspetti del mondo da cui lui e i suoi compagni di viaggio erano tornati e quando entrò nell'ampio atrio del palazzo in cui stava per aver luogo il convegno annuale della Federazione, il suo volto doveva esprimere il vago disagio che la comparazione fra Ariel e la Terra gli stava procurando, tanto che un suo collega lo fermò nel corridoio che conduceva allo spazioso locale per chiedergli se qualcosa non andasse.
    "No. - minimizzò Heron sorridendo - Va tutto bene, non ti preoccupare".
    Il collega gli scoccò un'occhiata color ghiaccio, poco persuasa e sembrava non volerlo mollare se non gli avesse detto cosa non andava. Poi, con un sorrisetto malignamente ironico, lo interpellò.
    "Belle donne sulla Terra?".
    Heron gli rispose con smorfia di falsa sufficienza.
    "Niente male. Lo ammetto",
    "Ah, ecco!" replicò l'uomo alzando il mento appuntito.
    Maltus, ammiraglio di un'altra delle astronavi della Federazione, era un tipo alto, segaligno, capelli a spazzola castani e occhi grigi che parevano emettere luce propria.
    I due si salutarono avvicinando gli avambracci destri e stringendosi le corrispettive mani, dandosi appuntamento alla sala dei convegni di lì a pochi minuti.
    Nel raggiungere la sala Heron incontrò altri colleghi che lo bloccarono volendo avere notizie della loro avventura sulla Terra.
    "E pensare che noi la credevamo un pianeta disabitato e selvaggio" commentò alla fine del breve resoconto di Heron.
    "Opinione sbagliatissima. - lo contraddisse Heron - Sono forse più civili di noi ma non lo danno a vedere".
    "Ma ... - s'intromise timidamente un giovanissimo ufficiale in seconda, non molto alto, biondo e mingherlino - sarà possibile instaurare un qualche rapporto con la popolazione?".
    "Credo di si. - rispose Heron senza ostentare eccessivo entusiasmo - Devono prima però sapere tutti che esistiamo. Ne parliamo dopo al convegno, okay?".
    "Okay?"ripeté il giovane ufficiale, meravigliato.
    Heron torse la bocca in un sorriso.
    "E' un loro modo terrestre di chiedere se ti va bene" spiegò, accompagnando la risposta con il gesto del pollice alzato. Meccanicamente, l'ufficiale riprodusse il gesto e scosse affermativamente la testa.
    Il gesto gli piaceva. Sapeva di possibilità di contatti.
    Il convegno iniziò circa mezz'ora dopo e la sala, con spalti distribuiti a corona tutti intorno, si riempì quasi completamente. Al centro, il capo assoluto della confederazione era sistemato su un'ampia e comoda poltrona di pelle nera, dietro ad una massiccia scrivania dalla quale uscì magicamente una tastiera sulla quale Erasmus premette un tasto che materializzò un gigantesco schermo olografico roteante per consentire a tutti i convenuti di vedere cosa era riprodotto.
    All'ora prestabilita, il capo, tale Erasmus, anziano ma ancora pimpante ex ammiraglio in pensione, aprì il convegno con il consueto discorso introduttivo, dopodiché cominciò ad interpellare i vari convenuti chiedendo loro un rapporto sulle rispettive attività. Nulla di interessante finché non arrivò a Heron.
    "Comandante Heron, - attaccò con tono quasi allegro - di sicuro lei avrà molte cose da raccontarci, nonché avvincenti aggiornamenti da riferire. Prego. Ci delizi".
    Heron si schiarì la voce e partì con il suo rapporto.
    "Dunque, in questi ultimi cento anni la popolazione terrestre si è evoluta più delle nostre aspettative" fu la considerazione finale di Erasmus.
    "E' cambiata molto. - rettificò Heron. - Ciò che è accaduto sulla sua superficie ha mutato notevolmente il comportamento".
    "Secondo lei, possiamo avanzare un tentativo di relazioni con essa?".
    "Penso di sì. - rispose Heron - Sebbene non tutti i terrestri sappiano della nostra esistenza".
    "E lei non ha cercato di divulgare la notizia in tutto il pianeta?".
    "Sulla Terra più di un abitante non crede nemmeno che qualcuno di noi, o di altri mondi, sia mai sceso sul suo suolo. - rispose Heron - In questa operazione, fossi in lei, compirei piccoli passi affinché la nostra esistenza e le nostre intenzioni possano essere accettate e comprese da tutti".
    "Tuttavia, - riprese Erasmus - mi pare di aver sentito che i pochi terrestri venuti in contatto con lei ed il suo equipaggio non vi abbiano respinto, anzi!".
    "Vero. - confermò Heron - Dopo un primo momento di diffidenza, siamo stati accolti bene e ...."
    "E?" lo incoraggiò il capo.
    "Siamo stati curati e ....salvati" terminò Heron emettendo un profondo sospiro. Ad alcuni sedili più a sinistra, Granya Addok lanciò un'intensa occhiata al suo amato.
    "Comandante Heron, - continuò Erasmus - com'è la storia della spazzatura?".
    Heron rise e illustrò la sua scoperta nonché il suo progetto per la sua utilizzazione.
    Un muggito di ammirazione si propagò sordo nella sala.
    "Beh, - fece Erasmus alla fine dell'esposizione del comandante - direi che il suo viaggio alla Terra abbia dato davvero ottimi risultati. Si occuperà lei di questo progetto e di stabilire rapporti con la Terra?". Heron annuì. L'idea gli piaceva e diede risposta affermativa.
    "Che impressione ha ricavato, in generale, del popolo terrestre?" chiese Erasmus a conclusione del suo intervento.
    Heron respirò di nuovo a fondo.
    "E' un popolo che deve aver attraversato momenti molto difficili nel corso della sua storia e della sua evoluzione. - rispose, calmo ma anche appassionato - tanto da incidere sul carattere e sulla personalità degli individui e indurli a concedersi una lunga pausa di riflessione nella quale hanno deciso di starsene ognuno per conto proprio senza, in apparenza, cercarsi e reperire notizie sugli altri ma, fondamentalmente, credo sia un popolo di indole buona. Per loro l'amore l'uno verso l'altro è di importanza vitale e travalica qualunque condizione in cui si trovino".
    Pronunciando questa frase, Heron era perfettamente conscio di aver lanciato il sasso che voleva lanciare, ovvero, l'eliminazione della maledetta regola che riguardava i rapporti interpersonali fra i membri delle varie flotte.
    Erasmus raccolse il sasso ed il messaggio.
    "Mi dispiace comandante Heron. - disse, dimostrando ad Heron di aver capito, usando comunque un tono privo di recriminazione - Ma qui su Ariel, certi regolamenti rimarranno in vigore ancora per qualche tempo. Lei sa bene che il popolo di Ariel è tranquillo solo in apparenza".
    Si, Heron lo sapeva. Altrimenti, episodi come la rissa, scoppiata in quell'astronave per colpa di una donna, non avrebbe mai avuto luogo. Tanto meno, l'ufficiale Ollen non avrebbe attentato alla sua incolumità più o meno per lo stesso motivo che aveva innescato la rissa.
    Ma Heron si domandò se proprio queste regole così rigide non contribuissero talvolta a scatenare gli istinti animaleschi nel quieto - solo esteriormente - popolo di Ariel.
    Tuttavia non insistette nel riproporre l'abolizione di tali leggi. Sarebbe stato uno sforzo inutile.
    Ma la sua mente partorì un altro progetto.


    A presto, spero. Ma forse è meglio che non lo dica.
     
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    Eccomi qui :-) Davvero scusami per il ritardo in cui sto recensendo questo capitolo ma ho avuto davvero tanto da fare...Comunque che dirti? Capitolo molto bello e interessante, mi è piaciuto molto il discorso di Heron sul fatto di utilizzare la spazzatura come energia al posto dell'Uranio e del fatto che la Terra non sia così culturalmente degradante come si pensava, che l'evoluzione segue delle linee simili in tutto l'Universo e che Ariel e la Terra non sono molto diverse da quanto hanno pensato e che c'è sempre qualcosa che li unisce, come il discorso sui terrestri di Heron, sul fatto che sono di indole buona e che farebbero di tutto per amore della persona a cui tengono...Un capitolo prima della quiete dopo la tempesta...Bravissima, i miei complimenti :-)
     
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  13. sahany09
     
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    CITAZIONE (GabrielleWinchester @ 31/10/2015, 16:26) 
    Eccomi qui :-) Davvero scusami per il ritardo in cui sto recensendo questo capitolo ma ho avuto davvero tanto da fare...Comunque che dirti? Capitolo molto bello e interessante, mi è piaciuto molto il discorso di Heron sul fatto di utilizzare la spazzatura come energia al posto dell'Uranio e del fatto che la Terra non sia così culturalmente degradante come si pensava, che l'evoluzione segue delle linee simili in tutto l'Universo e che Ariel e la Terra non sono molto diverse da quanto hanno pensato e che c'è sempre qualcosa che li unisce, come il discorso sui terrestri di Heron, sul fatto che sono di indole buona e che farebbero di tutto per amore della persona a cui tengono...Un capitolo prima della quiete dopo la tempesta...Bravissima, i miei complimenti :-)

    Grazie come sempre, cara.
    Eh si; ho messo queste parole in bocca ad Heron perché, più o meno, penso che, in caso la Terra non fosse l'unico pianeta abitato nell'Universo (cosa che ho sempre sostenuto, sebbene prove concrete di visite aliene sul nostro piccolo mondo non ce ne siano), l'evoluzione dei vari altri mondi dovrebbe essersi svolta in modalità simili.

    Il presente capitolo viene prima della tempesta che ci sarà nel prossimo.
    Comincia a reggerti forte. ;)
    A presto, spero.
    Sahany.
     
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  14. sahany09
     
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    Ed ecco il capitolo "forte" !!! Molto forte e, purtroppo, molto aderente ai fatti della realtà del momento. Ma, ATTENZIONE !!! Tutto ciò che si legge è frutto della mia fantasia e della mia immaginazione. Credo, invece che, almeno in Italia tutto quel che è successo in Francia, non accadrà. La nostra intelligence funziona meglio, inoltre, l'Italia ha leggi più tolleranti verso gli stranieri ed ha anche meno immigrati. Beh, insomma, ragazzi/e, come si usa scrivere nei titoli di testa dei films: ogni riferimento a persone e fatti è puramente casuale. Tra l'altro, ho scritto questa puntata un po' di tempo prima degli eventi, quindi, non avrei potuto prevedere cosa sarebbe successo di lì ad alcune settimane.

    Buona lettura e non spaventatevi !!!




    TRASH - SPAZZATURA




    36) UN SECOLO PRIMA

    2016

    Roma, Vaticano

    Il cardinal B. bussò alla porta della camera dell'albergo Santa Marta, dove il Pontefice aveva deciso di alloggiare durante il suo pontificato, rinunciando volentieri ad andare ad abitare nell'ampio ed elegante appartamento papale, al palazzo che si affacciava su Piazza San Pietro.
    Papa Francesco gli diede il permesso di entrare.
    Il porporato aveva il volto teso in un'espressione estremamente preoccupata.
    "Santo Padre, - esordì - cosa facciamo? Il nemico è alle porte".
    Il papa si alzò dalla sua poltroncina rossa e si avvicinò alla finestra.
    Da lì si vedeva poco ma si percepiva ugualmente il pericolo che avvelenava l'aria della Capitale.
    Non c'era molto da preoccuparsi e lui lo sapeva, ma non poteva negare la tensione che cresceva per le vie della città. L'ISIS islamico era giunto nell'Urbe con la sua aura di morte.
    Il papa sospirò e guardò serio il cardinale.
    "Va bene. - dichiarò - Diciamolo. Prima o poi saremmo arrivati a questo!".




    Qualche settimana dopo

    L'uomo in nero, col volto coperto, si preparò a decapitare un povero commerciante romano, inginocchiato a terra, implorante pietà in mezzo a Piazza Santa Maria in Trastevere, chiusa ormai da diversi giorni. Ma dal fondo della piazza partirono molti colpi di arma da fuoco e l'uomo in nero stramazzò a terra come un fantoccio, rendendo il commerciante capitolino di nuovo libero.
    Altri uomini in nero, giunti fino alla piazza, lasciarono di corsa il luogo, infilando via della Lungaretta, rincorsi da scariche violente e ripetute di proiettili che fuoriuscivano da fucili e mitragliatrici in mano ai Romani, decisi a sbarazzarsi in tutti i modi dei fanatici della Mezza Luna.
    Oramai tutti sapevano di non aver più nulla da perdere e non avevano più scrupoli a far fuori chi sbarrava la strada, che fosse dei suoi o appartenesse alla fazione avversaria.
    Uccidere non portava più all'Inferno.
    La stessa Santa Sede aveva sdoganato e sguinzagliato i suoi famosi armigeri, con l'uniforme policroma a righe, in giro per la città a cercare e stanare gli invasori islamici con la parola d'ordine: sopprimere prima di essere soppressi, e questi avevano adoperato le loro alabarde per infilzare i nemici, senza troppi complimenti.
    Altro che porgere l'altra guancia!
    E gli islamici si erano trovati a mal partito, traditi dai loro stessi correligionari i quali, impauriti e senza più certezze, non si facevano pregare nel rinnegare Allah e il pantheon musulmano pur di aver salva la vita.
    "I soliti opportunisti e vigliacchi! - commentò un romano, dopo aver ucciso un islamico con il suo coltello da macellaio - Prima, tutti a strillare: uccidete gli infedeli e poi, .... eccoli a frignare, a rinnegare e a chiedere pietà pur di salvarsi il culo!". E nel dir così, assestò un'altra coltellata al cadavere proprio in mezzo alle natiche.

    Nella stanza di un appartamento a San Giovanni, Jusuf tentò per la terza volta di allacciare il giubbotto gonfio di candelotti di tritolo attorno al magro torace di suo figlio Alì, impartendogli contemporaneamente le ultime istruzioni per il compimento dell'attentato che, secondo le sue folli intenzioni, avrebbe dovuto uccidere centinaia di migliaia di persone le quali sarebbero dovute convenire nella piazza in occasione del mega concerto del 1o Maggio. Ma quando finalmente l'uomo riuscì a chiudere l'indumento e si girò, dando le spalle al ragazzo, questo estrasse il coltello che teneva in un'altra tasca del giubbotto e affondò la lama nella schiena del genitore.
    L'uomo restò tuttavia in piedi forse per circa un minuto, senza fiato per la sorpresa, quindi si voltò verso il ragazzo.
    "Alì ..." mormorò, con gli occhi spalancati dallo sconcerto.
    "Papà, - piagnucolò il figlio, fissando, disperato il genitore - mi dispiace ma ci hanno ingannato".
    "Che dici, figliolo? - si lamentò l'uomo sentendo nel frattempo, le forze fisiche lasciarlo a causa dell'emorragia all'esterno e all'interno del suo corpo - E' un ordine dell'imam".
    "Non c'è nessun ordine, papà! - replicò Alì, accorato - E nessun imam. Siamo stati tenuti all'oscuro e nell'ignoranza fino ad oggi, manovrati come marionette da uomini istruiti a settori. Ci è stato comandato di uccidere in nome di Allah che non c'è e non c'è mai stato. Abbiamo ucciso migliaia di persone per niente!". Alì terminò appena la frase e dovette sostenere il padre che stava cadendo a terra, ormai in fin di vita.
    "Ho sbagliato a mandarti a scuola" sussurrò l'uomo, apparentemente ancora in grado di arrabbiarsi.
    "No papà. - ribatté il giovane Alì - Hai fatto bene, invece, perché, studiando, io ho imparato".
    "Hai imparato cose sbagliate" riuscì a protestare Yusuf.
    "No, papà. - controbatté Alì, risoluto - Ho imparato le cose giuste. Non morirò per te. - dichiarò infine, slacciandosi nello stesso tempo il giacchetto esplosivo - E non morirò per nessun dio. Non c'è un dio, e non ci sarà nessuna vergine ad aspettarmi nell' aldilà. L' ha detto il Papa qualche giorno fa, non l' hai sentito? Perciò, vattene tu all'Inferno, se esiste davvero!". Non attese nemmeno di vedere morire il padre. Uscì dalla camera, sbattendo la porta.
    La camera saltò in aria.
    Uscì dal palazzo, svoltò l'angolo e si accinse ad attraversare la strada.
    Non gliene fu dato il tempo. Da una posizione che non riuscì mai a definire, partirono colpi di arma da fuoco che lo falciarono lasciandolo cadavere sul marciapiede.




    Negli anni successivi

    Cominciò la caccia e fu a duplice direzione.
    Uomini e donne della Mezza Luna non trovarono riparo e conforto neppure dietro le mura della Santa Sede, i cui abitanti, a dispetto delle leggi sacre vigenti all'interno del suo perimetro, non mossero un dito per difenderli. I cittadini dell'Urbe li stanarono ovunque e li falciarono sulle strade, nei mezzi pubblici, all'interno dei palazzi e delle loro abitazioni.
    Ma altrettanto fecero gli invasori, innescando una guerriglia senza quartiere che interessò tutta la città. E la stessa situazione si presentò in altri angoli del mondo industrializzato e civilizzato, dove i seguaci di Allah erano penetrati.
    L'umanità allo sbando, senza più un credo, non aveva più scrupoli a eliminare il proprio simile se questo costituiva un semplice ostacolo alla propria vita privata. Ma ci fu anche chi, persa fede e speranza, non vedendo più davanti a sé un futuro, uno scopo per continuare a vivere, decise di farla finita con la sola certezza che non avrebbe più visto, sentito, saputo e sofferto.
    Nessuno sarebbe andato più all'Inferno o in Paradiso; passati nell'aldilà, di cui ormai era sicura l'inesistenza, nessuno avrebbe più incontrato un vecchio maestoso che avrebbe puntato il dito accusatorio giudicando l'operato degli uomini sulla Terra. Non ci sarebbe stato mai un Giudizio Universale.
    Molti centri abitati vennero distrutti, complice anche la Natura che fece la sua parte, risvegliando alcuni vulcani i quali eruttarono per mesi tutto quel che avevano nello stomaco, con terremoti e maremoti al seguito che seppellirono città e residenti sotto tonnellate di acqua, e che raffreddarono gran parte della superficie terrestre, con anni a seguire in cui l'estate fu cancellata da chilometri di nubi fumose in altezza; di altri restarono soltanto mozziconi di edifici crollati per le esplosioni di armi e dei vulcani. I sopravvissuti si rifugiarono nei locali sotterranei di caseggiati e locali pubblici uscendo unicamente per urgenze come quella di procurarsi il cibo che, per fortuna, non scarseggiò mai, anzi! Diminuendo progressivamente e drasticamente la popolazione globale, rimediare da mangiare fu sempre più facile, tuttavia, per molto tempo, gli abitanti della Terra non misero più il naso fuori dai loro nascondigli.
    Quella guerra portò anche la distruzione dei mezzi di comunicazione che non furono più ripristinati.
    Meglio non far sapere al prossimo le proprie posizioni.
    E qualcuno pensò anche che sarebbe stato meglio per i superstiti dimenticare tutto per poi ricominciare, un giorno, a vivere in un altro modo, a ristrutturare la società con altri modelli e stili di vita più umani, più funzionali e meno invasivi. E per questo scopo, quasi cento anni di storia del pianeta furono cancellati dai dispositivi di memorizzazione affinché dopo nessuno avesse avuto la possibilità di ricostruire il passato.
    Un'altra era avrebbe avuto inizio dal nulla, non si sapeva quando sarebbe accaduto, ma sarebbe stata un'era più avanzata e felice.


    Alla prossima puntata, quasi conclusiva della storia, molto più allegra e .... natalizia !!! Già che ci avviciniamo alle feste !!! :)
     
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    Eccomi qui :-) Che dire? Un capitolo intenso sotto diversi punti di vista, un capitolo che è in qualche modo lo specchio del terrore che ci attanaglia in questi giorni, mi ha colpito molto il discorso tra il padre e il figlio, il quale afferma che è sbagliato uccidere per Dio, che tutto quello a cui hanno sempre creduto è sbagliato, un capitolo che fa riflettere e piangere nello stesso tempo..ed è difficile farmi piangere ma tu sei riuscita a farmi commuovere...Molto brava, Sahany

    Edited by GabrielleWinchester - 6/12/2015, 08:51
     
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